giovedì 10 maggio 2018 - Gerardo Lisco

La governabilità tra protesta del Mezzogiorno e conservatorismo toscopadano

A due mesi dalle elezioni politiche il Presidente Mattarella si appresta a dare l’incarico ad una personalità terza che si presenterà in Parlamento a chiedere la fiducia facendo appello a tutte le forze politiche per far fronte alle emergenza che assillano il Paese. Il Presidente Mattarella parla di Governo equidistante ed è invece l’ennesimo Governo trasformista funzionale all’establishment. 

 

Ho sempre pensato che tanto un governo M5S e Lega quanto uno M5S e PD non fossero possibili. A parte le antipatie e le ambizioni personali che dividono Salvini, Renzi e Di Maio le differenze sono molto più complesse e profonde. Che sia così lo dichiara lo stesso Di Maio nell’intervista rilasciata all’Annunziata nella quale, dopo aver fatto l’offerta a Salvini di un Presidente del Consiglio terzo, conclude che M5S e Lega restano alternativi. A renderli alternativi sono gli elettorati e i territori di riferimento.

Salvini pur avendo trasformato la Lega Nord in Nazionale continua a rappresentare gli interessi di quella parte dell’Italia che rivendica la propria affinità più con la Mitteleuropa che con il Mezzogiorno che considera una palla al piede; di contro il M5S ha un radicamento sociale e territoriale prevalentemente meridionale. Non è un caso che le proposte qualificanti di Lega e M5S sono rispettivamente: flat tax e reddito di cittadinanza entrambe rivolte ai territori che rappresentano. La scelta che ha spinto Salvini a trasformare la Lega da Nord in Nazionale è dovuta alla necessità che ha di riequilibrare il peso politico di leader forti quali Maroni e Zaia che di fatto ridimensionano il suo ruolo di guida politica della Padania. Ricordo a tutti l’intervista di Maroni rilasciata all’Annunziata quando senza mezzi termini ha minacciato la scissione sostenendo che i rapporti con Forza Italia sono tali da rendere impossibile un governo sostenuto dalla sola alleanza Lega M5S.

Per comprendere fino in fondo il contesto bisogna cambiare prospettiva. L’Italia, con la nascita dell’U.E., è tornata ad essere solo un’ espressione geografica nel cui ambito ricadono macro aree sempre più spesso a cavallo dei confini politici che un tempo delimitavano i vari Stati nazionali e che oggi sono solo confini amministrativi tra macro regioni europee. L’Europa a più velocità è un dato di fatto e non segue i confini dei singoli Stati nazionali ma i macro sistemi economici regionali.

