venerdì 13 marzo 2020 - Osservatorio Globalizzazione

Partiti ed Opere Pubbliche negli anni ’80: Aziende Pubbliche e PPSS

“… sors non est aliquid mali, sed res, in humana dubitatione, divinam indicans voluntatem” Sant’Agostino, ps 30, 16, enarr. 2, serm. 2.

 

2. Uno sguardo di sintesi

2.1. Le caratteristiche dell’area di policy.

Negli ultimi anni è stato sottolineato l’apparente paradosso italiano dell’assenza di Stato e Mercato. Nel caso del mercato delle opere pubbliche ciò sembrerebbe confermato. L’arena di gioco viene dominata da soggetti (società a partecipazione statale, soggetti economici controllati dai partiti) che hanno sia il potere di acquisire risorse pubbliche (inducono i soggetti istituzionali alla decisione di spesa o ne sono i terminali) sia quello di indirizzare le decisioni di spesa e di condizionare fortemente gli altri soggetti privati e pubblici. Quale che sia il giudizio morale o politico sulle vicende in esame, è chiaro il risultato sistemico: si costituisce un potere di interdizione particolarmente efficace perché fondato sulla possibilità di decidere se e quanto spendere, se e quanto redistribuire. In questo quadro l’unica forma di controllo rischia di essere la magistratura penale. Si delinea, infatti, un circolo vizioso non interrotto né da un potere istituzionale regolativo né da meccanismi concorrenziali di mercato (efficienza, produttività, retribuzione dei fattori produttivi). La questione rileva per un duplice effetto: a) per i risultati dell’interazione stessa (l’opera costruita quale problema risolve? e lo risolve per come era stato formulato?); b) per la selezione degli attori che rimangono su quell’arena di gioco e sulle loro razionalità. Rispetto a quest’ultimo punto vale la pena di ricordare la forte reazione alla proposta De Mita (che avrebbe modificato le regole del gioco in senso centralizzatore) nel caso delle infrastrutture per Italia ’90: proteste provenienti da soggetti politici e dalle imprese private del settore già inseriti in circuiti garantiti.

In presenza di interazioni di questo genere l’apparato logico-cognitivo del sistema di relazioni che agisce (il tipo di attori a valle della “selezione naturale” e le loro razionalità) presenta tante di quelle distorsioni rispetto ai problemi da risolvere che inevitabilmente aumenta il pericolo di dare risposte errate ad input che hanno origine reale (problemi urbanistici, assetto del territorio).

Un altro aspetto è quello della legislazione speciale. Frequentemente il ricorso ad essa viene invocato per l’urgenza di risolvere problemi complessi, talvolta anche perché imprevedibili: ma può un terremoto essere equiparato ad una ricorrenza centenaria o celebrativa? Se volessimo leggere le richieste di legislazione speciale in base alla ricostruzione effettuata dovremmo dare per scontata un’azione di lobby che si attiva per far approvare una normativa in deroga semplicemente priva di vincoli regolativi: necessaria per legittimare discrezionalità che si scontrano con procedure complesse. La questione presenta vari aspetti: da un lato un’amministrazione pubblica che spesso ha regole e comportamenti inutilmente complessi, dall’altro interessi che premono per una gestione delle risorse del tutto libera. Appiattire l’analisi su uno solo di questi due aspetti sarebbe errato. L’approccio più ragionevole sarebbe quello di valutare caso per caso. Tuttavia un’osservazione va fatta. In presenza di un’amministrazione statale e locale inadeguata, l’invocazione di una legislazione speciale tende sic et simpliciter a bypassare i limiti dell’ordinario: con il duplice effetto di mantenere l’inefficienza amministrativa e di spostare i centri di decisione al suo esterno. Non si vuole qui sostenere la superiorità naturale delle azioni condotte in via ordinaria dalle varie amministrazioni pubbliche. Solo, si deve osservare che mantenere inefficiente o impotente l’amministrazione ordinaria e contemporaneamente moltiplicare i centri di decisione è irragionevole (per l’inefficiente allocazione delle risorse) ma forse spiegabile con l’esistenza di logiche che del problema specifico affrontato (terremoto, mondiali, colombiadi) hanno una visione del tutto parziale perché interessata prevalentemente alla legislazione di spesa e alla sua gestione. Il fatto poi che gli attori sono potenzialmente gli stessi che potrebbero migliorare il rendimento ordinario della P.A. (partiti, correnti di partito, singole personalità politiche) tenderebbe a legittimare una lettura poco benevola sulla volontà di tale community di risolvere i problemi. Non ultimo, ci si deve domandare se questi attori siano effettivamente in grado di trovare ed implementare soluzioni valide visti quali interessi esprimono sistemicamente.

