martedì 15 maggio 2012 - Aldo Giannuli

Monti, Bersani e Casini dopo la vittoria di Grillo

Sono state elezioni amministrative senza valore politico? Non diciamo sciocchezze: qui sta crollando il sistema politico della seconda repubblica, anche se non sappiamo cosa sta venendo fuori.

Anche nel 1992-93 successe la stessa cosa: fra il dicembre 1992 ed il novembre 1993 ci fu una tornata di amministrative (votarono fra l’altro, anche Roma, Milano, Torino e Napoli) che segnarono il crollo di socialisti, democristiani e laici e l’ascesa della Lega e del Msi. Due mesi dopo si sciolse la Dc, Berlusconi lanciò Forza Italia, il Msi divenne Alleanza Nazionale e ci furono le elezioni politiche vinte dalla destra. La fine della Prima Repubblica venne anticipata da banalissime elezioni amministrative e, dunque, non conviene mai sottovalutare segnali di questo genere.

In due parole è successo quanto segue: Il Pdl e la Lega sono stati duramente ridimensionati, il Terzo polo si è liquefatto, il Pd flette ma resiste, Idv e Sel ottengono risultati mediocri e tendenzialmente in calo, mentre c’è un successo netto del Movimento 5 stelle e delle liste civiche.

Non ci vuole la sfera di cristallo per indovinare che stiamo andando ad una ristrutturazione del sistema politico, attraverso un processo di scissioni e riaggregazioni. Ha iniziato Casini liquidando il Terzo polo. Nello stesso tempo in casa Pdl emergono vari progetti tendenti ad aggregare quel che rimane del Pdl con l’Udc ed, in prospettiva, altri soci minori della stessa area. E’ il progetto del “cantiere dei moderati” avanzato da Bondi, che si biforca in due direzioni: da un lato Alfano-Berlusconi, orientati ad un semplice assorbimento dell’Udc (salvo qualche vistosa offerta al solo Casini) nel Pdl così come è, con gli ex An dentro, dall’altro Pisanu che sconta la scissione di aennini e “tecnici” ( Brunetta e c.) ed attribuisce molto più peso agli ex Udc, con i quali, probabilmente, farebbe blocco.

Nel primo caso, Berlusconi ed Alfano risulterebbero al centro del partito e quindi schiaccerebbero in posizione subalterna Casini, mentre nel secondo, Casini (e Pisanu) sarebbero i soci di maggioranza ed Alfano sarebbe schiacciato sulla destra. La differenza fondamentale è che nel primo caso sarebbe sempre Berlusconi a comandare, nel secondo egli passerebbe non in seconda ma in terza fila. Per ora è come se i due membri della prossima società avessero lanciato un’opa ostile sull’altro.

Un problema nel problema è poi che fare con la Lega. Maroni, cosciente del baratro in cui sta sprofondando, ha già iniziato timide advances verso il Pdl per tornare in combutta. Stanti così le cose, se vince l’asse Berlusconi-Alfano, si apre qualche spiraglio per la Lega, se vincono Casini e Pisanu non dovrebbe andare così. Ma senza la Lega (che per quanto collassata, sotto il 5% non dovrebbe andare) le speranze di vincere le elezioni fra un anno si riducono al lumicino. Con la Lega, però, sarebbe solo la vecchia coalizione del 2001-2006 con qualche sigla cambiata: una minestra riscaldata da mensa della Caritas. Potrebbe piacere ancor meno di una alleanza senza la Lega.

Ma il problema maggiore della destra è chi presentare come candidato alla Presidenza del Consiglio: Berlusconi è ormai impresentabile anche per il consiglio comunale di Milano; Alfano è la copia sbiadita del suo dante causa; Casini, come qualsiasi altro esponente politico del Pdl o dell’Udc, sa di vecchia politica e non è quello che ci vuole per recuperare i voti degli elettori di destra in rivolta. Per di più, se una fetta dei voti perduti lo è stato per l’appoggio del Pdl al governo Monti ed alla sua politica fiscale, Casini è ancora meno adatto a di chiunque altro a recuperare, essendo stato il maggiore supporter di Monti.

Dunque occorre cercare fuori. Ma anche qui le proposte scarseggiano: Monti è controindicato per il suo rigore fiscale, Cordero di Montezemolo è una novità annunciata da almeno dieci anni e sembra Godot che sempre deve arrivare e non arriva mai, comunque, un finanziere di questi tempi non miete simpatie nemmeno se fosse un po’ più simpatico dell’arcigno torinese. Potrebbe esserci la Marcegaglia, ma solo a condizione di una secca vittoria del duo Casini-Pisanu: è donna, parla al cuore dei piccoli e medi industriali, ha spesso contrastato Berlusconi e dunque, forse potrebbe anche funzionare. Ma ha diversi handicap: non trascina le masse, non è amata nel Pdl, sarebbe uno schiaffo in faccia alla Fiat che farebbe barricate contro di lei, nel complesso, sarebbe una scelta un po’ debole.

