venerdì 17 gennaio 2014 - angelo umana

Philomena, peccati della Chiesa

Suor Hildegarde – Barbara Jefford, magnifica attrice nella maschera pietrificata di una suora vecchia e in sedia a rotelle, ferma o prigioniera nel suo credo e nelle sue convinzioni – dichiara al giornalista Martin nel 2003 di aver giurato a Dio eterna fede e di aver fatto promessa di mortificazione della carne.

Pertanto è giusto che il suo collegio abbia taciuto all’anziana Philomena che il suo figlio smarrito, che avrebbe compiuto 50 anni in quei giorni, era sepolto nel loro cimitero: era espiazione del suo peccato! Philomena era stata ospite di quel collegio di orfane adolescenti negli anni cinquanta, in una libera uscita aveva concepito il suo bambino, siamo nel 1952, e come altre ragazze responsabili dello stesso “errore” o “orribile peccato” - col sesso che per giunta le era pure piaciuto - aveva vissuto accanto al proprio bambino ma potendolo vedere solo un’ora al giorno, finché verso i tre anni le fu portato via da una coppia americana cui le suore lo affidarono per 1000 sterline.

Le affermazioni di suor Hildegarde fanno pensare ai gerarchi nazisti che a Norimberga e ovunque si sono difesi dicendo di aver solo eseguito ordini. Questo è il guaio delle leggi umane e di quelle religiose, peraltro codificate da uomini - il fondamentalismo della chiesa cattolica non avendo nulla da invidiare a quello di altre religioni: le leggi sono relative ai luoghi al tempo alle persone che le promulgano, spesso dettate solo dai potenti di turno.

Una lunga esperienza di collegi, e di un collegio di suore per cinque anni proprio a cavallo dei decenni cinquanta e sessanta, mi riporta a una certa “cattiveria” di queste donne che tra fede e necessità divennero suore. Furono vittime loro stesse di discipline monacali, pure attraverso le loro tonache che lasciavano scoperto solo il viso (non la fronte) traspariva tanta insoddisfazione per una vita accettata in mancanza d’altro, di altre vite che avrebbero potuto realizzare. Nell’Irlanda di quegli anni la Chiesa si è macchiata di torti quando non di veri delitti (altri racconti, di storie vere come questa del film Philomena, sono in “Magdalene” del 2002) . Una suor Hildegarde giovane dice alla ragazzina Philomena “non sei solo tu ad aver le regole (mestruazioni)”, sembra più un rimprovero, una ripicca verso l’adolescente “peccatrice”, per la femminilità non esercitata dalla religiosa.

Steve Coogan, che impersona il giornalista Martin Sixsmith ex portavoce del governo Blair, oltreché attore è lo scenografo premiato per questo film a Venezia 2013. Del tocco del regista Stephen Frears sembra dimenticarcisi, tanto l’attenzione si concentra attorno ai due protagonisti, le cui espressioni non sono prive di una certa fissità. La pellicola accompagna i due, lui e Philomena (insuperabile 80enne Judi Dench), lungo il viaggio in America alla ricerca di Anthony, chiamato poi Michael Hess dalla famiglia adottiva, bambino “molto sensibile” da piccolo e, da adulto, affascinante e carismatico addetto stampa di Reagan e Bush sr.; nelle occasioni ufficiali si accompagnava a una finta moglie, non essendo consentito esibire un compagno di vita omosessuale.

Nel soggiorno americano vede in filmati il figlio che non ha visto crescere e vedendolo le pare di averlo avuto, conosciuto, ne è contenta, sa che con lei – modesta infermiera - “non avrebbe avuto una vita così”. E’ un viaggio di conoscenza reciproca dei due, che comincia e finisce nel collegio-convento delle figlie del Sacro Cuore. Martin-Steve, cosciente che “non serve la religione per essere equilibrati e felici”, apprende dall’anziana il perdono, Philomena non vuole odiare, del resto “è estenuante essere arrabbiati”. I

l perdono da lei dichiarato alla vecchia Hildegarde, però, suona come un tremendo giudizio.



1 réactions


  • (---.---.---.140) 17 gennaio 2014 21:17

    steve coogan è lo sceneggiatore, non lo scenografo, trattasi di refuso.


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