venerdì 17 febbraio 2012 - Enrico Emilitri

Mari di sabbia, mari di sangue. Il primo genocidio tedesco

Pochi lo ricordano, ma anche la Germania ha avuto il suo piccolo (seppur cospicuo) impero coloniale, le cui origini risalgono alla tarda Età Moderna, quando il principe elettore di Brandeburgo, Friedrich von Hohenzollern (nonno ed omonimo del grande re di Prussia), noto come Grossfriedrich [=Federico il Grande (titolo passato al ben più celebre discendente)] si fece convincere dagli olandesi ad acquistare un appezzamento sul Golfo di Guinea, dove venne fondato l'insediamento di Großfriedrichsburg [Fortezza di Federico il Grande] come approdo commerciale e avamposto militare, che neppure cinquant'anni dopo passò agli stessi olandesi, che la ribattezzarono Voort Hollandia in onore della Patria di origine, e - dopo il Congresso di Vienna - alla Gran Bretagna che la ridenominò Princesstown, nome mantenuto anche dopo l'indipendenza del Ghana.

Caduta progressivamente in rovina, l'antica fortezza germanica (a lungo servita anche come prigione) è stata recentemente riscoperta e restaurata ed è oggi una delle mete turistiche più ambite da chi si reca in Ghana, anche se molti stentano a credere che essa sia stata eretta dai tedeschi.

 Le cose cambiarono con l'unificazione tedesca e la proclamazione del Secondo Reich (1871) [il primo era stato il Sacro Romano Impero, voluto da papa Leone III tramite Carlo Magno (800-1806)]: sul trono che nei secoli precedenti era stato appannaggio soprattutto degli Asburgo si insediò (pur controvoglia) Guglielmo I, succeduto nel 1861 al fratello Federico IV (morto senza eredi), ma vero regista dell'intera operazione fu il "Königskanzler" [poi "Reichskanzler" (= primo ministro)] Otto von Bismarck-Schönhausen (d'ora in avanti soltanto Bismarck), noto come "Eisernkanzler" (cancelliere di ferro) per via del suo carattere deciso e determinato sin da quando, lasciato l'esercito, era stato deputato alla Dieta (= Assemblea) di Francoforte (1848-49), che avrebbe dovuto portare all'Unificazione Tedesca che, come detto, venne realizzata poco più di un ventennio dopo.

A Guglielmo I succedettero (1888) nell'ordine: il figlio Federico V (morto dopo soli tre mesi per un cancro alla gola causato dall'abbondante abuso di sigari) e, soprattutto, il nipote Guglielmo II, che portò l'Impero all'apice causandone, in seguito, la caduta. Il nuovo Kaiser ebbe sin da principio le idee chiare: la Germania non si sarebbe accontentata del tradizionale Lebensraum (= Spazio Vitale) da realizzare con la conquista della Russia e dell'Europa Orientale [Drang nach Östen (= Assalto all'Oriente)], ma si sarebbe fatta valere anche sul piano internazionale. La prima occasione si realizzò quando nel 1878 si tenne il Primo Congresso di Berlino, che mise fine all'esperienza (ormai da tempo tramontata) della fallimentare Restaurazione voluta dal Congresso di Vienna (1814-15), consegunando, tra l'altro, all'Austria-Ungheria la Bosnia-Erzegovina (nominalmente ancora possedimento ottomano, ma che venne definitivamente annessa alla Duplice Monarchia esattamente trent'anni dopo), innescando il processo che portò all'Assassinio di Sarajevo e alla Prima Guerra Mondiale.

Ma fu il Secondo Congresso di Berlino, che decise dello "Scramble for Africa" (corsa per l'Africa), di fatto lo smembramento del Continente Nero tra le potenze coloniali europee (escluse la Russia - che nel 1867 aveva ceduto l'Alaska agli Stati Uniti - e l'Austria-Ungheria), tra le quali oltre a Francia e Regno Unito (che fecero, ovviamente, la parte del leone), rientrarono pure il nostro Paese e la stessa Germania, che ottenne le Isole Ralik (oggi parte delle Marshall), la Nuova Guinea nordorientale col Mare e l'Arcipelago di Bismarck (oggi Papua Nuova Guinea), le Samoa Occidentali (Libero Stato di Samoa), cui dopo la cosiddetta Guerra dei Boxers si aggiunse il Quiaojaho con l'importante scalo commerciale e militare di Quingdao (allora chiamati rispettivamente Kiaochou e Tsingtau), dove aveva sede - tra l'altro - la Divisione Navale Tedesca del Pacifico Occidentale, comandata in ultimo dal viceammiraglio Maximilian graf von Spee, ai cui ordini vi erano i due figli maggiori, pur'essi giovani ma già valenti ufficiali di marina. Sorpreso dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale, von Spee tentò di rientrare in Patria, ma venne intercettato da una squadra navale britannica comandata dall'anziano amm. Craddock di fronte al golfo di Coronel (Cile): lo scontro vide i tedeschi vittoriosi e la morte di quest'ultimo, ma il successivo scontro al largo delle Falkland costò caro a von Spee che affondò con quasi tutte le sue navi e, soprattutto, con gli stessi figli.

