giovedì 19 febbraio 2009 - Damiano Mazzotti

La macchina delle bugie: tv, stampa e Saviano


Il regista e giornalista Loris Mazzetti (uno dei tanti sospesi dalla politica della Rai) è stato un collaboratore di Enzo Biagi e nel suo libro “La macchina delle bugie” (www.bur.eu, novembre 2008) ha raccontato l’Italia di ieri e di oggi: quella inventata, manipolata e negata dai poteri politicizzati dei media.

Loris Mazzetti racconta le sue esperienze dentro la macchina delle bugie e testimonia contro la Telecrazia e il Teleregime: una macchina così perfetta che il cittadino, se non utilizza più fonti per informarsi, non se ne accorge. La tv serve a creare consenso, a formare l’opinione pubblica. Se una notizia non viene raccontata dalla televisione non esiste, se viene deformata o usata per secondi fini, è “bruciata” (Mazzetti, p. 24).

Ad esempio “una delle abituali tecniche di distrazione di massa è il cosiddetto “montaggio a panino” del pastone politico, per il quale tanto è stato criticato a suo tempo il Tg1 di Clemente Mimun. Il servizio viene montato così: prima la parola al governo, poi all’opposizione, conclusioni affidate alla maggioranza. Risultato finale: due a uno, con la minoranza in mezzo, strategicamente schiacciata… si ricorda sempre di più il concetto che viene espresso alla fine” (Mazzetti, p. 55). “Le logiche di partito vincono su tutto e in politica il pluralismo non esiste più, ed è stato sostituito dalla necessità di “arraffare” il più possibile per impadronirsi del potere mediatico e mantenerlo attraverso l’inserimento di propri uomini all’interno della televisione pubblica. Ciò è indispensabile per garantire il flusso comunicativo con gli elettori, più importante delle proposte elettorali” (Mazzetti, p. 47).

Quindi per conservare il potere bisogna eliminare i programmi degli indesiderabili: dopo quello che disse Berlusconi in Bulgaria, Biagi si offese più dell’editto bulgaro (il suo allontanamento dalla Rai insieme a Santoro e Luttazzi). Disse a Mazzetti: “Non voglio discutere le idee di Berlusconi, contesto l’uomo perché è bugiardo” (p. 30). E prendiamo le parole pronunciate da un politico a caso a riguardo dei “fatti bulgari”: “Sbagliai a non difenderlo? Può darsi, ma so che nei cinque anni in cui ho fatto il presidente della Camera ho servito l’Italia e non me ne sono servito e, anche nei confronti del governo, ho sempre difeso il Parlamento” (Pier Ferdinando Casini che si autoaffonda da solo).

Ma come ha detto Tina Anselmi, che è stata presidente della Commissione parlamentare sulla P2, “la verità possono cercarla solo quelli che hanno la capacità di sopportarla” e “quando un Paese non vive della trasparenza delle istituzioni è un Paese che rischia la condanna di non essere democratico e di avere il cittadino senza potere”. E “Fin quando un solo cittadino si sentirà inutile quel paese non avrà democrazia” (J. F. Kennedy).

Però l’indipendenza di Biagi non poteva essere messa in discussione. Enzo ci diceva sempre: “Possiamo avere degli amici, ma il nostro programma non è amico di nessuno” (Mazzetti, p. 42). Durante un’intervista a Gianni Agnelli, Biagi disse: “Mi sento deluso dal governo dell’Ulivo. “Per essere delusi bisogna essersi illusi” rispose l’Avvocato. Comunque, per quanto riguarda Enzo Biagi e “l’editto bulgaro”, a forza di essere negato si sta auto consumando, perché la maggior parte dei giornalisti Rai non si è sentita coinvolta. Una vicenda del genere in America, avrebbe portato tutti a scioperare, anche i giornali più reazionari: “Oggi è capitato a loro domani può accadere a me”. Da noi non accade nulla. Ed è qui la forza di Berlusconi (Mazzetti, p. 85).

