giovedì 23 maggio - Riccardo Noury - Amnesty International

“Minaccia alla sicurezza”: a Hong Kong ora vietano anche le canzoni

Il governo di Hong Kong può “cantare” vittoria. Sì, perché ormai possono farlo solo le autorità.

L’8 maggio la corte d’appello ha sovvertito una sentenza di primo grado dell’anno scorso, dando ragione al governo che chiedeva la messa al bando del brano “Gloria a Hong Kong”.

Che una canzone possa costituire una minaccia alla sicurezza nazionale si penava fosse un’insensata ossessione solo delle autorità iraniane: lì, come noto, il rapper Toomaj Salehi rischia l’impiccagione a causa dei testi dei suoi brani.

Senza raggiungere quel picco di crudeltà, nella Hong Kong ormai completamente “pechinizzata”, siamo arrivati a quell’idea.

Il dipartimento della Giustizia ha dunque avuto ragione, ottenendo il divieto di “trasmettere, cantare, stampare, pubblicare, mettere in vendita, distribuire, diffondere, mostrare o riprodurre in qualsiasi modo” il brano che era diventato la colonna sonora delle proteste di massa del 2019.

Il governo di Hong Kong aveva già annunciato che chi avesse avuto a che fare, a qualsiasi titolo, con “Gloria a Hong Kong” sarebbe stato incriminato ai sensi della Legge sull’inno nazionale o persino accusato di “secessione”, un reato che la Legge sulla sicurezza nazionale punisce anche col carcere a vita.

Per la foto: Kelly Ho/HKFP

 




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