mercoledì 19 giugno 2019 - Riccardo Noury - Amnesty International

Morte dell’ex presidente egiziano Morsi: necessaria un’inchiesta indipendente

Mohamed Morsi, avvenuta il 17 giugno durante un’udienza in tribunale, solleva forti domande sul trattamento subito dall’ex presidente egiziano durante la detenzione.

 

Posto agli arresti domiciliari subito dopo il colpo di stato del 3 luglio 2013 e poco dopo portato in cella, Morsi risultò di fatto un “desaparecido” fino al 4 novembre 2013, quando comparve per la prima volta di fronte a un giudice.

Per quasi sei anni, Morsi è stato tenuto in isolamento nel supercarcere di Tora, praticamente senza contatti col mondo esterno con la sola eccezione di tre visite familiari, senza poter avere accesso ai suoi avvocati e a un medico di fiducia: una condizione che ha comportato un considerevole stress psicofisico e che ha violato il divieto assoluto di maltrattamenti e torture.

A causa delle limitazioni poste alle comunicazioni del detenuto col mondo esterno, si conoscono pochi dettagli sulle sue condizioni di detenzione.

I familiari dell’ex presidente hanno reso noto che il loro congiunto soffriva di diabete, che nel corso della detenzione era collassato due volte e che non aveva avuto accesso a cure mediche adeguate.

L’Egitto vanta una terribile storia di detenzione di prigionieri in isolamento per lunghi periodi di tempo e in condizioni durissime, così come di maltrattamenti e torture nei confronti dei detenuti.

Ecco perché le organizzazioni per i diritti umani – Amnesty International e Human Rights Watch in testa – chiedono che le autorità del Cairo indaghino per determinarese maltrattamenti del genere abbiano contribuito alla morte di Mohamed Morsi e assicurare che i responsabili delle violazioni dei diritti umani commesse ai suoi danni siano chiamati a risponderne.




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