martedì 28 maggio - Laura Tussi

La VI Giornata Viroche alla Sapienza. Vasapollo: “farsi carico dalla sofferenza degli sfruttati per costruire il cambiamento”

“La società del superfluo rende la vita superflua”. Queste parole di Pier Paolo Pasolini hanno concluso la “VI Giornata Viroche” all’Università La Sapienza.

di CHIARA LONARDO su FARO DI ROMA

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Le ha citate Luciano Vasapollo, decano di economia, nell’aula 205 del Centro Marco Polo della Facoltà di Lettere, dove si è tenuto il seminario di studio “In un tempo ferito dallo sfruttamento e dilaniato dalle guerre, pensare e generare un mondo aperto, secondo le indicazioni dell’Enciclica Fratelli Tutti”, promosso dallo stesso docente per 150 studenti dei corsi di economia dello sviluppo e di sociologia del turismo (tenuto quest’ultimo da Salvatore Izzo, direttore di FarodiRoma, che ha copromosso l’inizitiva). I due docenti e una ventina di studenti di Lettere sono stati ricevuti da Papa Francesco che li ha incoraggiati a ricordare la figura di Juan Viroche, sacerdote argentino che è stato ucciso, ha ricostruito Izzo, simulando un suicidio, il 4 ottobre 2016 da agenti degli ex servizi di sicurezza dei generali argentini, dei quali il parroco di La Florida e Delphin Gallo, alla periferia di Tucumen, aveva denunciato il coinvolgimento nella tratta delle minorenni e nella diffusione del “paco” la terribile droga realizzata dagli scarti della cocaina.

Le conclusioni di Vasapollo

Denuncia del male (oggi soprattutto la guerra) e volontà di proteggere i giovani dalle sue conseguenze (500 mila loro coetanei hanno già perso la vite nei 26 mesi del conflitto armato in Ucraina) hanno rappresentato il filo conduttore dei lavori. “Ricordare padre Viroche – ha spiegato il prof. Vasapollo – significa resistere al pensiero conformista che armi e guerra sono normali. I media occidentali purtroppo presentano le armi come uno strumento normale di soluzione conflitti, la guerra è venduta come necessità”.
“Pensare e generare un mondo aperto”, tema portante di queste due giornate di lavoro (17 e 18 maggio), “piene di ragionamenti di politica economica, sociologia, toccando problemi come sfruttamento, desocializzazione, distruzione dei pensieri critici” ha a che fare, ha sottolineato Vasapollo, con l’analisi di Pasolini e il suo tentativo di proporre una coscienza critica. “Occorre trovare un modo per ritrovare i principi umani, primordiali, che la società sviluppata in cui viviamo ci ha fatto dimenticare, rimpiazzandoli con la moda, con il consumismo soprattutto. Questa però è una società che distrugge, funzionale solo ai bisogni del capitale e non sviluppa i valori dell’essenza umana. Il benessere consumistico presente nella società porta solo all’omologazione”.

Nei lavori, ha rilevato il decano di economia della Sapienza, “è emersa la sofferenza delle vicende umane, attraverso cui si cerca di far avanzare un nuovo modello di trasformazione e superamento del convenzionale: la società dei valori contro la cultura del profitto. L’emergere di nuovi soggetti attraverso i nuovi bisogni, la cultura della classe operaia, che vive di lavoro. Le contraddizioni sociali, ambientali, il conflitto capitale-ambiente, capitale-lavoro, conflitto di genere, può rispondere ad una pratica della trasformazione”.

