martedì 11 marzo 2014 - alfadixit

La nostra grande bellezza

Il film di Sorrentino è lo specchio fedele della società moderna, un ballo in maschera polveroso e vuoto.

Devo dirvi la verità: a me il film è piaciuto, e molto anche. Sarà forse l’atmosfera decadente e bellissima della città eterna, o forse la fotografia patinata, sognante, quasi sacrale, o ancora la superba interpretazione del “vecchio” Servillo. Sta di fatto che il malinconico declino di cui è intrisa la pellicola, con quell’intrigante pizzico di contaminazione felliniana, avvolge, conquista, si lascia coltivare dall’intimità più recondita dell’animo umano.

Perché dentro le caricature di quegli pseudo intellettuali c’è solo il nulla più assoluto. Personaggi prepotentemente soli si aggirano dentro le loro vite fatte di copioni preconfezionati esibiti a bella posta per lenire il disagio di menti pigre, assuefatte, maschere che guardano impotenti, quasi con distacco, il passare irreparabile del tempo, guardano i sogni, gli amori, i fugaci sprazzi di vita che nello spazio di un soffio volano via, come aironi, senza poterli neppure sfiorare.

Questa l’ineluttabile condizione della maschera, una protesi per coprire le meschinità e le bassezze esistenziali, ebbene quella maschera ci appartiene, è di tutti noi, nessuno escluso. Ci potete trovare a milioni nei club intitolati a Jep Gambardella, famelici, assetati di mondanità, di happy hours, degli ultimi cascami della moda, di auto di lusso, nascosti dietro avatar di circostanza siamo uno, nessuno, centomila, consumiamo ipad e personal computer fra vuoti a perdere sentimentali e scorie di vita.

Tutto è maschera nella società dell’immagine, tutto è rappresentazione, un teatro per solitudini di massa consacrate dai riti tecnologici del virtuale, dove tutto il resto si sa, è noia.

 

 



1 réactions


  • (---.---.---.180) 11 marzo 2014 14:17

    bell’articolo, .. su cui riflettere.


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