giovedì 13 dicembre 2012 - Riccardo Noury - Amnesty International

Pakistan, aree tribali senza pace, senza legge e senza giustizia

 

Non fosse stato per il coraggio di Malala Yousufzai, la giovane attivista che ha rischiato di perdere la vita in un agguato solo per aver difeso il diritto all’istruzione delle bambine, nessuno avrebbe posto l’attenzione su una regione del Pakistan che, in un rapporto reso pubblico oggi, Amnesty International definisce “un deserto legale”.

Siamo nel nordovest del Pakistan, nelle zone definite con gli acronimi Fata e Pata, a indicare le Aree tribali amministrate rispettivamente a livello federale e della provincia di Khyber Pakhtunkhwa. Qui milioni di persone maledicono il posto dove sono nate: nella parte più povera del paese, col 60 per cento della popolazione sotto la soglia di povertà, un reddito pro capite annuo di 250 dollari e l’83 per cento di analfabetismo. Numeri che sono, a seconda dei casi, il doppio o la metà di quelli relativi al resto del paese.

Ai confini con l’Afghanistan, in uno stato permanente di assenza di legalità e in balia dell’esercito e dai talebani, con lo sguardo al cielo in attesa del prossimo attacco di un drone Usa (il 1° dicembre vi è stato il 300mo attacco della presidenza Obama), nelle Aree tribali la giustizia semplicemente non esiste. L’unica manifestazione visibile dello stato sono i militari, responsabili negli ultimi 10 anni di migliaia e migliaia di arresti, seguiti spesso da torture e sparizioni forzate (nella foto, due bambini mostrano una foto del loro padre scomparso dopo l’arresto).

Le Aree tribali sono un mondo a parte, con leggi a parte, in cui le garanzie costituzionali non valgono, la giurisdizione dei tribunali civili non si applica e le leggi del parlamento non arrivano.

Qui vige una legge britannica del 1901, il Regolamento sui crimini di frontiera (“un’ignominia rispetto a ogni moderno principio riguardante l’amministrazione della giustizia”, nelle parole di un ex giudice della Corte suprema pakistana) ereditato dal Pakistan con l’indipendenza del 1947 e alla quale, 110 anni dopo, ossia nel 2011, sono stati affiancati nuovi Regolamenti di azione a sostegno del potere civile, che hanno dato all’esercito ulteriori poteri arbitrari d’arresto e imprigionamento.

A cosa dovrebbero servire queste norme? A combattere i talebani e altri gruppi armati che operano nelle Aree tribali, gruppi che costituiscono una minaccia mortale per la società pakistana e mostrano ogni giorno, attacco dopo attacco,rapimento dopo rapimento, omicidio dopo omicidio, un completo disprezzo per le vite civili.

Basta il minimo sospetto di stare dalla parte dello stato o, come nel caso di Malala Yousufzai, di stare dalla parte dei diritti e delle donne, per subire rappresaglie brutali dai gruppi armati islamisti.

Dall’altra parte, basta il minimo sospetto di stare dalla parte dei talebani per finire ammazzati.

Quasi ogni settimana, corpi di persone arrestate dalle forze armate vengono restituiti alle famiglie o ritrovati, scaricati frettolosamente, in qualche luogo delle Aree tribali.

Sebbene negli ultimi tre anni abbiano ripreso il controllo di buona parte delle Aree tribali, le forze armate continuano a violare i diritti umani, con arresti arbitrari, detenzioni a tempo indeterminato, torture e sparizioni, tutte azioni che restano ampiamente impunite.

Il rapporto di Amnesty International descrive molti casi di sparizioni forzate di persone arrestate dalle forze armate e mai portate di fronte a un giudice né fatte incontrare con avvocati e familiari, i quali non hanno la minima idea di cosa sia accaduto ai detenuti.

In linea teorica né le corti d’appello né il parlamento hanno giurisdizione sulle Aree tribali. Sebbene i tribunali abbiamo comunque preso in esame ricorsi contro la legittimità di alcune detenzioni o denunce di sparizione, non vi è stato alcun procedimento nei confronti di militari sospettati di torture, sparizioni forzate e decessi in custodia.

Gli esperti del Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite che si occupano di sparizioni ha recentemente concluso una visita in Pakistan.

Dal canto suo, Amnesty International ha chiesto al governo pakistano di avviare una profonda riforma del sistema legale in vigore nelle Aree tribali, annullando i Regolamenti del 2011 e ampliando la giurisdizione dei tribunali e il controllo del parlamento anche a questa regione.




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