Padre Viroche, ha spiegato Vasapollo, rappresenta “un martire che per sostenere i valori dell’amore e della giustizia, e i deboli che li rappresentano, è stato diffamato e ucciso”. Il suo era “un grido di pace” che non va lasciato cadere. “Le guerre uccidono, fanno bene solo agli industriali delle armi, ai potenti che si suddividono il mondo nello scacchiero della geopolitica. Nella guerra Russa-Ucraina, indipendentemente da chi abbia torto o ragione, resta il fatto che muoiono centinaia di persone al giorno, soprattutto ragazzi. A Gaza è in atto un genocidio. In entrambi i casi è una guerra dei paesi a capitalismo maturo, Nord-centrismo, contro le periferie, contro il Sud. Oggi la guerra è Nord-Sud: il Nord tenta di vincere con l’innovazione tecnologica (non accessibile a tutti. Papa Francesco ha detto ai ragazzi che hanno fatto lo sciopero della fame di continuare, anzi di metteterci la gioia, la speranza (la passione). Bisogna iniziare a dubitare per avviare un vero e proprio cambiamento”.

Occorre, ha osservato Vasapollo rievocando l’epopea dei “Centocellaros” con i quali Pasolini giocava a pallone nei primi anni ’70 alla periferia della Capitale, “portare avanti la battaglia per rompere con le barbarie della società del capitale. Con questo seminario dimostriamo che non siamo figli di una sconfitta. Lo sfruttamento più presente oggi è quello del lavoro intellettuale (si pensi alla logistica, all’industria 4.0 e 5.0) e l’Università deve essere la palestra del riscatto: per questo è importante che negli atenei si affrontino senza infingimenti i problemi reali e si abbia il coraggio di prendere posizioni contro la violenza e la sopraffazione, cioè prima di tutto contro la guerra. ANche pagandone un prezzo, come sta accadendo oggi ai nostri studenti che per protesta contro le armi e il genocidio di Gaza hanno fatto lo sciopero della fame e si sono presi le maganellate”. Vasapollo ha ricordato in proposito le “Rose di Gerico” che non muoiono nel deserto (“quando non c’è l’acqua sembrano secche, morte, ma sono vive e come riescono ad avere un po’ d’acqua riprendono vita”) e “la tradizione secondo la quale furono irrorate dal sangue di Gesà sul Calvario, dove l’imperialismo romano lo uccise come rivoluzionario”.
“Anche se non sono credente . ha poi concluso il docente – ho un grande rispetto per tutti coloro che lo sono. La spiritualità comprende anche la religiosità che implica saper vivere in serenità con gli altri. Non rinunciando alla battaglia delle idee, perchè essere rivoluzionari significa mettere in discussione lo stato attuale delle cose per cambiarle. Papa Francesco è questo”.

Il card. Coccopalmerio e la Dichiarazione “Dignitas Infinita”

Una grande consonanza è emersa al seminario tra la visione proposta da Vasapollo e quella di alcuni esponenti del mondo cattolico che sono intervenuti, a cominciare dal card. Francesco Coccopalmerio, presidente enerito del Dicastero per i testi legislativi, che ha presentato ai ragazzi la recente dichiarazione della S. Sede “Dignitas Infinita”, da lui definita “una continuazione dell’enciclica ‘Fratelli Tutti'” e che fin dal titolo prockama che “la dignità umana non è limitabile”. “Poniamo – ha esemplificato – due persone, ognuna di esse ha un proprio valore, bontà, realtà che ha valore. L’altra persona che guarda la prima prova ammirazione (internamente) e rispetto di questa bellezza e bontà (esteriormente). Il concetto di dignitas è un concetto intersoggettivo”.

Il documento, ha illustrato il porporato, “ha una prima parte teoretica, e una seconda più esemplificativa. Nella prima “nella nostra mente e nei nostri cuori dobbiamo mettere in primo piano la dignitas della persona umana perché è ontologica”. “Per chiarire il concetto di dignità bisogna segnalare che non viene conferita da parte di altri esseri umani perché in questo caso potrebbe essere concessa così come ritirata e se così fosse sarebbe alienabile. In realtà è intrinseca ad ogni persona, non può essere perduta. Tutti gli esseri umani possiedono la medesima dignità”. Dunque, è la persona stessa che è valore”. In proposito Coccopalmerio ha sottolineato che “alcuni propongono sia meglio usare l’espressione dignità personale invece che umana, ma in questo modo si dovrebbe fondare sulle condizioni delle persone: non avrebbe dignità il bambino, il disabile…” Invece secondo il pensiero di Gesù e dei profeti, sono le persone meno dotate ad avere maggiore dignità intrinseca (e a meritare più attenzione e rispetto). Gesù si identifica con queste persone”.