Dunque: “candidato cercasi”. Peraltro, la via per l’unificazione Pdl-Udc è ancora lunga ed accidentata e, comunque, partirebbe -nella migliore delle ipotesi- da un misero 25-29% di partenza, soprattutto se non riuscisse a presentarsi come un semplice travaso dello stesso vino da una bottiglia all’altra. In tempi di antipolitica ci vuole ben altro.

A sinistra le cose stanno messe meglio, ma solo perché al momento non ci sono concorrenti credibili. Non c’è nessun guizzo di fantasia: sfumata (almeno per ora) la prospettiva di una intesa con Casini, il massimo che riescono a mettere insieme è la formula di Vasto (Pd, Idv, Sel). Per quanto tutti tre i partiti siano in discesa per l’effetto Grillo, è difficile che scendano sotto il 35-38% pur nella peggiore delle ipotesi.

Ci sarebbe poi da collocare fra i due blocchi un’area di circa il 10% di “difficilmente collocabili” che, però, potrebbero essere reclutati alla fine da uno dei due contendenti per fare numero (Rifondazione, Rutelli, Storace, Fini, Mpa di Lombardo, socialisti, etniche e frattaglie varie).

Dunque, i due schieramenti maggiori, con acquisti dell’ultima ora, andrebbero un po’ sopra il 75-77%, il resto (che, per la verità non è poco) si distribuirebbe fra Lega, Movimento 5 stelle, radicali e liste di disturbo o di testimonianza. Anche se la destra recuperasse tutto il raccoglibile (Lega, Fini, Storace, Lombardo e Rutelli con il suo autista), difficilmente andrebbe oltre il 34-37% (sempre che i voti si assommino senza perdite), mentre la sinistra imbarcando i socialisti, liste etniche come Uv e Svp, Rifondazione, qualche civica e raschiando il fondo del barile, il 39-42% lo metterebbe insieme. Tutto sommato, l’ipotesi peggiore della sinistra resta al di sopra della migliore ipotesi della destra.

Questo, però, a “bocce ferme”, cioè con le stesse regole elettorali, senza l’emersione di nuovi partiti e senza un improvviso exploit di qualcuno dei presenti altre certi livelli.

Esaminiamo queste possibilità:

Legge elettorale mutata. Dovremmo vedere quale nuova legge possa venir fuori per ricalcolare tutto, ma allo stato attuale ci sembra che siano molto poche le possibilità che la legge vada in porto per tre ottime ragioni:

a-perché ogni partito vuole una legge ritagliata sulle sue esigenze del momento che ovviamente confliggono con quelle degli altri e la coperta è troppo corta, se tiri da una parte scopri il corpo dall’altra

b-perché i partiti sono terrorizzati dal successo del Movimento 5 Stelle che vogliono sterilizzare a tutti i costi, ma non sanno come farlo

c-perché il tempo a disposizione è scarso anche se si votasse fra 1 anno.

Per ora, dunque, ragioniamo sul sistema elettorale che c’è.

Emergere di nuove liste. Sino a poco tempo fa, i sondaggi attribuivano uno sbalorditivo 30% ad una eventuale “lista Monti” nuovo soggetto politico che avrebbe succhiato voti sia al terzo polo, sia alla destra sia, soprattutto, a sinistra (un terzo di quei voti sarebbe venuto dal solo Pd). Le amministrative, con la sconfitta secca del Terzo polo, che avrebbe dovuto annunciare il successo di una eventuale lista Monti, hanno di molto ridimensionato questa aspettativa. Per di più, il carisma del Presidente del Consiglio sembra stia sbiadendo a vista d’occhio. Il San Giorgio chiamato a domare il drago, non ci sta riuscendo: lo spread è tornato oltre i 300 punti ed è pericolosamente vicino a quota 400 che segna il limite di sostenibilità, le misure per la crescita non arrivano ancora e tutto fa pensare che, alla fine, saranno ben misera cosa, la figuraccia dei super tecnici sulla spending review (revisione della spesa, per i comuni mortali) ha deluso molti sostenitori, la “riforma” dell’art. 18 ha alienato molte simpatie a sinistra, il malessere sociale monta fra suicidi ed assalti ad Equitalia… tutto sembra avviare Monti ad una precoce decadenza. E fra sei mesi non sarà meglio. Pertanto, tutto fa pensare che, se davvero questa lista dovesse esser fatta (cosa della quale dubitiamo assai), difficilmente supererebbe un 6-7% preso a tutti due gli schieramenti, nel caso di presentazione autonoma.

Pertanto, se quel risultato non fosse preso tutto o quasi dalla sinistra, il risultato finale non dovrebbe mutare rispetto a quello che ipotizzavamo. Anche se l’eventuale “lista Monti” si apparentasse con la destra è possibile che possa risultare più di danno che di giovamento agli alleati, che avrebbero molte difficoltà a spiegare l’alleanza con quello che “ha messo le mani in tasca agli italiani”.

