mercoledì 18 settembre 2019 - Pressenza - International Press Agency

Omicidi, stupri e scariche elettriche: i migranti raccontano l’inferno dei lager libici

Le testimonianze dei migranti nell’indagine della procura di Agrigento sull’immigrazione clandestina

di Agenzia DIRE

Bastonate, percosse con i calci dei fucili e i tubi in gomma, ma anche frustate, scariche elettriche e stupri. Queste le torture subite dai migranti nei centri di detenzione in Libia e che sono state raccontate dalle vittime ai magistrati della Procura di Agrigento che, con il coordinamento della Dda di Palermo, hanno fatto scattare tre fermi di cittadini extracomunitari.

Provvedimenti eseguiti dalla squadra mobile agrigentina diretta da Giovanni Minardi, contengono accuse gravi nei confronti dei tre: associazione a delinquere dedita alla gestione di un centro di prigionia illegale in Libia, torture, violenze e minacce.

Tutto ciò “accompagnato – sostengono gli investigatori – dalla mancata fornitura d’acqua” ai migranti che venivano rinchiusi in attesa di imbarcarsi verso le coste siciliane. Vessazioni a cui i migranti erano sottoposti per costringere i loro congiunti al pagamento di somme di denaro per la loro liberazione. Contestati diversi reati: tratta di persone, violenza sessuale, tortura, omicidio, sequestro di persona a scopo di estorsione e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

I tre fermati sono Mohamed Condè, Hameda Ahmed e Mahmoud Ashuia: il primo arriva dalla Guinea, gli altri due dall’Egitto. Sono stati fermati mentre si trovavano in un centro d’accoglienza di Messina, dove erano stati trasferiti dopo lo sbarco a Lampedusa.

IL RACCONTO DEI TESTIMONI: DONNE VIOLENTATE SISTEMATICAMENTE

“Tutte le donne che erano con noi, una volta alloggiate all’interno di quel capannone sono state sistematicamente e ripetutamente violentate dai 2 libici e 3 nigeriani che gestivano la struttura. Preciso che da quella struttura non si poteva uscire. Eravamo chiusi a chiave. I due libici e un nigeriano erano armati di fucili mitragliatori, mentre gli altri due nigeriani avevano due bastoni”. È una delle testimonianze dei migranti rinchiusi nel campo di prigionia di Zawyia, in Libia, che hanno consentito ai pm della Procura di Agrigento di squarciare il velo sugli orrori che avvengono nel paese nordafricano spiccando un provvedimento di fermo nei confronti di due egiziani e un cittadino della Guinea.

“Le condizioni di vita, all’interno di quella struttura, erano inaudite . Ci davano da bere – ancora il testimone – acqua del mare e, ogni tanto, pane duro. Noi uomini, durante la nostra permanenza all’interno di quella struttura venivamo picchiati al fine di sensibilizzare i nostri parenti a pagare loro delle somme di denaro in cambio della nostra liberazione. Di fatto avveniva che, i predetti organizzatori ci mettevano a disposizione un telefono col quale dovevamo contattare i nostri familiari per dettare loro le modalità con il quale dovevano pagare le somme di denaro pretese dai nostri sequestratori”.

Il testimone poi prosegue: “Ho avuto modo di apprendere che la somma richiesta dagli organizzatori in cambio della liberazioni di ogni di noi, si aggirava a circa 10000 dinari libici. Io, malgrado incitato a contattare i miei familiari, mi sono sempre rifiutato, Proprio per questo motivo sono stato oggetto di bastonate da parte loro. Preciso che, in occasione di un mio rifiuto, un nigeriano, con il calcio della pistola, dopo che mi ha immobilizzato il pollice della mia mano destra su un tavolo, mi ha colpito violentemente al dito, fratturandolo. Durante la mia permanenza all’interno di quella struttura ho avuto modo di vedere che gli organizzatori hanno ucciso a colpi di pistola due migranti che avevano tentato di scappare”.

Tra le testimonianze anche quella di un migrante che ha raccontato le torture subite nel campo di prigionia illegale: “Durante la mia permanenza all’interno di quella struttura, a causa delle mie rimostranze contro la mia ingiusta detenzione, sono stato più volte picchiato. Ho subito delle vere e proprie torture che mi hanno lasciato delle cicatrici sul mio corpo. Specifico che sono stato frustato tramite fili elettrici. Altre volte preso a bastonate, anche in testa”.