Marazziti: il Papa delle periferie

Dopo essere stato storico portavoce della Comunità di Sant’Egidio, e presidente della Commissione Affari Sociali della Camera, Mario Marazziti oggi è il coordinatore internazionale della Campagna della Comunità di Sant’Egidio per una Moratoria universale delle esecuzioni capitali e tra i fondatori della World Coalition Against the Death Penalty e ha recentemente pubblicato “LIFE. Da Caino al Califfato, verso un mondo senza pena di morte”, volti e storie di un movimento mondiale per affermare il diritto alla vita di tutti. E intervenendo ai lavori della “VI Giornata Viroche” ha ricordato come la Comunità di S. Egidio che è impegnata a favorire la pace in tanti contasti di guerra (ha il merito della fine della guerra in Mozambico) sia nata nella periferia romana quando “la guerra progressivamente sembrava uscire dalla nostra storia e dopo mezzo secolo si assaggiava la pace”. Anche Jorge Mario Bergoglio, ha detto, “prima di diventare Papa andava nelle baraccopoli e spiegava che la Chiesa deve uscire e andare nelle periferie”. “Il Cristianesimo è nato nelle periferie del mondo e la storia del mondo nasce dalla periferia. Nelle periferie alberga il peccato, l’ignoranza, la mancanza di pensiero; ed è per questo che bisogna stare proprio lì”.

Secondo Marazziti, che ha affrontato il tema “Francesco, il Papa delle periferie”, “la Chiesa dei poveri dopo il Concilio Vaticano II è rimessa al centro. Le nostre città invece tendono a perdere il centro, hanno tante periferie, più centri. Questa città contemporanea in Europa, America Latina, Africa (megalopoli), esistono baraccopoli e zone ‘safe’. In queste città, per Papa Francesco, è necessario ‘uscire’ed andare lì. Non è una innovazione al contrario è un tornare alle radici della Chiesa. Ed è convinto che i grandi cambiamenti della storia sono avvenuti non dal centro ma dalla periferia”.

Purtroppo, ha denunciato il relatore, “oggi c’è un ritorno all’indietro, non c’è vergogna a denigrare chi parla in pace. Le guerre che sono ancora aperte, non si chiudono (Corea, Cipro, Israele-Palestina, Iraq, Siria, Afghanistan etc.). Guerre eterne ed eternizzate. Nell’enciclica ‘Fratelli Tutti’, indica al mondo la strada per ritrovare la fraternità per risolvere i problemi del mondo. Solo nella fraternità globale si possono affrontare problemi globali e complessi come questi. Senza la pace non c’è futuro. Occorre agire moralmente e ricostruire la fraternità con gli altri”.

Don Vitaliano Dalla Sala: la lotta per la liberazione, da Camilo Torres a Papa Francesco

“Molti vogliono far diventare il termine guerrigliero sinonimo di terrorista, sebbene molti eroi dell’indipendenza dell’America Latina abbiano partecipato a guerre di liberazione”, ha esordito don Vitaliano della Sala, il sacerdote italiano che più ha studiato Camilo Torres e che è stato invitato alla “VI Giornata Viroche” per sottolineare i punti di contatto tra Torres e Viroche.

