mercoledì 23 aprile - Enrico Campofreda

La macchia di papa Francesco

“Avremmo dovuto vederci ancora, ma purtroppo non è stato possibile” dice la novantaquattrenne scrittrice e poetessa e giornalista ungherese Edith Bruck che da tempo ha fatto dell’Italia il luogo dove vivere e la lingua, non solo letteraria, con cui parlare.

Il personaggio del mancato reincontro è papa Francesco e l’intervistatrice, che su La Repubblica ne raccoglie pensieri e lacrime per la scomparsa avvenuta nel Lunedì pasquale, l’interroga sul filo dell’abbraccio di quattro anni or sono definito dalla Bruck di “zucchero filato”. Sicuramente non solo come metafora del candido abito talare del suo ospite. I ricordi di quei dialoghi si rincorrono vivissimi e ribadiscono un papa quasi laico, poco propenso a imporre preghiere, che la Bruck bambina angosciata nel lager di Auschwitz, quindi adulta e scampata allo sterminio nazista ma non al perpetuo dolore della Shoah, non praticava e non attua. Di quel colloquio privato rimane alla scrittrice lo stupore della delicatezza con cui Francesco non imponesse l’idea di Dio (“Dio è una ricerca continua, va cercato e non sappiamo dov’è”) questo lei rammenta d’aver sentito. E ancora rievoca la richiesta di perdono papale per il millennio di persecuzioni e conversioni forzate imposte dalla Chiesa cattolica agli ebrei, e dell’antisemitismo che ne consegue tuttora. La giornalista l’incalza: Ancor oggi? “Francesco no, la Chiesa sì. Anche se io penso, e sono stata l’unica a dirlo, che abbia sbagliato quando ha parlato di un genocidio a Gaza”. “Bisogna capire che il genocidio è un’altra cosa: significa mettersi a tavolino medici, scienziati, e dire: con i capelli riempiamo le fodere, col grasso facciamo il sapone. Paragonare qualsiasi tragedia alla Shoah significa appiattire, diminuire, banalizzare una storia che non ha eguali”. Ecco. Anche per le menti più lucide dell’ebraismo, l’unico genocidio è quello subìto dalla sua gente. Millenni di Storia che raccontano altri terribili Olocausti non sono contemplabili né paragonabili al proprio. L’unico. Il solo che si erge e primeggia sulle sofferenze di chiunque altro. Figurarsi se un popolo che l’ha subìto sulla viva carne possa meditare sulle attuali nefandezze d’un governo che lo rappresenta. Impossibile, è un’eresia. E’ quell’antisemitismo che anche Edith Bruck richiama per non voler vedere l’ennesimo genocidio, stavolta perpetrato a Gaza. Per la scrittrice papa Francesco può riposare in pace, ma non ha fatto abbastanza per l’antisemitismo.

Enrico Campofreda

Foto Wikimedia




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