mercoledì 15 maggio 2013 - Aldo Giannuli

Lo Ius loci: lettera aperta a Beppe Grillo

Caro Beppe Grillo,

le sue posizioni sulla questione dello ius loci, in base al quale riconoscere la cittadinanza ai figli degli immigrati, stanno suscitando reazioni molto vivaci a sinistra e non manca chi la accusa di fascismo o, quantomeno, di convergenza con Larussa, Storace la Lega. Vorrei tentare una strada diversa, per discutere nel merito della cosa, abbassando i toni.

Partiamo da un dato di fatto: gli immigrati ci sono, sono quasi 4 milioni e mezzo più i circa 600.000 clandestini che sono un problema a parte. Per ora parliamo di quelli regolarizzati in qualche modo: di essi fanno parte circa 250.000 (i dati variano) minori nati in Italia, dunque immigrati di seconda generazione. È facile prevedere che, entro una quindicina di anni, il problema riguarderà poco meno di un milione di persone (circa 800.000 secondo stime prudenziali). Che ne facciamo?

Lasciamo da parte questioni di ordine morale – a me care, ma che non posso pretendere condivise da altri - e parliamo degli aspetti “pratici”, “politici” della questione.

Se non introduciamo lo ius loci, al compimento del 18° anno di queste persone, possiamo fare tre cose:

a) se non hanno i requisiti previsti dalla legge per essere regolarizzati, li espelliamo dal paese e li rimandiamo nel paese di provenienza dei genitori.

b) li regolarizziamo, magari semplificando e riducendo i requisiti, ma senza riconoscere la cittadinanza italiana,

c) gli riconosciamo, più tardi, la cittadinanza applicando più o meno l’attuale normativa.

La terza soluzione sembra subito la meno logica: se dobbiamo dargli la cittadinanza, perché procedere in modo così inutilmente complicato? Tanto vale, dargliela subito alla nascita.

La soluzione più coerente della negazione dello ius soli è quella di trovare il modo di sbatterli fuori appena possibile. Però occorre tener presente che, in primo luogo, questo rappresenta una perdita economica secca: avremmo centinaia di migliaia di persone che abbiamo mandato a scuola, assistito con il nostro sistema sanitario ecc e, quando queste possono iniziare a lavorare e, in qualche modo, far fruttare l’investimento fatto su di loro, noi li sbattiamo fuori. Non mi sembra un’idea molto intelligente.

Ed ancor meno intelligente mi sembra quando si tenga conto che, per i diversi tassi di fertilità degli italiani “stanziali” e degli immigrati, questo significherebbe indebolire le fasce giovanili ed accentuare l’invecchiamento della società italiana. Peraltro, la cosa avrebbe senso se, contemporaneamente, noi bloccassimo del tutto l’immigrazione (ammesso che si riesca a farlo), chiudendo le frontiere alle nuove possibili ondate di immigrati. Infatti, che senso avrebbe espellere dal paese degli immigrati di seconda generazione, già ampiamente socializzati alla lingua ed alla cultura del nostro paese, per accettare nuovi immigrati di prima generazione totalmente estranei ad essa, per ricominciare a cercare di istruirli?

Ma poi, siamo sicuri che i paesi di provenienza sarebbero disposti a riprendersi persone che sono loro cittadini solo sulla carta, che probabilmente non parlano più neppure la lingua del posto e che, per paradosso, sarebbero immigrati nel loro paese di provenienza.

Ma, la cosa più probabile sarebbe quella di un'esplosione della clandestinità: teniamo presente che queste persone non devono entrare in Italia perché già ci stanno. La reazione più probabile sarebbe quella di restare come clandestini, precari che vivono nell’illegalità. Così, in breve le schiere dei clandestini crescerebbero al ritmo di 50-60.000 all’anno, senza contare quelli che continuerebbero a venire da fuori. Il che prospetterebbe un magnifico affare per la mala vita che troverebbe manovalanza a volontà ed a prezzi stracciati. È quello che vogliamo?

