mercoledì 16 agosto 2017 - Aldo Funicelli

Ong e immigrati: partire dai paesi africani

La più onesta delle Organizzazioni non governative, che si preoccupa solo di salvare vite umane, è all'interno di un processo migratorio, che passa attraverso organizzazioni criminali.

È corretto rispondere che, di fronte ad una persona che sta rischiando la vita in mezzo al mare, non ci sono troppe domande da fare, la persona va salvata. Ma non ci si può sempre concentrare sull'ultimo passaggio di un flusso che parte da lontano, che dura settimane, migliaia di chilometri. Perché oggi, specie in Italia, non si riesce a parlare di immigrazione se non facendo del tifo. Se non parlando della questione solo per gli aspetti per cui si parteggia.
Le ONG? Salvano vite umane. Gli immigrati sui barconi? Tutti clandestini, tutti migranti economici (dunque che stiano a morire a casa loro), tutti ragazzotti che non fanno niente, che si prendono soldi che potremmo dare agli italiani .. e via discorrendo.
 
Oppure, possiamo iniziare a vedere queste persone nel loro lungo viaggio. Che parte da paesi dove la speranza (di un futuro diverso, di un riscatto) è stata tolta. Che attraversa paesi controllati da eserciti europei, come in Niger dove sono presenti soldati francesi.
 
O paesi che non hanno più un governo riconosciuto ma sono controllati da bande, da criminali, che si arricchiscono sul traffico di esseri umani. Detto questo, noi ora possiamo regolamentare l'azione delle ONG che si occupano di salvare i migranti (al posto dei governi europei).
Possiamo anche pensare di fare dei pattugliamenti con delle nostre navi, in acque libiche, assieme a quelle motovedette che fino ad oggi han fatto finta di non vedere trafficanti e gommoni.
 
Possiamo anche, per il piacere di fare quattro chiacchiere da bar, discutere di blocchi navali.
Ma non stiamo risolvendo il problema di questo esodo di persone.
 
Nemmeno possiamo continuare a far finta di non vedere che l'azione delle ONG, anche quando è meritevole, è uno stimolo per i trafficanti a proseguire nel loro squallido lavoro.
Giusto per evitare di finire anche io nel novero dei populisti, ricordo che in Italia l'industria fiorente dei sequestri di persona ha arricchito le organizzazioni criminali, finché non si è legiferato creando lo strumento del blocco dei beni.
 
Cos'era l'azione della consegna del riscatto, da parte di persone di fiducia della famiglia, di avvocati, azione meritevole perché salvava una vita umana? Col senno di poi, si poteva considerare un'azione che finanziava i criminali. Pronti a rapire altre persone. Rapire le persone e farsi consegnare il riscatto è diventato poco conveniente quando alle famiglie sono stati bloccati beni e patrimoni.
 
Dovremmo ricominciare tutto da capo. Partire dai paesi africani. Dalla lotta ai trafficanti.
E poi (e non solo) dalle ONG (l'ultimo elemento delle filiera), per capire se queste non hanno dietro interessi poco nobili. Perché, ripeto, pur salvando vite umane, sono all'interno di un meccanismo criminale, che non possiamo accettare.
(Foto: Cino/Flickr)


4 réactions


  • pv21 (---.---.---.81) 19 agosto 2017 19:46

    Trappole >

    L’esperta Onu A CALLERMAND insinua che le procedure “imposte” da Italia e UE potrebbero penalizzare la capacitò delle ONG di salvare vite. E ne deduce che “questo potrebbe portare a più morti in mare”.

    Nel merito.


    NON E’ di sicuro noto il numero reale dei migranti coinvolti nel traffico di esseri umani, né quello dei traghettati via mare, né quello dei relegati nei vari campi di sosta (più o meno forzosa).

    Una cosa è riconoscere che in tutti e tre i casi citati esistono seri presupposti per annoverare molte altre tragedie. Ben diverso è sostenere che dall’autonomia operativa pretesa da talune Ong dipende il non incremento dei morti in mare.

    Come se i cinici trafficanti di tanti disperati non avessero piena consapevolezza sia della precarietà dei gommoni stracarichi e dei barconi rabberciati, sia del ruolo vigile/repressivo dei mezzi navali preposti alla sorveglianza delle fasce costiere.

    RESTA quindi una incognita a quali “canali” (direttrici) ricorreranno prima di rinunciare a cotanto business. Intanto l’immane massa dei migranti ripiega nell’entroterra e fino all’Africa sub sahariana.


    Quella dei flussi migratori (e traffici) è una brutta storia tutta ancora da scrivere.

    Nel nuovo scenario le Ong avranno, in mare, un ruolo sempre più marginale e “condizionato” dalle scelte strategiche dei paesi affacciati sul Mediterraneo.


