giovedì 7 novembre 2013 - Aldo Funicelli

La visione antropologica del caso Cancellieri

Capita che gli interventi più interessanti, durante i talk show, provengano da non politici: come l'altra sera a Ballarò, dove a commentare la vicenda Ligresti-Cancellieri è stata invitata un'antropologa, la professoressa Amalia Signorelli.

Che ha dato una visione della vicenda non dal punto di vista giuridico o politico, ma per come viene percepita dal “popolino. Noi cittadini. Lo stile Cancellieri, pur comprendendo la sua amicizia, la sua empatia per una mamma in carcere, è uno stile “vecchio”, ben radicato nel nostro spirito: quello per cui se hai un problema non segui la via del diritto, delle procedure, che ti farebbero solo perdere tempo. No: alzi la cornetta e chiami l'amico, o l'amica, per chiedere un favore.

“Coi soldi e l'amicizia metti nel sacco la giustizia” si dice in Sicilia (forse anche in forma più volgare): questo è l'insegnamento che arriva ai cittadini dopo questa storia, che sappiamo già come andrà a finire. Il ministro è una pedina importante delle larghe intese e dunque finirà tutto a tarallucci e vino (per usare un'altra espressione popolare).

Non importa che poi la scarcerazione sia passata per scelta (autonoma) dei magistrati. Che ci siano stati altri 110 casi. Che di penale non ci sia niente. Che la compagna di Ligresti non fosse indagata. 
Il ruolo del ministro non è quello di fare opere buone, specie a persone di una famiglia sotto inchiesta per una brutta storia di capitalismo italico: il suo ruolo è far funzionare la giustizia facendo leggi nell'interesse generale. Faccia svuotare le carceri agendo sulle leggi che li intasano, come la Fini Giovanardi, o si costruiscano nuove carceri (o quelle già costruite ma mai utilizzate). Ma non ci faccia la lezioncina di morale su umanità e amicizia.

Altrimenti dovremmo parlare dei migranti che sono costretti per mesi nei centri di identificazione. Dei tanti Cucchi che, finiti in carcere, non hanno trovato nessuno che provasse empatia per loro.
Con quelle telefonate si minano le istituzioni, la loro credibilità: quanto saranno credibili d'ora in avanti i suoi atti? Ora, il PDL che la sta difendendo lo fa per un interesse personale, per scagionare il caro leader condannato a 7 anni per la telefonata alla Questura di Milano per far uscire Ruby (la nipote di Mubarak...).

Non so quanto ci sia in comune nei due casi, ma sappiamo una cosa: sono espressioni di quel potere “antico, quello raccontato dalla professoressa che si occupa di antropologia. Un potere che si crede superiori alle leggi, pure un pochetto arrogante.



1 réactions


  • (---.---.---.186) 7 novembre 2013 19:40

    Tempismo >

    Chi ha sperimentato le pastoie burocratiche del sistema pubblico sa bene quanto giovano certe telefonate, anche di semplice “attenzione”. Specie se fatte da posizioni di vertice/comando.
    Lo stesso dicasi per il sistema carcerario dove ogni giorno si moltiplicano casi di “incompatibilità” con la condizione detentiva che restano in ombra, fino a sfociare in tragedia.
    Ciò premesso.

    Stando al Ministro della Giustizia Cancellieri la telefonata a favore di Giulia Ligresti è stato un gesto di “solidarietà umana”. Anzi un “intervento umanitario assolutamente doveroso” al punto che, se non fatto, “sarebbe venuta meno ai suoi doveri d’ufficio”.

    Per certo fa parte dei compiti di un Ministro esaminare le “segnalazioni” ricevute “in un colloquio con l’amministrazione penitenziaria”.
    Iniziativa ben diversa è quella di telefonare come “amica dei Ligresti” e “sensibilizzare” tutti e due i vice-Capi del Dap precisando di essere “molto preoccupata” per il timore di possibili “gesti disperati".
    In realtà la Ligresti soffre di un’accentuata forma di inappetenza di origine psicofisica.

    Ancora.
    La Cancellieri ha tenuto a far notare che la telefonata (intercettata) è avvenuta 5 giorni dopo che il “caso” era stato segnalato dal medico alla Procura. E’ altresì vero che appena 2 settimane dopo il Giudice inviava la Ligresti agli arresti domiciliari.
    Una “tempestività” riconosciuta ed apprezzata perfino dagli avvocati dell’interessata.

    Appendice. La forma “imperativa” non è l’unica espressione sintomatica di un Dossier Arroganza


Lasciare un commento