A proposito di Berlusconi: nel libro c’è una sintesi della sua vita e della sua angosciante influenza sull’Italia (fino agli attuali rapporti e antagonismi tra Rai, Mediaset e Sky). E questa deprimente sceneggiata nazionale ha originato la peggiore sottocultura italiana di oggi: quella che rientra nel Pornosentimentalismo e nel Pettegolesimo dilagante di tipo Costanziano e Defilippiano. La Tv non è più l’acqua potabile e frizzante che ognuno di noi vorrebbe avere nelle proprie case (Biagi), è un’acqua inquinata contenente rincoglioina.

Sottovalutare la produzione culturale è un atto di autolesionismo da parte di chi vuole una maturazione politica dei cittadini. La buona “cultura di massa, infatti, viene prodotta prevalentemente da un buon varietà, da un certo tipo di film, da un puntuale approfondimento e soprattutto, cosa che non accade da anni, da una sana fiction” (Mazzetti, p. 228). Sarebbe molto utile ricordare che per avere una vera democrazia il liberalismo deve essere totale e ci deve essere una piena separazione dei poteri: separazione del potere politico dal potere economico, del potere politico ed economico dal potere religioso e da quello culturale (Michael Walzer). Berlusconi concentra ben tre poteri e quello religioso oggigiorno in Europa, non serve quasi a niente… Fortunatamente…

E adesso veniamo alla gradita sorpresa dell’intervista a Roberto Saviano che riporta una frase del generale Dalla Chiesa: “Lo Stato dia come diritto ciò che le mafie danno come favore”. “E’ una frase fondamentale, perché è la prima cosa che le mafie fanno, oggi anche ad altissimo livello… Il racket è una fornitura di servizi ineccepibile, pagarlo in molte realtà significa che i camion ti arrivano puntuali, che le banche ti aiutano” (Saviano). Che incalza: “Si. Alla fine tutti i media si accorgono delle mafie esclusivamente quando ci sono gravi attentati, molti morti, due giorni in prima pagina poi il silenzio… Le mafie hanno ucciso 10.000 persone, una cifra maggiore dei morti della striscia di Gaza… Le mafie hanno ucciso più di qualsiasi organizzazione terroristica. Da noi il terrorismo, durante gli anni di piombo, ha fatto 600 morti, quanti due anni a Napoli”. E alla domanda di Mazzetti sui suoi dubbi risponde: “Non credo affatto che chi mi difende oggi mi difenderà anche domani se dovesse succedere qualcosa alla mia reputazione. Quello che sto per dirti è quasi inconfessabile. Vivo, come molti magistrati che si occupano di criminalità organizzata, nel terrore della distruzione della mia immagine attraverso la diffamazione. Sono sicuro che è il primo obiettivo di certi poteri, anche se non direttamente legati al mondo criminale. Avere visibilità, essere credibile, diventare un punto di riferimento, significa bruciare decine di cronisti che lavorano da anni, significa mettere in ombra decine di inquirenti, non c’è solo l’interesse dei clan a fotterti, ma anche di chi, invece di sentirsi rappresentato da te, si sente messo in ombra. Questa alleanza che si può creare indirettamente, ha come obiettivo quello di distruggere l’immagine, inventandosi cose su di me, sfruttando momenti di contraddizione”. Ma per fortuna “ultimamente mi capita che durante gli incontri pubblici, i genitori mi chiedono di prendere in braccio i bambini, una scena che ho visto fare solo al Presidente, al papa, me li fanno toccare e poi mi fanno la foto col bambino. Questo è incredibile”.

Saviano ha basato la scrittura del romanzo “Gomorra” sui principi di Truman Capote: un libro deve avere la verità dell’inchiesta, la leggibilità del romanzo e l’indignazione della poesia. Era giustamente convinto che le sue storie così raccontate avrebbero potuto fare il giro del mondo.