Alla fine, la soluzione finirebbe per essere la classica soluzione all’italiana: un po’ di sanatorie sui permessi di soggiorno. Insomma, regolarizzarli senza cittadinanza (tornando indietro anche rispetto alle limitate aperture attuali) che vorrebbe dire solo istituire una cittadinanza di serie B: ci sono persone nate in Italia, che hanno frequentato scuole italiane e parlano italiano, che lavorano e pagano le tasse, ma che non possiedono i diritti riconosciuti ai cittadini di serie A (essenzialmente i diritti politici). In poche parole, i moderni metechi. Ma, storicamente, la metecìa fu un elemento di debolezza delle città greche che contribuì alla loro decadenza. In ogni caso, quanto sarebbe sostenibile una soluzione del genere? È pensabile che possano esserci persone che, a vita, non godano dei diritti pieni di cittadinanza se non di quella di un paese nel quale non vivono e che forse neppure conoscono?

Ovviamente, un trattamento discriminatorio del genere, non favorirebbe affatto l’integrazione di queste persone, ma, al contrario, consoliderebbe un nucleo estraneo e –inevitabilmente- ostile al resto del paese. Non faremmo altro che introdurre una linea di frattura che non sarebbe neppure di classe ma di casta. Infatti, renderemmo l’appartenenza a questa nuova metecìa un vincolo ascrittivo e non modificabile, con conseguenze devastanti sul piano di uno scontro sociale sempre meno mediabile e sempre meno governabile. Ed i figli di questi immigrati di seconda generazione sarebbero anche loro cittadini stranieri? A quale generazione diventerebbe automatica l’acquisizione della cittadinanza? È una soluzione auspicabile? E per cosa?

L’obiezione più “consistente”allo ius soli è quella del pericolo per l’identità culturale nazionale: anche Lei ha parlato della legge come di qualcosa che “cambia la geografia” (la geografia umana ovviamente). Ma è proprio così? In primo luogo teniamo presente i numeri: 4 milioni e mezzo di persone sono meno del 10% della popolazione nazionale e, se è vero che giungeranno altre ondate di migranti, è anche vero che il fenomeno (già in parte fermato dalla crisi) è destinato a calare nei prossimi anni e decenni sia per il modificarsi delle tendenze demografiche nei paesi del sud del mondo, sia per la modificazione della struttura economica mondiale, sia, infine, per il saturarsi delle capacità di accoglienza dei paesi europei e del Nord America.

Considerando anche i flussi di ritorno, è plausibile che il fenomeno non crescerà oltre certi limiti molto, molto lontani dalla maggioranza della popolazione.

In secondo luogo, qui stiamo parlando degli immigrati in astratto come se rappresentassero una nazionalità compatta ed agguerrita. Ma la realtà dice che l’immigrazione è frammentata in moltissimi rivoli culturalmente molto distanti fra loro: cinesi, arabi, senegalesi, etiopici, eritrei, ghanesi, arabi, indiani, indonesiani, filippini, brasiliani, peruviani ecc. cc. Mi vuol spiegare come questo variegatissimo mélange etnico dovrebbe minacciare la nostra cultura nazionale?

Anche perché, ovviamente, gli immigrati sono prevalentemente persone di estrazione sociale bassa e spesso con una cultura solo di base (diverso è il caso degli studenti stranieri che, però, poi prevalentemente tornano nei loro paesi). Mentre tutte le leve del sistema culturale del nostro paese (università, giornali e tv, teatri, cinema ecc) sono saldamente in mano ad italiani. E, come se non bastasse, la nostra (come quelle di tutti i paesi di mare e tutti quelli che hanno avuto forti flussi migratori) è una cultura che ha sempre vissuto delle più diverse influenze che ha poi contaminato: nella nostra letteratura, musica, pittura e persino cucina si distinguono chiaramente i debiti verso arabi, tedeschi, francesi, slavi, greci, spagnoli, ebrei, portoghesi ed, in epoca più recente, americani.

E infine: i figli degli immigrati che sono qui, studiano e studieranno in scuole italiane, parlano italiano, vedono la televisione italiana, ecc.