E ancora: “L’uomo era spregiudicato, in quanto picchiava tutti i prigionieri e li torturava, frustandoli con i cavi elettrici; li bastonava servendosi di tubi in gomma”.

TESTIMONE: IN CAMPO LIBICO TORTURE CON SCARICHE ELETTRICHE

“Eravamo tutti sottoposti a continue violenze e torture da parte dei nostri carcerieri, poiché pretendevano il pagamento di una somma di denaro, da parte dei parenti, in cambio della nostra liberazione. Chi non pagava veniva torturato con la corrente elettrica. Ti davano delle scosse che ti facevano cadere a terra privo di sensi”. Questo uno dei racconti forniti dai migranti ai magistrati della Procura di Agrigento su quanto avveniva in una prigione illegale in Libia, a Zawyia.

“Ho assistito personalmente a tanti omicidi avvenuti con la scossa elettrica – ancora il testimone -. Succede che ti forniscono un cellulare con il quale contattare i parenti per esortarli a pagare il riscatto. Laddove non si ricevevano le somme richieste il migrante veniva poi ucciso”.

E ancora: “Io sono stato picchiato più volte, anche senza alcun motivo apparente. Noi migranti venivamo picchiati tramite un tubo di gomma che ci procurava tanto dolore e, alcune volte, anche delle ferite. Personalmente, all’interno di quel carcere, ho avuto modo di vedere che un migrante è deceduto a causa della fame. Era malnutrito e nessuno prestava a lui la necessaria assistenza. Ho visto, anche, tanti altri migranti ammalati che non venivano sottoposti alle cure necessarie. Ho visto che un carceriere, una volta, ha sparato e colpito alle gambe un nigeriano, colpevole di aver preso un pezzo di pane. Ho avuto modo di vedere che, tante volte, nel corso della giornata, le donne venivano prelevate dai carcerieri per essere violentate”.

“Da questa prigione – conclude il racconto – si usciva solamente se si pagava il riscatto. Chi non pagava, al fine di sollecitare il pagamento, veniva ripetutamente picchiato e torturato”.



4 réactions


  • Er fregnacciaro (---.---.---.130) 18 settembre 2019 16:08

    Anche qui siamo in presenza di un tentativo di creazione di una nuova "vulgata", fattispecie tanto in auge negli ambienti di sinistra.

    In aggiunta alla vulgata resistenziale di antica memoria, che ci ha perseguitato in questi ultimi 80 anni di vita repubblicana, ora stiamo cercando di legittimare questa nuova credenza, che è ovviamente ed in maniera esplicita strumentale a secondi fini. La stessa tende cioè a legittimare l’afflusso indiscriminato di chicchessia dalle coste della Libia in Italia favorendo conseguentemente i soggetti che hanno interessi diretti ed indiretti derivanti da questo stato di cose.

    La vulgata, per sua definizione, più che insieme diffuso di testimonianze rappresentativo di un’ideologia, diventa il luogo comune, il racconto creduto e divulgato, anche nella sua componente ideologica; una versione maggioritaria, spesso superficiale e talvolta maliziosa, sempre scivolosa, che prende forma su un opinione, un punto di vista condiviso, solito e comune.

    Sono tentativi che devono essere assolutamente contrastati in quanto privi di valenza oggettiva, derivanti da testimonianze non validate da riscontri fattuali e, come già detto, assolutamente strumentali agli interessi di una certa parte politica che professa un approccio ideologico al problema dell’immigrazione clandestina e molto probabili (se non certi) risvolti economici in tale campo.

    Come tali devono essere trattati.


  • Er fregnacciaro (---.---.---.130) 18 settembre 2019 16:11

    Piuttosto, più che le fregnacce di cui si tratta nell’articolo di cui nessuna prova verificabile abbiamo ma solo dichiarazioni di parte (e molto interessate), quello che preoccupa sono le notizie che giungono dalle coste libiche.

    Leggetevi cosa dicono di seguito.

    Sempre più partenze dalla Libia, si rischia un settembre nero

    di Mauro Indelicato

    18 Settembre 2019 - 09 11

    Questa mattina la notizia di un nuovo barcone partito da Tripoli in difficoltà: in questo mese di settembre si registra una forte impennata delle partenze di migranti dalla Libia

    Quando lo scorso 4 aprile scoppia il conflitto a Tripoli, in Italia si teme un vero e proprio esodo: Fayez Al Sarraj, il premier che in quel momento cerca appoggio dal nostro paese contro Haftar, parla addirittura di 800.000 migranti pronti a partire.