Nell’illuminante intervista al magistrato Raffaele Cantone viene espresso questo giudizio sul film Gomorra: “Il film è efficacissimo quando parla di Secondigliano. Secondigliano, però, è solo una piccola parte di Napoli. La città non è così: c’è anche una borghesia operosa, intellettuale. Tutto questo scompare, Secondigliano diventa Napoli. E questo è sbagliato. La paura di dare sempre e soltanto l’immagine del negativo fa sì che di certi fenomeni se ne parli sempre meno… sarebbe necessario aggiungere anche tutto quello che di buono c’è a Napoli. Cosa che, invece, fa il libro di Saviano che ha un respiro molto più ampio” (p. 285). Cantone ci ricorda poi che esistono tante forme diverse di camorra e di criminalità organizzata.

Comunque tutti gli imbrogli vivono della loro segretezza. Però anche se portati alla luce del giorno prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La loro divulgazione di per sé non è sufficiente, ma è l’unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri (Joseph Pulitzer). Purtroppo “Cosa Nostra ha la forza di una Chiesa e le sue azioni sono frutto di una ideologia e di una subcultura (Giovanni Falcone, p. 279).

Ricordo infine il contributo di Domenico d’Amati e della sua rivista on line “Legge e Giustizia”, che ha riportato le varie sentenze internazionali e nazionali che ribadiscono la massima libertà di opinione e di informazione dei cittadini e dei giornalisti: “la stampa deve poter attaccare gli uomini politici, gli uomini pubblici, anche usando termini pesanti e non è democratico reagire a questi attacchi con querele (sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti). I giornali e i giornalisti sono i cani da guardia della democrazia e delle istituzioni e devono fare il loro lavoro con la massima e possibile ampiezza (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo). “I giornali devono fare i cani da guardia anche nei confronti della magistratura e anche la magistratura può ricevere questi morsi, se li merita” (Corte di Cassazione, 21-02-2007). “La libertà di espressione e di critica, garantita dall’articolo 21 della Costituzione, costituisce uno dei cardini della Democrazia ed è uno dei più potenti fattori dello sviluppo culturale dei cittadini italiani; quando essa poi si rivolge a strutture che operano in un delicato settore pubblico, la critica costituisce uno strumento di controllo democratico indispensabile. Alla critica dura e aspra si deve rispondere con argomenti e con i comportamenti, ma non con querele per fatti e parole, che legittimamente non si condividono, ma che non hanno alcun rilievo penale” (sentenza della Corte di Cassazione italiana emessa il 15 maggio 2008).

Come riportato da Loris Mazzetti e come affermato da Gaetano Salvemini a riguardo del lavoro degli storici, “anche a noi giornalisti non è giusto domandare d’essere obiettivi e di restare al di sopra della mischia: anche a noi si può, si deve, soltanto chiedere di essere onesti” (Giampaolo Pansa, p.251).

 

P.S. Un uomo fa quello che è suo dovere fare, quali che siano le conseguenze personali, gli ostacoli, i pericoli o le pressioni, questa è la base di tutta la moralità umana. J. F. Kennedy



3 réactions


  • Fedro (---.---.---.14) 19 febbraio 2009 15:28

    Gentile Mazzotti,
    condivido il contenuto del suo articolo.
    Mi permetta solo una considerazione, del tutto personale ed opinabile.
    Troppe citazioni.
    Comunque il suo è stato un bel lavoro.


  • Damiano Mazzotti (---.---.---.155) 19 febbraio 2009 17:07

    Lo so... Troppe citazioni possono disturbare... Ma per me la comunicazione è un cosa molto delicata e non voglio correre il rischio di confondere o travisare le cose.... quando una cosa è ben detta è giusto lasciarla così com’è.... con ogni singola sfumatura che l’autore inconsciamente ha lasciato....


  • francesca cenerelli (---.---.---.60) 23 febbraio 2009 10:38

    Le citazioni possono essere la calce, il cemento per consolidare concetti.

     Possono essere e sono l’immortalità e l’eternità dell’Uomo, quella vera, a sostituire la fasulla illusione attuale di allungarsi materialmente a tutti i costi nella vita biologica.

    Le citazioni sono la memoria, il respiro, la saliva, di tutti e di nessuno libere di circolare di mente in mente e di bocca in bocca.

    Metterle insieme in questo pezzo per me è stato avvertire come un pulviscolo universale, quello che ci circonda e che molto spesso passa inosservato.


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