Non avendo l’auto, prendo spesso tram e metro dove mi capita spesso di vedere gruppi di teenagers misti di italiani e figli di immigrati e constato come, nel modo di vestire, di usare il telefonino o di parlare sono del tutto indistinguibili gli uni dagli altri. Più di una volta ho sentito ragazzi nero caffè che parlavano con spiccato accento milanese. E questi sarebbero quelli che potrebbero farci rischiare di perdere la nostra identità culturale? Siamo seri…

Ed allora, possiamo capire per quale motivo dovremmo opporci a quella che è una semplice misura di buon senso, per integrare queste persone che, ci piaccia o no, ormai sono italiani come noi.

Ma poi, se la sente si sommare i voti dei suoi parlamentari (sempre che la seguano) con quelli della Lega e di Berlusconi? Per di più, accollandosi la responsabilità di legittimare le loro posizioni, consentendogli di dire: “Non siamo xenofobi. Anche Grillo…”. Le conviene?

Non pretendo di convincerLa, e né che risponda a questa lettera (sempre che abbia modo di leggerla), ma mi farebbe piacere che, prima di partire in quarta, si fermasse un attimo a pensarci su.

Ma soprattutto, mi farebbe piacere che consultasse i suoi sostenitori: non credo che la maggioranza condivida le sue posizioni e temo, anzi, che questo possa seriamente incrinare il successo elettorale del M5S.

Ci pensi…
Cordialmente
Aldo Giannuli



3 réactions


  • paolo (---.---.---.140) 15 maggio 2013 14:44

    Partiamo dal presupposto che la concessione della cittadinanza non è una questione da trattare in stile Borghezio ,per il quale vale lo ius sanguinis , né però si può arrivare ad uno ius soli incondizionato .

    E’ evidente che in linea generale deve essere adottato un regime misto che scongiuri il pericolo di "turismo " della cittadinanza ma nello stesso tempo garantisca un criterio di civiltà .

    Mi chiedo ,per esempio ,se nell’ipotesi di un nato da coppia di immigrati regolarizzati , non possa valere l’automatismo secondo il quale al termine della frequentazione delle scuole dell’obbligo scatti la cittadinanza .
    Poi ci sono i casi in cui i genitori immigrati siano residenti in Italia da un certo numero di anni ,quello che almeno un genitore sia a sua volta nato in Italia ecc...

    Insomma l’argomento è delicato ma non dovrebbe essere impossibile varare una legislazione equilibrata che eviti storture ma nel contempo garantisca un diritto di civiltà .

    Quanto a Grillo farei un distinguo dalle posizioni xenofobe di Borghezio e soci ,lui sarebbe per un referendum popolare (magari su internet ) ,però come al solito non è informato sulla natura soltanto abrogativa dello strumento referendario . Poi bisogna che qualcuno gli spieghi che siamo in una democrazia parlamentare e che l’organo preposto a legiferare (a lui piaccia o meno) è appunto il Parlamento .
    Ammesso che capisca.


  • (---.---.---.28) 15 maggio 2013 16:39

    L’analisi presentata da Aldo Giannuli nella sua lettera a Grillo, si può solo condividere, i pro e i contro visti da ogni angolazione portano a considerare che la soluzione " IUS LOCI" rimane la più percorribile con minori costi, seguendo un percorso logico e con un minor impatto.


  • (---.---.---.95) 15 maggio 2013 21:47

    Ho apprezzato, egregio Sig.Giannuli, la sua misura nell’analisi della situazione, e la sua onesta esposizione. Tuttavia mi permetterei di farle modestamente notare alcune falle nei suoi ragionamenti.

    1. Intanto lei ha completamente trascurato l’aspetto etnico, che è un elemento fondamentale dell’identità di un popolo. Tabù forse? E perchè dovrebbe esserlo, per timore di razzismo o di accostamenti al nazismo? Liberiamocene se siamo di mente aperta ed equilibrata. Se il nazismo, questa mostruosità, non fosse esistito, oggi si parlerebbe tranquillamente di tali temi senza paure, sensi di colpa, o bisogno di autopunizione (che è ciò di cui siamo vittime e che ci sta distruggendo). Parlare di razze ed etnie non è nè proibito nè negativo, in sè, e se è vero che una comunità tanto più è tale qanto più i suoi componenti hanno cose in comune (sta proprio nell’essenza della parola), si deve riconoscere che l’elemento etnico è fondamentale e dovrebbe anch’esso essere preservato.

