venerdì 14 febbraio - Phastidio

Per l’Ungheria un assaggio di Europa sovranista

Fondi europei bloccati, alcuni persi definitivamente, un'economia tra recessione e stagnazione: il paese guidato da Orbàn inizia a familiarizzare con quello che accadrebbe nella Ue se vincesse il principio "prima gli stati nazionali".

Da ieri, l’Ungheria ha definitivamente perso l’accesso a poco più di un miliardo di euro di fondi europei, mentre i contrasti tra Budapest e Bruxelles limitano fortemente i margini di manovra di bilancio per uscire dalla recessione, mettendo a rischio la ricandidatura del premier Viktor Orbán alle elezioni del 2026. Nel 2024 il deficit di bilancio dovrebbe aver superato il 4,5% del Pil. Nel terzo trimestre, ultimo dato disponibile, l’economia ungherese si è contratta dello 0,7 per cento, secondo calo consecutivo che porta il paese in recessione tecnica, la seconda in tre anni, a causa della debole domanda nei settori automotive, elettronico e farmaceutico che dominano la sua base manifatturiera.

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Un enorme buco nelle casse pubbliche

Dei 6,3 miliardi di euro di fondi congelati da Bruxelles per criticità riguardanti lo stato di diritto, Budapest perderà permanentemente 1,04 miliardi di euro poiché questa somma doveva essere allocata entro la fine del 2024. L’Ungheria sta anche subendo una sanzione di un milione di euro al giorno a valere sui fondi comunitari a causa del suo trattamento dei richiedenti asilo, illegale secondo le norme comunitarie. A queste sanzioni va aggiunta una multa una tantum di 200 milioni di euro inflitta dalla Corte di giustizia europea a giugno per violazione delle regole di asilo e per aver ignorato una sentenza precedente.

Complessivamente, restano bloccati 19 miliardi di euro tra risorse del Recovery Fund e altri fondi Ue. L’opposizione, con l’ex alleato di Orbán, ora divenuto suo avversario, Péter Magyar, il cui partito ha eguagliato il Fidesz di Orbán alle elezioni europee di giugno, guida i sondaggi di opinione.

Nel frattempo, Budapest deve concordare con Bruxelles il piano di bilancio 2025-2028. Quest’anno mancheranno miliardi di investimenti e spese sociali prevalentemente finanziati dall’Ue. Il governo lamenta la sequela di crisi degli ultimi anni, tra Covid, shock energetico, guerra e ora la debolezza dell’economia tedesca.

Ma dove trovare i soldi mancanti? Il ministro dell’economia ha proposto di consentire di prelevare circa 5 miliardi di euro di risparmi dai fondi pensione privati per acquisti immobiliari o ristrutturazioni esentasse. Una mossa di pura disperazione che, peraltro, squilibrerebbe ulteriormente la composizione del Pil verso i consumi mentre industria, costruzioni e agricoltura sono in sofferenza e anche i servizi stagnano, pur essendo il maggior focolaio di inflazione, a novembre al 3,7 per cento tendenziale e prevista in rialzo, anche per effetto di aumenti di imposte e accise. Conseguenza di questa situazione è la progressiva erosione del surplus delle partite correnti, che mette pressione ribassista al cambio, ai minimi da due anni contro l’euro, già percosso dalla forza del dollaro.

Le divergenze tra Bruxelles e Budapest sono significative anche nelle previsioni economiche. La Commissione ha stimato una crescita dell’1,8 per cento per il 2025, mentre il bilancio appena approvato dal parlamento prevede un 3,2 per cento, riducendo così il rapporto tra deficit e Pil. Non scommetterei sulla stima ungherese, considerando che il Pil è diminuito in sei degli ultimi nove trimestri.

Un futuro sovranista senza soldi altrui

Orbán, nel frattempo, sta puntando decisamente sugli investitori asiatici, soprattutto cinesi, con una politica che ha definito di “neutralità economica”. Gli investimenti cinesi in Ungheria sono effettivamente aumentati negli ultimi anni, ma pochi credono che possano compensare completamente la mancanza di fondi da Bruxelles.

Prima che le dispute tra Bruxelles e Budapest si intensificassero nel 2022, l’Ue era pronta a finanziare diversi grandi progetti infrastrutturali in Ungheria. Questi includevano un collegamento ferroviario dal centro di Budapest all’aeroporto della capitale.

Al netto di una congiuntura oggettivamente difficile, Orbán sta sperimentando cosa vuol dire restare senza la benefica pioggia di denaro proveniente da Bruxelles (o meglio, dai paesi contributori netti al bilancio Ue) che fin qui gli ha permesso non esattamente un boom economico, ma una convergenza entro cui ritagliare il proprio potere. Si comprende perché Orbán ribadisca da sempre di non essere interessato a portare l’Ungheria fuori dalla Ue, puntando a “cambiarla dall’interno”. Ambizione assolutamente legittima, sia chiaro. Ma quel tipo di cambiamento, in direzione sovranista, in cui ognuno si tiene ampia parte dei propri soldi, segnerebbe la fine del bengodi ungherese. Un assaggio di futuro, in attesa delle elezioni del prossimo anno.



1 réactions


  • Paride parmondombe (---.---.---.254) 14 febbraio 21:08

    Non vogliamo i Bitcoin dateci gli uswuc (united states of the world unit of currency)


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