A capire questo dato ci aiutano alcuni indicatori quali livello della distribuzione del reddito, della ricchezza, dell’occupazione, della disoccupazione, crescita del PIL, livello dell’export. Ebbene se compariamo i dati che ho richiamato relativi all’area geografica toscopadana con quelli delle aree più avanzate dell’ U.E. e li raffrontiamo con quelli del Mezzogiorno scopriamo una realtà molto diversa da quella descritta dai media. Il dato che emerge è che l’Italia come Stato unitario non esiste più. La nascita dell’Unione Economica e monetaria ha portato mutamenti tali che hanno destrutturato l’Italia. L’area toscopadana presenta indici uguali a quelli delle regioni più sviluppate dell’Unione Europea. Il Sole 24 ore del 14 aprile 2017 ha pubblicato una interessante cartina con l’indicazione delle Regioni più ricche e più povere dell’U.E. Da quella cartina, prendendo a riferimento le regioni U.E. che si collocano al di sopra del PIL medio per cittadino pari a € 28.900,00, si evince che l’area che comprende i Lander della ex DDR e le regioni italiane del blocco toscopadano, con un Pil pro capite superiore a € 30.000,00, formano la spina dorsale dell’Unione Europea. L’area geopolitica interessata ricorda il Sacro Romano Impero degli Ottoni a cavallo dell’anno 1000. La lettura della cartina mi richiama in mente un articolo di Angelo Bolaffi dal titolo “ E se nascesse germalia?’”apparso su Limes del 3 marzo 1995. Scriveva Bolaffi << L’Italia deve evitare di scegliere fra Germania e Francia. L’ipotesi di un super Stato francotedesco non ci conviene. Ma la caduta del Muro favorisce il nostro collegamento con la nuova Bundesrepublik . Soprattutto, vincola il nostro Nord-Est alla RFG>>. Dal 1995 ad oggi è passato un quarto di secolo e la scelta fatta dal sistema produttivo del Nord Est appare chiara. Guido Geroni in un articolo apparso sul Sole 24 ore del 15 febbraio 2011 dal titolo “ Il modello tedesco ispira le imprese del nord-est” analizzava i legami tra il sistema produttivo del nord est e quello tedesco e di come venisse preso a riferimento dall’imprenditoria padana. I dati dell’export riferiti al 2015, riportati dalla testata giornalistica Il Giornale delle piccole e PMI, confermano i legami esistenti tra il sistema produttivo padano e la Germania. Secondo il WTO l’Italia è la decima potenza esportatrice a livello mondiale. I dati per aree geografiche dicono che regioni come: Emilia Romagna, Veneto e Lombardia fanno meglio di Lander tedeschi come Baviera e Baden Wuttemberg. Al di là dei proclami, dai dati che ho riportato, evinco che Lega, Forza Italia e lo stesso PD non possono assolutamente ignorare le istanze che vengono dai loro elettorati e quindi non possono sostenere nessun governo con il M5S . Se il centrodestra è primo nelle Regioni padane, il PD continua ad avere il proprio radicamento in Emilia Romagna e in Toscana.La nascita dell’Unione Economica e monetaria ha portato con se la specializzazione produttiva delle aree economiche che ne fanno parte in funzione del modello mercantilista al quale si ispira e che vede l’Europa in concorrenza sui mercati mondiali. La divisione del lavoro tra le varie aree che formano l’U.E. è il prodotto della interazione tra culture, modelli sociali, senso di appartenenza ad una data comunità, vicinanza con il centro, tradizioni, ecc. Per quanto riguarda l’Italia non bisogna dimenticare quanto scriveva Putnam a proposito della tradizione civica italiana e le conseguenze che essa ha avuto sulla crescita economica e sociale del nostro Paese. A parte Putnam andrebbero riletti Salvemini e Dorso soffermandosi sull’analisi che i due fanno dell’interazione tra ceti dominanti del nord e ceti dominanti del Sud. Un dato è comunque certo l’Italia è a più velocità proprio come il resto dell’Europa. L’area toscopadana porta il passo dell’Europa renana, il Sud è allineato alle aree marginali dell’Europa. Il PIL procapite attestando il Sud al di sotto della media europea insieme alle aree meridionali della Spagna, alla Grecia e ai Paesi dell’Est Europeo, certifica come l’Italia sia a due velocità. Le differenze che ho esposto hanno determinato il risultato delle ultime elezioni politiche rendendo impraticabile tanto un Governo M5S Lega quanto M5S PD. La teoria che ispira l’economia sociale di mercato, ossia l’ordoliberalismo, ha favorito il mercato attraverso la disciplina dei bilanci pubblici, le privatizzazioni e la riduzione del welfare ed ha contestualmente destrutturato le società nazionali e gli Stati. Non è un caso che assistiamo a rivendicazioni indipendentiste come quella Catalana o a richieste di una maggiore autonomia da parte di Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Liguria e Piemonte. Alle spinte autonomiste il Mezzogiorno ha risposto votato M5S vedendo in esso lo strumento attraverso il quale esprimere la propria opposizione al sistema. Il M5S, almeno per il momento,appare insufficiente a rappresentare le istanze alternative al sistema dominante non è un caso che in parlamento non ha trovato alleati per dare vita a un Governo. Il reddito di cittadinanza da solo non è una proposta sufficiente. Non è sufficiente perché priva di un elemento fondamentale e cioè quello dell’identità nazionale o come scrive Stefano Fassina di un “patriottismo costituzionale” capace di attivare quella solidarietà sociale in grado di superare le divisioni tra pezzi di società e territori. L’idea di Stefano Fassina è buona ma necessita di gambe per camminare, cioè ha bisogno di consenso elettorale per poter essere tradotta in azione di Governo. Per costruire il consenso ci vuole una proposta politica e programmatica capace di fare sintesi tra le istanze del blocco toscopadano e il Mezzogiorno. Diversamente continueremo ad assistere a processi di desertificazione sociale ed economica del Mezzogiorno e allo smembramento dello Stato Nazione italiano. Nei prossimi giorni, dicevo, vedremo nascere il nuovo Governo che, dato il contesto, non potrà che essere trasformista nel senso che cercherà di tenere insiemi gli interessi forti toscopadani riservando qualche briciola ai ceti dominanti del Mezzogiorno, tutto questo nel rispetto dei Trattati europei. Perché possa nascere un governo del “cambiamento” serve una forza politica capace di fare da cerniera tra il Nord e il Sud dell’Italia ma per il momento un soggetto politico di questo tipo non si vede nemmeno all'orizzonte.

