lunedì 13 maggio 2013 - Riccardo Noury - Amnesty International

Nicaragua, sotto attacco la legge contro la violenza sulle donne

Approvata dal parlamento del Nicaragua nel marzo scorso, entrata in vigore a giugno, dopo meno di un anno la Legge 779 contro la violenza sulle donne è sotto attacco.

A protestare non sono le associazioni per i diritti delle donne, per le quali – in un paese dai tassi allucinanti di violenza contro le donne – una legge migliorabile è molto meglio di niente.

A contestare un testo da molti salutato come uno storico passo avanti nella lotta contro la violenza sulle donne, sono soprattutto i difensori della sacralità del tetto (e anche del letto, evidentemente) coniugale, per i quali la 779 è una legge sfasciafamiglie.

Il motivo risiede nel comma che prevede il divieto di mediazione tra l’autore della violenza e la donna che l’ha subita.

Quel divieto ha una sua logica giuridica (la conciliazione tra due soggetti è insensata quando le due parti da conciliare, un violentatore e la sua vittima, si trovino in evidente squilibrio di potere) e, ancor prima, di buon senso: la vittima potrebbe essere ancora più vulnerabile di fronte alla violenza.

Eppure, qualche giudice – compresa la presidente della Corte suprema – sta provando a sabotare la legge, sostenendo che quando all’abuso commesso corrispondesse una pena lieve, ad esempio, non superiore a cinque anni, mediare potrebbe essere accettabile. Sono già partiti i primi ricorsi.

Una mediazione in più, una famiglia sfasciata in meno. Ma a che prezzo? A me pare aberrante. Voi cosa ne pensate?




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