giovedì 13 febbraio 2020 - Marco Barone

Patrick sequestrato dall’Egitto come ritorsione mafiosa. Richiamate l’ambasciatore per non esserne complici

Da quando in Egitto c'è la dittatura di Al Sisi, dal luglio del 2013, in Italia ci sono state, ad oggi, oltre 5000 richieste d'asilo politico. 

Se Patrick George Zaki Suleimam fosse stato a conoscenza della denuncia a suo carico in Egitto, probabilmente l'ipotesi di richiedere asilo politico l'avrebbe presa in considerazione, piuttosto che finire nelle celle egiziane ed essere torturato. Torture che non sono solo fisiche ma anche psichiche. Ma questo diritto gli è stato negato. Perché l'Egitto voleva, doveva, mandare un messaggio chiaro. E lo ha ben mandato. Un messaggio in stile mafioso. Non è la prima volta che l'Egitto attua ritorsioni contro chi in quel Paese si attiva per la difesa di Giulio, per la verità e giustizia di Giulio. Di arresti, minacce, intimidazioni ne sono sono avvenute fin troppo. Ma come se niente fosse, l'Italia istituzionale ha continuato a sbattersene, salvo qualche eccezione, rappresentata dalla magistratura che indaga, ma oltre certi limiti ovviamente non può andare e dalla Presidenza della Camera che ha interrotto i rapporti diplomatici con l'Egitto e avviato la Commissione parlamentare d'inchiesta sull'omicidio di stato di Giulio. Il resto, zero assoluto. Se la famiglia di Giulio da quattro anni chiede di dichiarare l'Egitto insicuro, un motivo ci sarà. E non è per capriccio. Se da oltre due anni chiede il richiamo dell'ambasciatore è anche per evitare che casi come quelli di Patrick, possano accadere. Perché l'Egitto fino a quando non viene isolato, continua a comportarsi con una strafottenza estrema. Perché il non richiamare l'ambasciatore significa dimostrare di essere deboli, rispetto all'Egitto. Un Paese che oltre ad aver ammazzato tramite i propri apparati di sicurezza Giulio, da quattro anni prende in giro la sua famiglia e l'Italia intera. E ricordiamo che stiamo parlando di un Paese che ha uno degli eserciti più forti al mondo. L'Egitto, con la vicenda di Patrick ha alzato il livello. Il messaggio è passato. Tu che in Italia o fuori dall'Egitto ti interessi di Giulio, sei un pericolo per la sicurezza nazionale. Sappi che rischi di passare qui un brutto quarto d'ora. Lo passerai tu, lo passerà la tua famiglia, e non solo. Un quarto d'ora che può durare 15 giorni, mesi, e ne uscirai come ne uscirai. Ora, il fatto che l'ambasciatore sia lì presente non è servito ad evitare l'arresto di Patrick, illegale, nella misura in cui non era stato messo a conoscenza della denuncia a suo carico. Come illegali sono i trattamenti subiti. Dunque, è stato sequestrato dalle forze egiziane. Sequestrato per una ritorsione in chiaro stile mafioso. Il fatto che lì fosse presente l'ambasciatore, non è servito ad evitare nulla. C'è chi come il ministro degli esteri, continua a parlare di necessità di dialogo con l'Egitto. Ma quale dialogo può mai esserci con un Paese che ha alzato il livello di intimidazione in questo modo? Con il quale non esistono accordi di cooperazione giudiziaria, la cui inesistenza annulla di fatto l'operato della magistratura italiana? NESSUNO! Non richiamare l'ambasciatore dopo questo ennesimo caso, significa essere complici di questo Egitto, di questo modo di fare. L'auspicio è che anche qualche altro Paese Occidentale si attivi in tal senso. L'Egitto va isolato. Lo continuiamo a ripetere, che altro deve accadere? Voglio chiudere citando le ultime righe dell'importante comunicato della famiglia di Giulio e di Alessandra Ballerini, su Patrick: Se si vuole veramente salvare la vita di questo ragazzo occorre che i paesi che si professano democratici abbiano la forza e la dignità di dichiarare l'Egitto paese non sicuro e richiamare immediatamente i propri ambasciatori. Il resto sono solo prese in giro. Patrick, come Giulio, merita onestà e determinazione, non chiacchiere imbarazzanti e oltraggiose.

mb

fonte foto social




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