martedì 3 marzo 2015 - Osvaldo Duilio Rossi

Mediazione. TAR Lazio: ratio vs. buonsenso

Perché una sentenza del TAR Lazio difende la razionalità di una normativa, ma sacrifica la ragionevolezza di alcuni diritti fondamentali dell'uomo? E perché sembra che la commissione non abbia neanche intuito il paradosso?

Il TAR Lazio, con sentenza n. 1351/23.01.2015, ha annullato l’art. 16, commi 2 e 9, del D.M. 180/2010. Provvedimento che ha confuso le idee a imprese e cittadini, operatori di giustizia e organismi di mediazione, perché la sentenza vorrebbe che gli organismi di mediazione (pubblici o privati) svolgessero il primo incontro informativo, tra le parti e il mediatore, a titolo gratuito.

Il condizionale è d’obbligo perché la decisione coinvolge alcuni soggetti, ma vorrebbe produrre i suoi effetti su altri, e lede, inoltre, alcuni diritti fondamentali.

  1. La sentenza 1351/2015 ha efficacia esecutiva solo tra le parti del giudizio (l’UNCC di Parma, da una parte, e il Ministero della Giustizia, dall’altra). Gli organismi di mediazione rimarrebbero quindi estranei alla decisione, almeno fino al momento in cui il Ministero della Giustizia modificasse il D.M. 180/2010, adottando un provvedimento istituzionale.
  2. La sentenza del TAR Lazio lede i diritti costituzionali a tutela del lavoro (art. 1, 4, 35 e 36 della Costituzione della Repubblica Italiana) laddove vorrebbe trasferire i costi di gestione dei conflitti della popolazione sulle risorse umane e patrimoniali degli organismi di mediazione, che finirebbero addirittura per sopportare le spese dei loro clienti.
  3. La sentenza lede inoltre i diritti umani (art. 4 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo) laddove vorrebbe imporre a organismi e mediatori di lavorare gratuitamente per altri, istituendo così una forma di schiavitù.

Il provvedimento del TAR innesca perciò un conflitto paradossale tra razionalità giuridica e ragionevolezza (o buonsenso).

Invito i lettori a commentare la notizia, proponendo gli spunti di riflessione seguenti.

Il Ministero della Giustizia potrebbe impugnare la sentenza del TAR, ma non lo fa. Perché?

La commissione giudicatrice ha ignorato le conseguenze paradossali della sua decisione oppure, al contrario, ha preferito sacrificare il buonsenso?



1 réactions


  • (---.---.---.240) 7 marzo 2015 20:05

    Mi piace la parte di articolo che suggerisce la lesione dei diritti dell’uomo: il lavoro gratuito è sempre schiavitù.


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