Ai possedimenti asiatici si unirono quelli africani: il Witu (o Wituland), nel Kenia nordorientale, a ridosso dell'Oltregiuba (allora parte della Somalia Italiana); l'Africa Orinetale Tedesca [Deutsche ÖstAfrika (DÖA)], costituita da Tanganika (attuale Tanzania) e Ruanda-Urundi (odierno Burundi), in seguito ceduto al Belgio ed unito al Congo Belga (già Stato Libero del Congo, poi Zaire, oggi Repubblica Democratica del Congo); il Togo; parte del Camerun e, infine, l'Africa Sudoccidentale Tedesca [Deutsche SüdWest Afrika (DSWA)], cioè l'attuale Namibia, con la sola esclusione di Waalwisbai [Baia delle balene, un tempo - come dice il nome - porto baleniero, in seguito munitissima base militare e navale prima britannica e poi sudafricana, ceduta alla Namibia (1992) dopo l'ascesa alla presidenza sudafricana di Nelson Mandela].

Proprio quest'ultima pagò il prezzo più caro della colonizzazione tedesca: subito dopo la conquista (1884), alla direzione della colonia venne posto, in qualità di Reichskommissär [amministratore (di fatto governatore)], l'ex-magistrato Heinrich Ernst Göring, padre del futuro gerarca nazista, uno dei cui figli, Wilhelm, fu anche uno degli ultimi comandanti delle Schtztruppen (=truppe coloniali) tedesche in Namibia e, contrariamente al fratellastro, non aderì mai al Nazionalsocialismo e morì nel suo letto qualche anno dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.

A fianco di Göring giunsero in Namibia due figure destiante a lasciare una traccia indelebile nella Storia dell'infelice Paese africano: una è quella di Adolf Lüderitz, imprenditore sassone paragonabile, per personalità e carenza di scrupoli, a Cecil Rhodes, vero e proprio padre dell'imperialismo britannico in Africa nonché della Rhodesia (oggi smembrata in Zambia, Zimbabwe e Malawi), che s'insediò ad Angra Pequeña, principale porto costiero namibiano, fondata dai portoghesi e che alla sua morte (avvenuta in circostanze mai chiarite mentre era in navigazione sul fiume Orange, che separa la Namibia dal Sudafrica) venen ribattezzata col suo nome, che manitene tuttora, l'altra è quella da Curt von François, discendente di una famiglia ugonotta (protestante di rito calvinista) francese sfuggita al Massacro di San Bartolomeo, che fu dapprima comandante militare e poi primo vero e proprio governatore della colonia.

Ma come sempre in questi casi si erano fatti i conti senza l'oste, rapresentato da Hendrik Witbooi, autorevole e valoroso capo riconosciuto dei Nama (da cui prende il nome il deserto del Namib e, per estensione, lo stesso Paese), il cui padre era stato ucciso in un diverbio da Carl Peters, socio di Lüderitz, cosa che aveva alimentato e rafforzato il suo odio verso i tedeschi. A peggiorare le cose contribuì la scellerata politica del col. Theodor Leutwein, nuovo governatore della colonia, che espropriò le terre dei neri per trasmetterle ai boeri e, ancor più, ai coloni tedeschi, specie dopo la scoperta e lo sfruttamento da parte di questi ultimi delle miniere d'oro e diamanti (cosa che nel vicino Sudafrica aveva portato alle Guerre Anglo-Boere), e che gli inimicò pure il suo principale alleato, il condottiero herero Samuel Maharero.

Lo scontro esplose il 14 Gennaio 1904, quando Nama e Herero assalirono alcune fattorie precedentemente confiscate e cedute ai bianchi scatenando un massacro. La reazione tedesca non si fece attendere: ritenuto responsabile dell'episodio e di manifesta incapacità, Lutwein fu destituito e rimpiazzato dal gen. Lothar von Trotha, un prussiano vecchio stampo tutto d'un pezzo che sin da principio chiarì subito le proprie intenzioni, affermando che "Gli Herero non sono sudditi tedeschi!", come dire che in caso di cattura sarebbero stati giustiziati sul posto e senza processo. I risultati non si fecero attendere: Trotha fece terra bruciata intorno ai ribelli deportandone parecchi nei campi di concentramento che allora si andavano affermando, in particolare quello di Shark Island, al largo di Lüderitz, paragonabile a Goli Otok (= Isola Nuda), l'isolotto dalmata in cui Tito chiuse gli oppositori dopo la rottura con Stalin, e dove molti trovarono la morte per fame ed inedia.