    2. Nel finale lei fa una considerazione di carattere elettorale, ma le pare onesto che un uomo di idee, una persona eccezionale sulla cui, diciamo così, "ideologia" è nato dal nulla un Movimento, debba e possa piegarsi, e rinunciare al suo pensiero, per timore di perdere voti, o di votare allo stesso modo di altri partiti "non simpatici"? Le pare che il pensiero di un uomo straordinario come Grillo, come ce ne sono pochi, debba così soggiacere a strategie elettorali e a calcoli opportunistici? Le pare che ciò faccia parte del contenuto rivoluzionario del Movimento che lui ha creato, basato sui valori della franchezza e della verità nel rapporto tra rappresentati e rappresentanti?!

    3. La sua frase "persone che, ci piaccia o no, ormai sono italiani come noi." Le riconosco l’apertura alla possibilità che ciò non ci piaccia, e questo è già una rarità, e ulteriore motivo da parte mia di stima nei suoi confronti. In effetti non ci piace affatto osservare il nostro popolo scomparire, sostituito in un attimo di storia da un non-popolo multitutto e indistinguibile da qualsiasi altro europeo, un altro popolo "americano", il "popolo unico" uguale dappertutto, una massa di individui sempre più slegata e senza comunità, cui ci hanno drammaticamente condannato a trasformarci. Non ci piace constatare che stiamo assistendo alla fine del popolo italiano. Dobbiamo, "che ci piaccia o no" accettare questa terribile sorte senza batter ciglio?! No, Sig.Giannuli, ciò che sta accadendo non ci piace, non ci piace affatto! E in che modo sfogherà questo nostro terribile dis-piacere nel vedere scomparire il nostro popolo, è difficile dirlo. Ma ciò che sta accadendo non ci piace! 

    4. Questi "immigrati", in realtà veri invasori del nostro paese, perchè si deve parlare di invasione quando una immissione di qualcosa in un altra distrugge quest’ultima, non sono e non saranno mai italiani, perchè non ci si immette dentro un popolo che è tale per storia comune e discendenza da secoli, in cui, se non la totalità delle persone, la stragrande maggioranza, sono discendenti dei loro padri italiani e dei loro nonni italiani e dei loro bisnonni italiani e così via, pensando di poterne far parte solo per il fatto di andare a vivere nella sua terra e patria. Non basta. Non basta vivere in uno stesso territorio per fare un popolo. Non basta andare a vivere a casa di altri per diventare membro della loro famiglia. Si è sempre un’estraneo. Questo prima o poi riemergerà, ed io temo drammaticamente. Il "nucleo estraneo", per usare la sua definizione, ci sarà sempre, anche senza metecìa, è l’obiettivo dell’"impero" del resto. Lo scopo che l’impero capitalistico globale vuole raggiungere attraverso questo fenomeno inaudito che ci sta costringendo a subire, da esso programmato voluto e sostenuto, è appunto, oltre a quello di avere abbondante manodopera a basso costo e pretese così da distruggere tutte le faticose conquiste dei nostri lavoratori, di disintegrare le comunità locali e nazionali per dominarle meglio.

    5. Io sono iscritto al M5S, l’ho votato, e sono totalmente d’accordo con le posizioni di Grillo sullo ius soli e sulla cosiddetta immigrazione (in realtà un’invasione come già evidenziato), e , mi creda, c’è molta più gente di quanto si immagini a pensarla come noi. E’ solo che sono repressi, additati, colpevolizzati, e dunque molti di loro hanno paura a rivelarsi, a esternare i loro pensieri, a tirar fuori ciò che hanno dentro. Ma sono tanti, molti di più di quanto si creda.

    Con stima, la saluto cordialmente.
    (con l’occasione mi permetto di suggerirle la Pagina FB "Di sinistra e antirazzista, ma contro l’invasione straniera": http://www.facebook.com/pages/Di-si...


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