mercoledì 29 agosto 2012 - Antonello Laiso

La sentenza della Corte europea mette un’ombra sulla legge 40

La Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo con una recente sentenza ha gettato un'ombra su normativa regolamentata dalla legge 40 inerente la procreazione assistita.

Una coppia affetta da fibrosi cistica ed a cui era stato impedito di fare una diagnosi embrionale preimpianto si è vista riconoscere quel diritto negato da una legge o da qualche religione.
 
Un diritto che si rendeva necessario a tutela del futuro nascituro oltre che imperniato su quell'adeguatezza che la scienza diligentemente, con la sua tecnologia, è in grado di offrire al fine di migliorare la salute stessa e la qualità di una vita umana come conseguenziale condizione di vita.
 
Rinunciare ad un diritto che l'evoluzione scientifica del nostro pianeta è in grado di offrire ovvero il diritto alla salute prima che si nasca non può andare nella direzione né di misericordia né in quella di leggi o codici, ma solo di non buon senso.
 
Il buon senso che ha prevalso, determinando la sentenza in favore della coppia in questione.
 
La saggia sentenza della Corte Europea sulla Legge 40 rimette in discussione quanto già da molti criticato ed in procinto, almeno nell'intenzione, di modifica. Il diritto di un essere umano deve necessariamente andare in quella direzione di tutela a quella che è una vita non composta esclusivamente di anima e spirito. Le interferenze politiche o non dettate da un proibizionismo su tali questioni rappresentano una privazione del nostro benessere oltre che a quello di un progresso scientifico creato per una tutela in questione.
 
Qualche volte come nel caso in questione bisogna infrangere qualche regola per aggiustare le cose.


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