Una nuova lista di protesta: anche se la crisi morde ed accelera i comportamenti collettivi, non sembra probabile la rapida ascesa si un nuovo soggetto politico protestatario (magari Forza Nuova o consimili), soprattutto perché, almeno per ora, lo spazio è presidiato da Grillo. E poi un soggetto politico con vasto seguito popolare non si improvvisa in pochi mesi. Neanche al tempo di internet e neanche se si trattasse di un movimento “civetta” dietro cui ci fossero i mezzi di qualche potente competitore.

Un exploit oltre misura di una delle liste esistenti. Che, tradotto, significa un fortissimo successo di Grillo (altri non sono oggi immaginabili) oltre il 12%. Se questo accadesse a spese della sinistra, potrebbe rimettere tutto in discussione, spianando la vittoria alla destra.

Questo è l’unico scenario che abbia delle probabilità (per quanto non elevatissime) di cambiare le previsioni correnti portando la sinistra alla sconfitta.

Dunque, è questo l’unico “fianco scoperto” che la sinistra deve cautelare. E la politica del “muro contro muro”, dell’attacco frontale potrebbe rivelarsi un boomerang molto pericoloso. Molto meglio cercare di capire le ragioni che stanno dietro il voto a Grillo ed adeguare la propria proposta politica. Forse la politica del dialogo potrebbe risultare più pagante.



3 réactions


  • Geri Steve (---.---.---.171) 15 maggio 2012 14:18

    Ci si domanda chi potrebbe essere il leader a destra, ma non ci si pone la stessa domanda per la sinistra: Bersani, Veltroni, D’alema e Vendola sono assolutamente impresentabii, ma non si vede chi li dovrebbe sostituire.

    Se sarà una loro controfigura è ben difficile che la sinistra vinca, se ci sarà un leader nuovo e credibile la sua vittoria è quasi certa. Ma forse, a sinistra non vogliono vincere.


  • Sabino27 (---.---.---.115) 15 maggio 2012 16:15

    Sono perfettamente d’accordo con quanto esposto dall’amico Giannuli, ma non voglio assolutamernte preoccuparmi delle scelte politiche che gli esponenti della seconda repubblica vorranno adottare per risultare ancora una volta vincenti. Mi piace invece pensare alla richiesta di limpidezza che ha caratterizzato l’ultima tornata elettorale. Per ora sicuramente in forma di protesta, ma che con una buona dose di coraggio e di maggiore informazione attraverso la rete internet può trasformarsi in convinzione politica.
    Sono proprio gli scenari paventati dall’amico Giannuli che nel corso degli anni per meri interessi privati, e scellerate collusioni, nonchè forme maniacali di onnipotenza hanno infettato e ammorbato gli ideali più puri della POLITICA al servizio unicamente della collettività.
    Tutti gli attori della seconda repubblica, vanno sostituiti immediatamente in quanto non più credibili ma soprattutto incapaci di esprimere nuove prospettive di vivibilità accettabile.

    Dobbiamo riporre la nostra fiducia nelle nuove generazioni, quelle che si prefiggono nuovi modelli di amministrazione, nuovi concetti di crescita economica e di sviluppo del benessere globale. La cosidetta "democrazia partecipata" come elemento prioritario e costante di nuovi scenari politici; in parole povere, il cittadino al centro del dibattito politico, perchè il dibattito politico è l’essenza della DEMOCRAZIA quella vera.


  • (---.---.---.233) 15 maggio 2012 20:43

    Bella analisi professorei, ma io credo che più che ad una "ristrutturazione del sistema politico"siamo ad un vero e proprio cambio di regime. E come in tutti i precedenti cambi di regime il ruolo dell’antipolitica propositiva (quella non alla Giannini) non sarà secondario. In fondo nel 94 la componente antipolitica della proposta berlusconiana fu la vera carta vincente.

    Ma il risultato elettorale sarà determinato dall’andamento della crisi. Se all’inizio del 2013 si dovesse cominciare a vedere una inversione di tendenza nella crisi allora la "Lista Monti" vincerà tranquillamente le elezioni. Il tecnico Monti, il non professionista della politica, sarebbe il leader naturalmente votato a raccogliere la rabbia di milioni di italiani contro il ceto politico attuale. E come nelle precedenti crisi di regime si passerebbe da una destra all’altra, in questo caso da quella autoritaria berlusconiana a quella moderata del professore.

    Se invece la crisi si dovesse aggravare, come purtroppo sembra che stia per succedere, allora non ci resta che aspettare la nascita di un nuovo partito di destra, la qual cosa sembra ora inverosimile, ma tutti ci ricordiamo (quelli di una certa età) come Berlusconi spuntò fuori pochi mesi prima delle elezioni e allora la situazione economica era infinitamente migliore di adesso.


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