venerdì 18 novembre 2011 - domenico

La lingua italiana e la "galleria degli orrori"

Non penso che essere ignorante sia una colpa. Semmai, è colpa della società se esiste l’ignoranza. Doverosa precisazione: con il termine ignorante non si intende una persona poco intelligente, secondo un’accezione offensiva ma largamente diffusa, bensì “colui che ignora”, cioè “che non sa”, per i più svariati motivi.

Eppure è inevitabile un moto di irritazione alla lettura di alcune bestemmie ortografiche e sintattiche. Mi rendo conto che, a volte, è la fretta che genera questi mostri. Per esempio, quando si scrive un sms. In questi casi, l’indulgenza è scontata. Come nei confronti di chi ha passato troppo poco tempo a scuola e non ostenta certificati di laurea incorniciati in legno pregiato. Per gli altri, però, non c’è giustificazione che tenga.

La galleria degli orrori inizia da è, c’è, ce n’è e ce ne sono. Un metodo infallibile per non cadere in errore, appreso alle elementari, che consiste nel trasformare il tempo del verbo da presente a imperfetto. Se la frase continua ad avere un senso, ci vogliono accento e apostrofo. Accorgimento valido anche per a con (verbo avere) o senza h (preposizione semplice).

Altra lezione senza tempo, uno/una seguiti da aggettivi o nomi che iniziano per vocale. Se il genere è femminile (un’altra, un’anatra), ci vuole l’apostrofo; altrimenti no (un altro, un uomo). Fa, va e sta non vanno accentati (fa caldo, va bene, sta in cantina), trattandosi di presente indicativo. Nella forma imperativa, invece, subiscono l’elisione, per cui richiedono l’apostrofo: fa’ presto, va’ dove ti porta il cuore, sta’ attento. Un po’ e be’ sono le forme tronche di poco e bene. Un si fa prima a scriverlo, ma fa anche venire l’orticaria. , prendendo in prestito l’ironia di Beppe Severgnini, “è un belato” (L’italiano. Lezioni semiserie).

Qual è non vuole l’apostrofo: è un troncamento (o apocope vocalica), non un’elisione. , , perché, affinché vogliono l’accento acuto; è, cioè, caffè quello grave. Per non rischiare di diventare insopportabile, non prendo in considerazione le coltellate inferte alla consecutio temporum, né il condizionale utilizzato in luogo del congiuntivo, che provoca lo stesso effetto di un’unghiata sulla lavagna. Dico solo che una riforma universitaria seria, a questo punto, dovrebbe prevedere un esame finale molto semplice: il dettato. Ci sarebbe da ridere. O da piangere.

Due raccomandazioni finali. La prima: nell’esposizione di un pensiero, è fondamentale riuscire a farsi comprendere. L’ansia di dire tutto in un unico periodo può giocare brutti scherzi. Da evitare, pertanto, frasi chilometriche infarcite di subordinate. Maratone in grado di fare alzare bandiera bianca anche ai podisti più resistenti.

La seconda: la punteggiatura non è un orpello superfluo. Punto, virgola, due punti, punto e virgola, trattini, parentesi sono il respiro stesso della pagina, gli strumenti che danno il ritmo alle parole. A patto di non esagerare, come accade di frequente con il punto esclamativo e con i puntini sospensivi, una tendenza dovuta all’irruzione del linguaggio non verbale nei nuovi sistemi di comunicazione. Non a caso, proprio i segni di interpunzione sostituiscono le “faccine” (emoticon) utilizzate nelle chat o negli sms.



8 réactions


  • (---.---.---.103) 18 novembre 2011 10:09

    continua, è interessante.


  • Truman Burbank Truman Burbank (---.---.---.251) 18 novembre 2011 15:38

    Vorrei aggiungere una raccomandazione: l’uso massiccio di grassetti e corsivi dà un tono didattico ad un testo, come se si volesse dire "studiate bene queste note".
    L’effetto finale può essere di apparire maestrini pedanti e far scappare via i lettori.
    Un sito web può forse essere più efficace limitando l’uso di tali formattazioni di testo, in modo da lasciare il tutto più scorrevole.
    Tanto chi è interessato a studiare con attenzione può sempre fare un copia e incolla in un proprio documento dove evidenzierà a modo suo. Senza dimenticare le stampanti, che consentono di riportare su carta un testo interessante, che potrà essere sottolineato ed evidenziato a piacere.


  • domenico domenico (---.---.---.134) 18 novembre 2011 16:20

    @truman concordo.

    In effetti forse era già pesante il mio testo, che conteneva i corsivi. Ma avevo la necessità di distinguere in qualche modo i casi portati ad esempio. L’alternativa sarebbe stata l’uso delle virgolette, ma credo che l’effetto sarebbe stato simile. In più, la redazione ha aggiunto l’uso del grassetto che può produrre nei lettori la reazione di cui parli nel tuo commento. Giuro che non volevo apparire snob!


  • illupodeicieli (---.---.---.198) 18 novembre 2011 18:58

    Mi manca il mio professore delle scuole medie: gli avrei mostrato i miei post prima di pubblicarli. In effetti prima di copiare in bella copia ci la brutta , da far correggere. Ma chi si presterebbe a una simile tortura o pena? Parlo dei miei post e non generalizzo.


  • (---.---.---.43) 5 febbraio 2012 09:00

    Caro Domenico, è tutta colpa della scuola elementare. Quando uno studente arriva alla scuola media è molto difficile correggerlo. A parte i rari casi di disgrafici e dislessici, c’è tutta una serie di studenti che scrivono la la a come la o e non sono mai stati corretti. Per non parlare della w.

    E alle medie? A parte gli insegnanti di lingue, gli altri continuano a non correggerli.

    Uno sguardo ai Registri, poi, è opportuno per scoprire che parecchi insegnanti scrivono in modo molto approssimativo ed al limite della comprensione.


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