venerdì 17 giugno 2016 - angelo umana

La pazza gioia, di Paolo Virzì

Gioia pazza in questo film si direbbe quella che avviene all’interno della toscana casa di cura Villa Biondi, per pazienti psichiatriche, l’aria è giocosa, c’è solidarietà, e la villa sulle colline toscane è un posto ameno. Fuori di lì, nel mondo “normale” dove le due novelle Thelma e Louise (Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti) fuggono per qualche giorno di libertà, c’è tristezza, decadenza, violenza. Valeria - che cita le toghe rosse e un non tanto fantomatico presidente (dev’essere famoso date le anteriori nobili frequentazioni di Valeria, si presume ex pres. del Consiglio), cita pure l’Italia allo sbando - rivede la casa sul mare dove abitava e la servitù, la sua passata nobiltà con ospiti che non sembrano granché gioire della vita che fanno, tra le mollezze da nuovi ricchi.

Non solo, ed è forse una citazione del regista e di Francesca Archibugi che ha collaborato alla scrittura, Valeria ritrova la madre a cui tocca affittar la nostra casa al cinema italiano, in una villa dove si gira un film. Micaela invece va a cercare il suo ex amato con cui ha avuto un figlio, ex amato causa dei suoi guai.

Dicono le due che stanno cercando un po’ di felicità col vento in faccia, ma quell’uscita servirà solo a scoprirsi amiche e tornare nel ventre protetto della casa di cura. La fuga copre la più parte dei 118 minuti del film, questo tratto del film appare un pò troppo pieno di trovate che ne fanno una commedia e banalizzano un po’ il film. Sono solo le confessioni finali tra le due nuove amiche su una panchina di Camaiore a rivelare il senso della loro presunta “pazzia”. Sono in realtà due “rifiutI” dalla società, creature scomode, difficili da gestire, che bisogna appartare dalla vista e che non tornino a disturbare le comodità della società moderna, che del resto non è così serena e divertita. Una fuga o voglia di libertà che ricorda in parte quella di Qualcuno volò sul nido del cuculo, finisce meno tragicamente ma non ha la stessa intensità del film di Milos Forman.

Paolo Virzì però non fa mai opere banali e che il film sia commedia o dramma poco importa, egli stesso in un’intervista dice che i confini tra le due sfere sono labili. Il valore del film risiede anche nella biografia del regista, che vide sua madre Franca impazzire quando lui aveva la tenera età di cinque anni: essa è raffigurata in Valeria, “spudorata mitomane eccessiva”, così l’intervista. Diverso è il personaggio di Micaela, nata triste e che piangeva tanto da bambina, una persona aggredita dal “mondo più folle di loro” (dall’intervista).



3 réactions


  • angelo umana angelo umana (---.---.---.179) 18 giugno 2016 08:55

    quante volte è riportata la parola "film": maldita foga di raccontare!


  • Orlando (---.---.---.0) 5 giugno 2019 17:15

    Francamente il paragone con Forman e il nido del cuculo non mi era venuto in mente, e con tutta la simpatia per Virzi’ , direi che è blasfemo!


  • Angelo Umana (---.---.---.100) 5 giugno 2019 17:22

    Lungi da me il voler peccare di blasfemia, a meno che non si tratti di religioni. Il piccolo mondo di queste case o ospedali che ospitano il disagio mentale mi fece pensare al "cuculo".


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