    Ergo.

    In prospettiva la realtà sarà non meno difficile da “gestire” in termini di tutela dei diritti umani. La soluzione non è tuttavia nel “rimpiangere” il frenetico via vai di certe Ong.

    Non mancano esempi mistificatori di “Untori” della parola


  • Enzo Salvà (---.---.---.54) 20 agosto 2017 18:25
    Mi permetta di estrapolare dal suo articolo queste due frasi.:

    "....possiamo iniziare a vedere queste persone nel loro lungo viaggio......"

    "Nemmeno possiamo continuare a far finta di non vedere che l’azione delle ONG, è uno stimolo per i trafficanti a proseguire nel loro squallido lavoro......"

     Al di là di ogni considerazione Lei ha ragione per la prima, torto per la seconda, ma soprattutto non sa che anche all’inizio "del lungo viaggio" spesso sono le stesse ONG a portare avanti i programmi sanitari, sociali, economici, quando possibile, cercando di evitare l’esodo.

    Io non faccio parte di alcuna ONG, sono da tanti anni un donatore uno di coloro che si consolano e si lavano la coscienza in questo modo,se vuole, ma le segnalo che troppo spesso questa questione viene trattata in modo superficiale, anche da Lei. Per evitare di sembrare "partitico" segnalo una trasmissione della RAI, in onda ovviamente alle 24" (che pena) che può essere utile alla riflessione. Al minuto 14 o 15 ascolti bene quanto ricava il Niger dall’uranio ceduto ai francesi......... (ma non voglio aprire polemiche).


    Lo segua con attenzione, potrebbe ricavarne un articolo ben più ampio e probabilmente diverso.

    Un Saluto
    Es

    • Persio Flacco (---.---.---.43) 21 agosto 2017 22:38

      Sul secondo punto non mi sembra che Funicelli abbia torto o che deformi i fatti. Le navi delle ONG perlustrano il mare appena fuori il limite delle acque territoriali libiche e quando si "imbattono" (la storia dei transponder spenti per non essere tracciate dalle autorità e degli appuntamenti via telefono con i trafficanti sembrano essere qualcosa di più di illazioni) in un barcone carico di migranti li prendono a bordo e li trasportano in sicurezza nel porto italiano. I trafficanti percorrono una rotta più breve, con meno rischi e usando meno carburante, quindi tornano alla base con la loro attrezzatura intatta, pronti per un altro viaggio. Se questo non è oggettivamente uno stimolo per i trafficanti come altro definirlo?


  • Enzo Salvà (---.---.---.98) 22 agosto 2017 11:29

    Funicelli per tutta la prima parte fino a "nemmeno possiamo" esprime il principio del salvataggio senza condizioni e di guardare "più in là, più lontano". Lo condivido e do una mano tramite un servizio giornalistico "non schierato". Aggiungerei l’appello di Padre Alex Zanotelli per ampliare la visione.

    Quando Funicelli prosegue, si esprime sulla tecnica/tattica, dei soccorsi in mare. Sostanzialmente abbandona il principio. E’ come dire "giusto salvare, ma però..."

    Una buona volta bisogna cercare di chiarire se il Mediterraneo deve continuare ad essere un cimitero o se bisogna fare di tutto per salvare vite umane, senza dare una botta al cerchio ed una alla botte. E bisogna che si sappia, che veniamo informati, noi cittadini, sulla condizione di partenza, i perché e i per come, il lungo viaggio inizia per "quali motivi".

    In quanto alle regole: non sono le ONG a farle, per loro vale sempre e comunque il principio di, nei limiti della pericolosità della situazione, fare il possibile. Ha mai sentito parlare di Medici Senza Frontiere e di cosa affrontano sul campo? O di Emergency, o Save the Children e tanti altri? Loro sono anche nel campo della miseria alla partenza.

    In quanto alle nuove regole di Minniti: forse si potrebbe affermare che c’è dell’ipocrisia: i governi sanno che molte ONG non vogliono avere nulla da spartire con personale armato o di polizia: sospetto che a fini "elettorali", puntino su questo per ottenere il risultato di avere meno aiuti in mare, rallentare temporaneamente il flusso, e se qualche barcone affonda, pazienza.

    Forse bastava che il regolamento, che si deve fondare sul salvataggio di vite umane, che deve essere chiaro e applicato e fatto rispettare, prevedesse la presenza di funzionari UNHCR a bordo.

    In ogni caso io non ho una soluzione perché sono ignorante, ribadisco il concetto che un princìpio non va mescolato alla tecnica, dopo un princìpio il "ma" il "però" o similari non vanno mai messi.

    Un Saluto
    Es

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