Quanto emerso da questi casi sembra confermare le analisi compiute da altri studiosi: inesistenza di un “centro” decisionale volto a dare soluzioni omogenee ed unitarie ai problemi nazionali. Emergono, invece, una serie di logiche particolari: localistiche o di gruppi. L’inefficienza sembra essere del tutto strutturale e solo in parte imputabile a (o modificabile da) singoli attori. La situazione riscontrata è di quelle in cui la qualità delle interrelazioni è talmente accettata dalle parti in causa da costituire un meccanismo automatico. Per la modifica di situazioni di questo genere è necessario il concorrere di una serie di cause che mettano in discussione l’esistenza stessa di quel network. Nella stessa direzione il magistrato Antonio Di Pietro quando ha coniato l’espressione “dazione ambientale” volendo intendere una sorta di prassi tacita e consolidata secondo la quale diveniva abbastanza pacifico un determinato comportamento illegale (dare\richiedere una percentuale degli stanziamenti per i lavori pubblici ricevuti\dati). In casi di questo genere un approccio mutuato da Lindblom [1959, 1979] probabilmente metterebbe in conto che, a valle, l’interazione avvenuta ha prodotto il più efficiente dei risultati possibili; ma in presenza di macroscopiche inefficienze ci pare che tale approccio non ci consenta di andare oltre, alla ricerca di soluzioni possibili. Né varrebbe invocare, come Etzioni [1991, 1993] la necessità di un attore più forte che condizioni altri e risolva il problema: quale è il problema? e chi è legittimato a definirlo? 

Ritornando al tema della legislazione speciale, la questione quindi non può essere liquidata in via definitiva sostenendo l’una o l’altra tesi, dovendosi ammettere che spesso i vari aspetti (dall’inefficienza delle pubbliche amministrazioni alle pressioni di lobby) sono strettamente intrecciate.

2.1.1. Aziende Pubbliche e PPSS

Andiamo ad esaminare il ruolo e le caratteristiche di questi attori, esterni ai contesti locali, in grado di catalizzare attenzione e risorse; oltre che di permettere talvolta la realizzazione del progetto. Troviamo questi attori nei casi di ITALIA ’90, TORINO, GENOVA, ROMA sotto forma di PPSS o aziende pubbliche (l’Anas, per es.). A FIRENZE, come abbiamo visto, si è trattato di aziende private. Sono assenti a CAGLIARI ed a PALERMO. Per Cagliari è presto detto: tutta l’operazione relativa alla ristrutturazione degli stadi ha avuto un andamento irregolare rispetto agli usuali canali della spesa pubblica controllati dai partiti secondo procedure che potremmo definire standard. La circostanza è emersa in sede di ricerca [Pirré 1992] ed è stata confermata da uno dei più importanti dirigenti dell’amministrazione finanziaria statale[1].

Nel caso di Palermo si è visto come un’impresa privata, la SAILEM, sia riuscita a proteggere i suoi interessi sul territorio grazie al suo forte potere di condizionamento. Tuttavia, l’assenza in questo processo decisionale di attori esterni legati alle partecipazioni statali non comporta per la Sicilia l’assenza di attori pubblici o parapubblici in altri processi decisionali dello stesso tipo. Piuttosto, tale presenza assume caratteristiche peculiari. Vale la pena di ricordare le indagini giudiziarie sul ruolo della SIRAP[2], partecipata dalla Regione Siciliana, che presiedeva l’intero settore degli appalti e che si è rivelata condizionata da Cosa Nostra[3]. Quindi, se di assenza del livello nazionale si tratta, la questione deve essere ricondotta all’interno della specificità regionale. La costante, come si vede, è che le aziende pubbliche e para pubbliche controllate dai partiti acquistano il ruolo di camera di compensazione degli interessi. In alcuni contesti, come quello palermitano, devono fare i conti anche con altri attori particolarmente forti. Per una certa fase la questione palermitana della costa di sud-est coinvolse anche il PCI che nello stesso periodo e su altre questioni (accordi tra imprese per la gestione di alcuni servizi di metanizzazione) sviluppò un dibattito interno sul ruolo che avrebbe dovuto avere la Lega delle Cooperative e le sue imprese, da sempre sue compagne di strada e di appalti (su quest’ultima vicenda e la legge 99\1988[4] Cfr [Pirré 1989]).

Siamo in presenza quindi di una generale e diffusa sintonia tra strategie di imprese (pubbliche, para pubbliche, collaterali politicamente) e partiti, con differenti meccanismi di regolazione. I partiti tradizionalmente al governo hanno la possibilità di sfruttare il controllo delle aziende pubbliche, ottenuto attraverso la nomina dei dirigenti; il partito tradizionalmente escluso dalle sedi di governo centrale (PCI) utilizza un proprio ed autonomo circuito con il quale entra in contatto (e compone i conflitti) con il circuito governativo. Il meccanismo è del tutto evidente in più di un caso. Certamente è questo il caso dello SDO di Roma dove tutta la querelle tra ambiti di decisione (ministeriale\municipale) si gioca su quale avrebbe potuto essere la formula per garantire un equilibrato potere di decisione. Non a caso a Roma la composizione del conflitto si ha quando la DC di Sbardella, molto vicina alle aziende dell’IRI, trova un accordo con il PCI garantendogli un peso nelle decisioni future con un parziale spostamento dell’ambito decisionale.

