lunedì 2 ottobre 2023 - Enrico Campofreda

Nagorno Karabakh, la fuga dei profughi e degli uomini d’oro

Nei giorni scorsi mister Vardanyan era intruppato fra i tanti armeni del Nagorno, ormai novantamila, fuggiaschi verso la madrepatria. Però il suo volto noto, non solo per aver fatto il ministro della Repubblica dell’Artsakh ma per essere un grande affarista, con affari stratosferici per sé e per potentati internazionali, l’ha tradito. 

La polizia azera lo ha fermato e arrestato, comunque a lui non è dispiaciuto. Nelle turbolenze che coinvolgono non solo l’ex regione separatista, accordata dai vertici di Erevan a Baku, ma la stessa Armenia in subbuglio politico contro il premier Pashinyan, l’uomo d’oro potrà giocare le sue carte che da giocatore incallito si servivano degli armeni, anziché servire gli armeni. In un’intervista alla testata britannica The Guardian, che lo conosce bene, ha dichiarato: "È la vita. Se sei pronto a morire per il tuo Paese, va bene. È brutto, ma qualcosa per cui devi essere pronto se stai facendo qualcosa d’importante... la fine della storia può essere molto brutta. E lo sapevo dal primo giorno". Fuor di retorica c’è da scommettere che Ruben Vardanyan, come altri arricchiti di etnìa armena, non morirà anzi troverà nel suo immediato futuro tutto fuorché rifugio da profugo. Sorte che spetta ai poveri ed emaciati che abbandonano le case karabache, non a signori come lui. Sì, ma com’è lui? Secondo la consorte Veronika Zonabend, il marito “E’ un filantropo, oltre che uomo d'affari ed ex ministro di Stato. Ha sofferto accanto ai concittadini dell’Artsakh durante i nove mesi del blocco alimentare e sanitario imposto dagli azeri alla comunità armena del Nagorno”.

Forse per i disagi attuali, e magari anche quelli descritti che avranno colpito la coppia - seppure a dirla tutta a Stephanakert sono stati documentati banchetti di armeni benestanti, mentre tanti compatrioti pativano la fame - il cuore di moglie non racconta altri risvolti della carriera di mister Vardanyan. Che sono numerosi e sedimentati, sebbene il più prestigioso e inquietante risulta il ruolo di amministratore delegato e azionista della banca d'investimento Troika Dialog. Narra il suo curriculum che Vardanyan aveva fondato la banca Troika Dialog nel 1991 in coppia con tal Peter Derby. Nel 1992 entrò nel consiglio d’amministrazione, divenendo direttore esecutivo. Poi ha acquisito la delega amministrativa e la presidenza della società. Vardanyan ha ricoperto gli incarichi fino alla vendita del gruppo finito, nel 2011, nella pancia di Sberbank, colosso bancario russo e dell’Europa dell’est. L’armeno è rimasto sulla cresta dell’onda e dell’affarismo rampante, ha co-diretto Sberbank CIB, ricoprendo anche incarichi di consulente per l'amministratore delegato e il presidente del consiglio bancario. Insomma, mica roba da poco… E soprattutto gli esperti di crimini finanziari hanno da tempo collocato Troika Dialog fra gli istituti che mascherano operazioni per traslocare capitali oscuri e sporchi, legati a evasioni fiscale e a ogni genere di traffico illecito, in un gioco di sponde fra Russia, alcuni Paesi europei, baltici e caraibici.

Proprio Ruben Vardanyan, conseguendo popolarità fra i connazionali, non solo karabaki, a mezzo d’iniziative caritatevoli che vantavano decine di milioni di dollari e ottimi rapporti con istituti europei blasonati (Deutsche Bank, Raiffeisen, Swedbank, Danske Bank e altri) ha rappresentato il fiduciario nei passaggi di capitali, non come lui sostiene di tycoon e gente facoltosa, bensì del volgare riciclaggio operato da gruppi criminali e manager di Stato. Ovviamente i triangoli di denaro diventavano esotici, raggiungendo strutture offshore delle Isole Vergini, di cui s’era già occupata l’inchiesta Panama Papers. Che rimbalza anche su una fetta del bel mondo della finanza del vecchio continente o di quei membri dell’Unione chiacchieratissimi (Malta) ma premiati addirittura con la presidenza del Parlamento Europeo. Fra le imprese di Vardanyan, e ce ne sono parecchie, c’era Santerna Holdings Limited, che investiva milioni di dollari (33,4 per la precisione) in un’azienda termale afferente alla moglie d’un politico russo, presidente del Tatarstan. Nel 2020 una Ong dell’anti putiniano Navalny, che faceva le pulci agli intrallazzi degli amici del presidente, notava che Santerna pagava ampiamente più del dovuto i servizi di quell’azienda, facendo di fatto ‘regali’ mascherati al politico. Eppure nella recente crisi, la grande madre Russia poco ha preso a cuore le vicende del Nagorno, nonostante i buoni uffici di mister Vardanyan, che comunque non aveva certo a cuore i fratelli ora profughi. Per quanto all’apparenza il suo arresto abbia le sembianze eroiche del ‘martire’ d’una patria che non c’è più.

Enrico Campofreda




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