Lo scontro decisivo avvenne l'11 Agosto 1904 nei pressi dell'altopiano del Waterberg (=Montagne dell'acqua), dove migliaia di Herero erano accampati con le proprie famiglie e il proprio bestiame. Lo scontro si trasformò ben presto in una carneficina: ai reiterati attacchi degli insorti (che sulle prime ebbero la meglio) i tedeschi risposero con salve d'artiglieria e raffiche di mitragliatrice, grazie anche all'aiuto dei volontari boeri e, soprattutto, degli ascari, mercenari indigeni che - al pari di molti altri eserciti coloniali - contribuirono alla vittoria finale delle truppe germaniche, certo meglio organizzate e disciplinate oltre che, come s'è detto, dotate di armi e mezzi decisamente superiori.

Da quel momento iniziò il lento e progressivo genocidio del popolo Herero, decimato, oltre che dai ripetuti attacchi tedeschi, dalla Processione della Morte, che alla fine della guerra ne ridusse il numero da 85.000 a poco più di 15.000! Ai protagonisti non andò meglio: gravemente ferito in uno scontro successivo (1905), Witbooi riuscì a passare l'Orange e riparare in Sudafrica con pochi superstiti, per morire tra le braccia dei figli; Maharero sopravvisse, ma dovette definitivamente sottomettersi, anche se dopo l'annessione della Namibia al Sudafrica (1918) lottò attivamente (senza successo) contro l'Aparheid, morendo di vecchiaia nel 1970. La guerra si concluse con l'inevitabile (anche se tutt'altro che scontata) vittoria tedesca (1907), ma anche i vincitori ebbero perdite importanti, tra le quali quella del sottotenente barone Werner Schenk von Stauffenberg, cugino del più noto Klaus, che esattamente quarant'anni dopo tenterà di uccidere Hitler tramite l'Operaktion Walküre (o Walkirie).

La rappresaglia tedesca fu paragonabile a quella scatenata oltre trent'anni dopo dal Regime nazionalsocialista: processi sommari, esecuzioni e deportazioni ridussero quasi a zero la popolazione di colore, che solo col tempo si è ripresa perlomeno numericamente. La colonia venne prontamente riorganizzata, tanto che un decreto imperiale la dotò, al pari degli altri possedimenti, persino di uno stamma e bandiera propri (1913), che però non entrarono mai in uso soprattutto a causa della Prima Guerra Mondiale, al termine della quale (caso unico) la Namibia venne assegnata al Sudafrica (cosa che, oltre alla locale comunità, mantenne pure le vestigia tedesche, le sole rimaste in Africa), il cui mandato venne revocato nel 1964, ma solo con l'elezione di Nelson Mandela a Presidente sudafricano (1990) l'ex-colonia tedesca ottenne finalmente la tanto sospirata indipendenza, dopodiché la popolazione nera chiese all'epoca (e ancora per poco) Governo di Bonn l'indennizzo dei danni della feroce repressione, ottenendo - oltre alle scuse ufficiali - solo poche briciole (e, forse, neppure quelle).

Ad ogni modo la Namibia di oggi sta cercando di lasciarsi alle spalle il suo doloroso passato, peraltro rappresentato dalle numerose tracce lascate, la più celebre delle quali è l'ancor oggi odiatissimo Deutsch Reiter Denkmal (= monumento al cavaliere tedesco) che campeggia fiero nella piazza principale della capitale Windhoek, non lontano da quello a Hendrik Witbooi, il cui volto appare sulle banconote namibiane, simbolo a sua volta di una vittoria postuma e imperitura.



5 réactions


  • Fabio Della Pergola Fabio Della Pergola (---.---.---.107) 17 febbraio 2012 10:41

    molto interessante. comlimenti !


    • Enrico Emilitri Enrico Emilitri (---.---.---.162) 17 febbraio 2012 12:41

      Grazie mille, anche se il mio intento non è (come capita spesso) demonizzare la Germania e i tedeschi, ma sottolineare come simili eventi siano tipici della poliitca coloniale (anche noi abbiamo i nostri peccati in merito: pensiamo solo a quanto avvenuto in LIbia o, più avanti, in Etiopia negli anni successivi alla conquista … ).


  • Geri Steve (---.---.---.214) 17 febbraio 2012 16:57

    interessante!

    Ricordo di aver visto a Bagamoyo, oggi Tanzania, allora Africa Orientale Tedesca, una targa su un edificio oggi diroccato. Quella targa sosteneva che quella era stata la prima scuola interazziale di tutta l’Africa.

    La cosa mi ha stupito, ho pensato che fosse stata una iniziativa di qualche chiesa protestante tedesca. Qualcuno ne sa qualcosa?


  • (---.---.---.50) 30 settembre 2014 13:22

    Il genocidio degli Herero potrebbe essere stato per certi aspetti un’anticipazione di quello degli Armeni.

    Molti studiosi suppongono difatti che la Germania ed anche l’impero asburgico abbiano avuto una parte nel "Grande Male", nello sterminio degli Armeni.
    Secondo Hull,  la concezione politica e militare della guerra nella Germania guglielmina, dal 1870 sino al 1918, si basava essenzialmente sul concetto diVernichtungskrieg ossia “guerra d’annientamento”. Hull ha esaminato sia il genocidio degli Herero, sia quello degli Armeni.


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