Teologo e professore universitario
Camilo Torres, ha ricordato, “entrò nella guerriglia colombiana nel 1965, a 35 anni. Era già teologo e aveva concluso gli studi di Sociologia a Lovanio (Belgio). A Bogotà fu fondatore e professore della Facoltà di Sociologia e decano della Scuola Superiore Pubblica e dell’Istituto di Amministrazione Sociale. Fu rappresentante del cardinale presso la Giunta direttiva dell’Istituto Colombiano della Riforma Agraria.
È qui che Camilo prende conoscenza diretta delle condizioni subumane in cui vivevano i lavoratori e gli indios, e di come lo stesso aiuto dato dal governo e dalla Chiesa servisse per mantenerli nella dipendenza sociale e nella schiavitù. Per questo, egli lotta per introdurre criteri più giusti e perché la legge venga applicata senza eccezioni. Quando si rende conto che non ottiene nulla, si convince che la rivoluzione è l’unica via d’uscita possibile. Sa che la sua posizione scandalizzerà tutti”.

Don Vitaliano ha citato le parole di Camilo: “Sono un rivoluzionario, come colombiano, come sociologo, come cristiano e come sacerdote. Come colombiano, perché non posso estraniarmi dalle lotte del mio popolo. Da sociologo, perché grazie alla mia conoscenza scientifica della realtà, sono giunto alla convinzione che le soluzioni tecniche ed efficaci non sono raggiungibili senza una rivoluzione. Come cristiano, perché l’essenza del cristianesimo è l’amore per il prossimo e solo attraverso una rivoluzione si può ottenere il bene della maggioranza. Da sacerdote, perché dedicarsi al prossimo, come la rivoluzione esige, è un requisito dell’amore fraterno indispensabile per celebrare l’eucarestia”.

“Semplicemente quando si accorge che le cose non si risolvono con le buone, alla fine prende una decisione dura, la guerriglia” ed allora mette in gioco la sua vita come hanno fatto altri sacerdoti latinoamericani, a partire da Oscar Romero e dai gesuiti uccisi all’università centroamericana, per finire appunto a Juan Viroche. “Camillo non ha voluto salvarsi da solo, questo è un monito per tutti”, ha concluso Della Sala.

Laura Tussi e Fabrizio Cracolici, partigiani della pace

“Il linguaggio della pace” è stato il tema affrontato da Laura Tussi, giornalista, scrittrice ed esperta di educazione e da Fabrizio Cracolici, pacifisti molto attivi sui social. Tussi ha ricordato l’appello di Picasso che ha dipinto la colomba della pace ‘simbolo chiave’ contro il nucleare in seguito alle conseguenze di Hiroshima e Nagasaki. “Oggi viviamo – ha denunciato – il rischio concreto di una escalation globale sul nucleare. A Gaza si ripete la tragica situazione di un genocidio. Per questo – ha spiegato – evochiamo la lotta dei partigiani che con la Resistenza ci hanno donato la Costituzione e la Democrazia. Riproponiamo la loro lotta con metodi diversi, cioè senza le armi, anzi contro le armi. E usiamo la parola speranza: bisogna essere resistenti”. “In centinaia nel corso dei decenni hanno lottato per donarci la libertà. Quello che abbiamo non dobbiamo darlo per scontato, dobbiamo lavorare per riportare il diritto umano al centro della nostra vita quotidiana. Abbiamo diritto – ha rivendicato la scrittrice – di vivere in pace e a non essere assoggettati alle volontà dei potenti”.

Per Fabrizio Cracolici, “il futuro sono i giovani e lori possono salvare l’umanità che è in pericolo. Il potere ha sempre il disegno di tenerci sotto controllo. Troppi sono gli orrori che viviamo. La forza di cambiamento è in noi”.
“Questo – ha scandito l’attivista per la pace – è l’orrore della guerra, giovani che uccidono altri giovani, perché mossi da interessi economici. È preferibile investire in armi anziché impegnarsi in cose che possono aiutare le persone e il futuro”.

Don Lazzara: la pace va costruita dal basso

Sabato mattina i ragazzi della Sapienza si sono poi collegati con Verona, dove Papa Francesco è intervenuto all’“Arena di Pace – Giustizia e Pace si baceranno”. Poi don Salvatore Lazzara, che sta concludendo il suo ministero di cappellano militare presso il comando della NATO a Bruxelles e in precedenza ha vissuto l’esperienza di cappellano militare in Iraq e Libano, condividendo la vita dei soldati in missione di pace.