Bibliografia

  • A cura di Sabino Cassese – Lezioni sul meridionalismo. Nord e Sud nella storia d’Italia. Ed Il Mulino
  • Robert Putnam La tradizione civica nelle regioni italiane Arnaldo Mondadori Editori
  • R. Banfield . Le basi morali di una società arretrata. Ed il Mulino
  • Gramsci. La questione meridionale Ed. Riuniti
  • G. Dorso. La Rivoluzione Meridionale Edizioni Gobettiane
  • M. Caciagli Regioni d’Europa. Devoluzioni, regionalismi, integrazione europea. Ed. il Mulino
  • A cura di Stefano Fassina Controvento.Contributi per la rinascita della Sinistra.Il patriottismo costituzionale. Imprimatur


1 réactions


  • pv21 (---.---.---.58) 10 maggio 2018 20:03

    Pari zuppa >

    Sia la LEGA sia M5S dichiarano che ritornare presto al voto non sarebbe un malaugurato “ripiego”, ma una proficua evenienza per gli stessi cittadini.

    Su questa premessa hanno avviato il confronto per stilare il “contratto” e formare un governo giallo-verde.. E’ comunque scontato che in caso di insuccesso la responsabilità sarebbe altrui.


    Stando ai fatti.

    La LEGA e M5s hanno un “peso” specifico ben differente in termini di consensi fin qui raccolti. Per vari motivi non tutte le “promesse” elettorali sono da subito traducibili in provvedimenti concreti.

    NON sarà quindi affatto facile comporre un significativo “contratto” ed una squadra di governo che fissi un “punto di equilibrio” tra le oggettive differenze dei 2 contraenti. In termini di apporto (in seggi) e di priorità programmatiche.


    Non solo.

    La Costituzione assegna al PRESIDENTE della Repubblica un ruolo attivo nella gestione propedeutica al giuramento. DEVE tenere in debito conto gli interessi generali e sovranazionali del Paese e convalidare la “nomina” di ciascuno dei soggetti proposti per l’esecutivo.

    Ove accogliesse nuove richieste di dilazione dei tempi di trattativa avrebbe un certo “imbarazzo” nel dettare un inatteso “stop” definitivo, come nell’eccepire sulla “sostanza” del progetto di governo o nel “ricusare” qualcuno dei candidati indicati.

    In poche parole.

    La “disponibilità” da lui manifestata potrebbe venir assunta come “causa” di un fallimento di tutt’altra origine. Questo renderebbe ancor più problematico il varo di un governo “neutrale”, mettendo a dura prova la “pazienza” dei mercati finanziari.


    Gli elettori hanno tutto il diritto e vogliono vedere dei fatti.

    Meglio diffidare di una simile “zuppa”.

    La storia insegna che la Febbre del Tribuno non conosce remore, limiti …


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