Le idee sbagliate del professor Monti e del suo Governo
Mario Monti e il suo governo continuano ad instillare insicurezza negli italiani, rendendo più facili i licenziamenti e contribuendo in questo modo alla crisi della domanda interna (meno consumi, meno investimenti), mentre i sindacati gli ricordano che soltanto il lavoro ci può far uscire dalla palude della crisi
Durante l’intervista concessa dal premier Mario Monti al direttore e al fondatore di «Repubblica», Ezio De Mauro ed Eugenio Scalfari, egli ha, ad un certo punto, detto: «Devo andare al vertice europeo di fine giugno con la riforma del mercato del lavoro approvata». Secondo il premier italiano, soltanto in quel modo egli potrà dimostrare tutta la sua credibilità ai partner europei e incamminarsi, insieme a loro, sulla strada dei provvedimenti per la crescita.
Nella stessa giornata i sindacati Cgil, Cisl e Uil hanno accusato pesantemente il governo di non avere alcuna seria intenzione di invertire la rotta, con l’approvazione di un programma per il lavoro, vera questione cruciale dell’Italia di questi ultimi due anni. In effetti, le cose stanno esattamente così. Per solleticare la dottrina neoliberista imposta dai mercati e dagli intermediari finanziari, Mario Monti e la sua collega Elsa Fornero, stanno imponendo al Paese il principio per cui soltanto la “libera licenziabilità” può sviluppare tutte quelle energie in grado di promuovere lo sviluppo economico. È oramai un’idea che si è dimostrata disastrosa e le cifre crescenti sulla disoccupazione lo dimostrano. In Spagna, dove il governo di destra di Mariano Rajoy ha operato ancora più radicalmente rispetto al nostro sulla libera licenziabilità, la disoccupazione aumenta di giorno in giorno e il tasso degli investimenti industriali è in costante calo.
Ad aggravare questa situazione si aggiungono le norme, fortemente caldeggiate dalla Fornero, sulla libera licenziabilità degli statali, che potrebbero diventare operative entro poco tempo. Ciò di cui non si vogliono rendere conto i nostri professori bocconiani è che questo lavorare incessantemente sulla possibilità di aumentare le insicurezze degli italiani (e quella della possibile perdita del posto di lavoro è l’insicurezza principale) è esattamente quello che contribuisce in modo determinante ad acuire la crisi della domanda interna, che poi è il vero fattore del disastro economico, del quale l’attuale governo si disinteressa in modo totale. L’insicurezza sul proprio futuro a breve impedisce agli individui di compiere quegli acquisti che, in momenti normali, farebbero ed è così che essi cercano di accumulare risparmi in previsione di un possibile licenziamento, che i professori bocconiani ogni giorno gli ricordano, come il frate medievale rammentava a Massimo Troisi l’ineluttabilità della morte, tanto da indurlo ad appuntarselo per non dimenticarlo («Adesso me lo scrivo»).
Nessuna seria ricerca, nonostante le fanfaluche propagandate dai professori neoliberisti, ha fino ad ora dimostrato che la facilità di licenziare genera posti di lavoro e sviluppo, mentre è oramai una convinzione scientifica quella secondo cui soltanto il sostegno alla domanda aggregata spinge in alto gli investimenti e quindi i posti di lavoro. Ma questo genere di riflessioni non riscontra il credito che dovrebbe nelle istituzioni finanziarie mondiali perché i loro obiettivi a breve termine sono completamente diversi da quelli che i popoli europei auspicano e si riassumono nella necessità di controllare salari e stipendi mediante la creazione di un esercito di manodopera precaria, poco sindacalizzata e soprattutto poco costosa. I loro obiettivi si riassumono in poche parole: sostenere profitti e plusvalenze finanziarie, diminuendo pressione fiscale e regole normative. Insomma, un mondo più ingiusto.