“Se non curiamo la pace ci sarà guerra. Oggi nel mondo c’è questo peccato grave: quello di non curare la pace”, ha sottolineato il sacerdote citando le parole appena pronunciate da Papa Francesco. “Oggi in questa situazione di conflitto è difficile – ha detto ancora Lazzara – parlare di guerra e di pace. Si invitano entrambe le parti (Hamas e Israele) a parlare di pace. Gli attacchi di Israele sono diventati dei veri e propri conflitti che hanno coinvolto l’intera striscia di Gaza”.

Secondo il cappellano militare, “occorre pensare alla pace piuttosto che preparare le offese, come chiede il Patriarca latino di Gerusalemme, card. Pier Battista Pizzaballa, che è italiano e francescano”.

Mons. Yoannis Gaid Lazhi: “Il cammino della Fratellanza umana”

“Oggi ci troviamo in una situazione complicata e dobbiamo capire che il conflitto Israele-Palestina è un problema collegato alla religione. Violenza chiama violenza. Il documento sulla Fratellanza umana firmato da Papa Francesco e dal Gran Mufti dell’Università di Al-Azhar ci indica le direttrici da seguire per uscire da questa situazione. Come raggiungiamo la fratellanza?”, ha spiegato lo storico segretario di Papa Bergoglio che ha poi elencato sei punti.
“1. Credere che la violenza e la fede in Dio sono compatibili. Non posso trasformare la mia fede in violenza, altrimenti tradisco la mia fede. La fede non deve giustificare le violenze (sono incompatibili). Ogni vita umana è sacra e deve essere rispettata oltre che protetta. È un sacro diritto: sacralità della vita.
2. Pregiudizi dell’Oriente: errori passati ci sono stati, ma chiudersi nell’errore del passato non risolve il problema non può essere usato come pretesto per continuare oggi ad attaccare e portare avanti la violenza. Papa Francesco: “non c’è alternativa o costruiamo insieme l’avvenire o non ci sarà futuro”. Bisogna avere l’umiltà di non credere di sapere tutto, di conoscere la verità (soprattutto quando si tratta di un mondo che non conosciamo). [Lingua araba: esempio di complessità].
3. La libertà religiosa è la madre di tutte le altre libertà. Se voglio avere dialogo vero devo difendere la libertà religiosa. Nel mondo arabo attualmente ci sono molti convertiti dall’islam che vivono nascosti.
4. Applicare il principio della cittadinanza.
5. Proteggere i diritti delle donne, bambini, anziani e malati. Quello che sta succedendo in Iran è raccapricciante. Si tratta di ingiustizie e se rimango in silenzio di fronte a ciò, sono complice. Se non difendiamo questi diritti cadiamo nella trappola di dire cose belle ma di non applicarle.
6. Il dialogo è la via da percorrere, non abbiamo altre vie. Il dialogo deve essere sincero, che non mi fa tacere per compiacere gli altri. Bisogna incontrarsi e rafforzare il dialogo.
Applicare il documento ci aiuta a trasformare le parole in azioni concrete”.

“Non parlare troppo – ha sintetizzato il prelato egiziano – ma agire, fare e realizzare atti concreti di fratellanza umana che nasce dal cuore e dalla convinzione che per vivere meglio devo avere la pace dentro per poi diffonderla con gli altri a livello nazionale e internazionale”.

Chiara Lonardo

Nella foto: il prof. Vasapollo dal Papa in apertura della VI Giornata Viroche

POST SCRIPTUM:

Ottima sintesi di Chiara Lonardo del convegno contro la guerra e sugli sfruttati e tutte le vittime del capitalismo. Università "La Sapienza" di Roma. Facoltà di lettere e filosofia. Ringraziamo gli organizzatori i professori e decani Luciano Vasapollo e Salvatore Izzo anche per il collegamento con Papa Francesco dall'Arena di Pace a Verona.




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