Quello che colpisce, come è stato già rilevato, non è tanto che si discuta su chi deve decidere (legittimo in ambito democratico) ma il fatto che: 1) questa prassi sia usuale in ogni grande decisione di spesa; 2) sembra assorbire gran parte delle risorse conflittuali dei contendenti; 3) tende a trovare composizione quando ogni contendente (al governo e all’opposizione) si sia garantito un proprio spazio vitale per le decisioni future.

Sempre a Roma, in occasione dei mondiali di calcio, questo è stato l’andamento del processo decisionale per la realizzazione del centro di produzione Rai a Grotta Rossa e di tutta la vicenda relativa alle infrastrutture. È, quindi, un Sistema caratterizzato da soggetti forti che rispetto all’ambito locale sono esterni e che costituiscono la camera di compensazione di conflitti che altrimenti rischierebbero di non trovare un’intesa: la fine della relativa ed usuale diatriba si ha quando tutti gli attori si sentono garantiti nei successivi processi decisionali e di spesa. Subito dopo vi è la decisione, talvolta sotto forma di provvedimento legislativo che stanzia le risorse finanziarie.

Bibliografia

Etzioni A., 1991, A Responsive Society: Collected Essays on Guiding Deliberate Social Change. San Francisco: Jossey-Bass Publishers.

Etzioni A., 1993, The Spirit of Community: Rights, Responsibilities and the Communitarian Agenda. New York: Crown Publishers, Inc. 

Lindblom, Charles E. (1959), The science of ‘muddling through’. Public Administration Review, 19, pp. 79–88. 

Lindblom, Charles E. (1979), Still muddling, not yet through “Public Administration Review”, 39, pp. 517–526.

Pirré G., 1989- Questione meridionale e questione istituzionale, in RIVISTA TRIMESTRALE DI SCIENZA DELL’AMMINISTRAZIONE n. 1.

Pirré G., 1992- Gli stadi di “Italia ’90”- Il processo decisionale nazionale. in AMMINISTRARE n.1.


[1] Si trattava di Giuseppe Falcone, direttore generale della Cassa depositi e prestiti al momento dell’intervista: “…a differenza delle altre volte, i partiti non hanno avuto alcuna influenza nelle decisioni di spesa relative agli stadi”; lasciando intendere quali erano, invece, gli “usuali meccanismi della spesa pubblica”.

[2] Controllata dall’ ESPI (Ente Siciliano Per La Promozione Industriale) dal 1999 in liquidazione; costituito nel 1967 dalla Regione Siciliana, con il concorso del Banco di SiciliaIrfisSicilcassa

[3] È emerso nell’indagine su Angelo Siino, il gestore degli affari economici di Cosa Nostra.

[4] “Misure urgenti in materia di opere pubbliche e di personale degli enti locali in Sicilia”: spostava a livello nazionale la gestione di importanti appalti per opere pubbliche; era stata voluta soprattutto dal Sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, per sollevare l’amministrazione comunale dall’incombenza della gestione degli appalti e sottrarsi in tal modo al condizionamento mafioso.

[5]Traduz. frase apertura:”Il caso non è un male: è la manifestazione della volontà divina quando l’uomo è indeciso.” Sant’Agostino, ps 30, 16, enarr. 2, serm. 2.

Indice

I Puntata (Premessa; Introduzione: a) Alcuni temi della letteratura; b) I case-study esaminati; Bibliografia; Note).

II Puntata (Capitolo 1. I processi decisionali; 1.1. Genova: le Colombiadi; 1.2. Roma Capitale; Bibliografia; Note).

III Puntata (Capitolo 1. I processi decisionali; 1.3. Palermo: una costa lunga decenni; Bibliografia; Note).

IV Puntata (Capitolo 1. I processi decisionali; 1.4. Torino: Il Palazzo di Giustizia; 1.4.1. Alcune comparazioni tra il caso torinese e quello palermitano; Bibliografia; Note).

V Puntata (Capitolo 1. I processi decisionali; 1.5. Lo stadio di Cagliari; 1.6. Firenze: il caso Fiat- La Fondiaria; Bibliografia; Note).

VI Puntata (Capitolo 1. I processi decisionali; 1.7. Alcune Considerazioni; 1.8. Italia ’90; Bibliografia; Note).

VII Puntata (Capitolo 2. Uno sguardo di sintesi; 2.1. Le caratteristiche dell’Area di Policy; 2.1.1. Aziende Pubbliche e PPSS; Bibliografia; Note)

VIII Puntata (Capitolo 2. Uno sguardo di sintesi; 2.1.2. La Società Civile; 2.1.3. I Partiti; 2.2.Politica, Economia, Identità Sociale; Bibliografia; Note)

IX Puntata (Capitolo 2. Uno sguardo di sintesi; 2.3. Politica, Mercato, Pubblica Amministrazione; Bibliografia; Note)

X Puntata (Capitolo 3. A futura memoria; 3.1. Gli indicatori di policy: a) il mercato, b) la pubblica amministrazione, c) la discrezionalità politica; 3.2. Alcune questioni di metodo: a) il sistema oppositivo, b) universo convenzionale; Bibliografia; Note)




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