    Cifra esagerata, di gran lunga superiore a quelli che sono i numeri reali che parlano invece di circa 6.000 stranieri che aspettano di andare in Italia. Ma le condizioni di guerra e l’incapacità del governo locale di controllare il territorio, fanno comunque temere una nuova crescita esponenziale del fenomeno migratorio lungo la tratta libica.

    Fino ad agosto si tira, da questo punto di vista, un sospiro di sollievo. Nei mesi estivi si assiste ad un leggero incremento degli arrivi dalla Libia, ma su base annuale e dunque rispetto allo stesso periodo del 2018 il numero di migranti giunti lungo le nostre coste continua a mostrare un trend in discesa.

    A settembre invece la situazione muta repentinamente. Aumentano gli arrivi in Italia ed aumentano le partenze registrate dalla Libia. Gli scafisti, dall’altra parte del Mediterraneo, provano ad approfittare del periodo di incertezza che contrassegna la politica italiana nello scorso mese di agosto e tornano a mandare in acqua decine di barconi e gommoni.

    Per loro è una vera e propria corsa contro il tempo: occorre recuperare, sfruttando l’attuale contesto politico italiano, tutto il denaro perso con il decremento di oltre il 90% degli sbarchi dal 2017 al 2019, prima che l’arrivo dell’autunno non permetta più le traversate.

    L’allentamento delle maglie sull’immigrazione da parte del nuovo esecutivo, la decisione di far entrare le navi Ong in cambio della promessa europea della redistribuzione, stanno dando l’impressione a chi organizza i viaggi della speranza in Libia che questo mese di settembre è l’ideale per tornare a lucrare sulla pelle di migliaia di esseri umani.

    Non si spiega altrimenti l’impennata del numero delle partenze dalla Libia dai giorni a cavallo tra la crisi di governo e la nascita del nuovo esecutivo guidato da Giuseppe Conte.

    Ieri a tenere banco è il salvataggio operato dalla Guardia Costiera italiana a largo di Malta, con La Valletta che in un primo momento nega il trasbordo dei novanta migranti soccorsi dall’Italia. Sempre di ieri è la notizia di un totale di 109 persone a bordo della Ocean Viking, la nave dell’Ong francese Sos Mediterranée, dopo due operazioni di recupero. Nei giorni precedenti Lampedusa è letteralmente assediata, con il numero degli sbarchi (anche dalla Tunisia) che aumenta fino a creare disagi nel locale centro di accoglienza.

    In questo mercoledì, nelle prime ore del mattino, arriva la notizia di un altro barcone partito dalla Libia in difficoltà non lontano da Malta: "Alle 8.59 siamo stati avvisati dal gruppo che era partito da Tripoli, in Libia. Alle 9.10 abbiamo allertato le autorità maltesi”, si legge in un tweet del profilo di Alarm Phone, il network telefonico che raccoglie le richieste di aiuto dai barconi in difficoltà.

    A bordo del barcone di legno si stima la presenza di almeno 45 migranti, partiti dalle coste vicine alla capitale libica. Del caso se ne starebbe occupando La Valletta, anche se, visti i più recenti precedenti, non è da escludere un intervento italiano.

    Ed è ancora soltanto l’inizio di questa giornata. Le partenze dalla Libia, da qui fino all’arrivo del peggioramento delle condizioni metereologiche, potrebbero procedere al ritmo di più di tre o quattro al giorno.

    Anche gli scafisti evidentemente hanno il loro “spread”: basta soltanto la notizia del possibile cambiamento di politica, che subito si attiva la speculazione sui migranti. E, in tal senso, forse fa più danno un repentino cambio di governo in Italia che la guerra a Tripoli.


    • Enzo Salvà Enzo Salvà (---.---.---.64) 18 settembre 2019 16:55

      Caro "Er fregnacciaro", avvisi il Sig. Indelicato che quando scrive "occorre recuperare, sfruttando l’attuale contesto politico italiano, tutto il denaro perso con il decremento di oltre il 90% degli sbarchi dal 2017 al 2019" sbaglia di grosso:

      Salvini, Di Maio, Conte non hanno pagato la rata degli ultimi mesi ai libici.

      Del resto Salvini non ha nemmeno pagato gli straordinari 2018 alla Polizia di Stato.

      Un Saluto

      Es.


  • Passante (---.---.---.6) 19 settembre 2019 14:33

    Fossi in voi mi vergognerei a pubblicare certe con, ma io ho una dignità, voi no.


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