domenica 12 luglio 2015 - clemente sparaco

Come si pone l’Occidente di fronte all’attacco del Califfato islamico?

L'indolenza dell'Occidente.

Se c’è un motivo per cui l’islamismo radicale (oggi incarnato dal “Califfato islamico”) ci ha dichiarato guerra, esso è rintracciabile non tanto nel nostro sviluppo, quanto nel nostro orientamento di vita. Insomma, non tanto in quello che facciamo, quanto in quello che siamo.

L'Occidente con le sue vetrine illuminate, con la sua potenza economica, diffonde immagini, prodotti, modelli, che hanno carattere vincente (il benessere, la tecnologia etc.), ma che, al contempo, contrastano con identità collettive, valori religiosi e morali. Dentro vi si annida un morbo contagioso, che si insinua con il suo potere attrattivo, un materialismo edonistico che è come il risvolto pratico di un relativismo morale distruttivo, nichilistico.

Appariamo essere sviluppo umano senza Dio, laicismo, primato assoluto della coscienza individuale, o, peggio ancora, egoismo fatto sistema, immoralità contrabbandata per libertà, prostituzione divenuta costume diffuso. E anche la democrazia, i diritti dell’uomo e della donna, l’alfabetizzazione universale, la libertà di stampa e di costumi, figurano come il veicolo di quel morbo, tanto più che li si vorrebbero esportare ed imporre con la forza, ora attraverso l’arbitrato di discutibili corti penali internazionali, ora con le bombe autorizzate da mandati ONU.

Non tutti gli islamici fanno il passo successivo di trasformarsi in terroristi. Ma una guerra santa verso questo Occidente è sentita addirittura come difensiva in quel mondo. "Lo spettacolo della libertà e della ricchezza occidentali, che si accompagna al declino dell’Occidente e allo sgretolarsi delle sue fedi, provoca necessariamente, in chi invidia il primo e disprezza i secondi, un cocente desiderio di punire" – ha scritto Roger Scruton (L’Occidente e gli altri).

Contro l’Occidente l’ISIS ha ingaggiato una guerra d’altri tempi, una guerra non convenzionale, fatta di massacri seriali, di attentati terroristici, di kamikaze che si fanno esplodere, di stragi che interrompono momenti di assoluto relax di turisti in resorts a 5 stelle. E’ una guerra spietata in cui la violenza e l’odio sono assoluti, senza remore, deliberati e meditati, e così il disprezzo del nemico e della vita. Perché nella guerra santa i nemici non sono solo propri nemici, che poi possono diventare alleati o amici come nelle guerre laiche, ma sono nemici di Dio e vanno annientati, a meno che non si convertano.

L’Occidente che dovrebbe reagire, prima ancora che impaurito o terrorizzato, appare indolente, fermo, paralizzato dalle sue stesse idiosincrasie. Noi non comprendiamo. Follie, gesti di folli – si precipitano a definirli i nostri commentatori, quasi si trattasse di cellule maligne da estirpare da un organismo, per il resto, sano, o di errori di sistema inspiegabili. Ma è appunto un’indolenza, una pigrizia mentale o forse una pavidità, perché, a prescindere da ogni valutazione morale, quelle violenze, quegli odi, quelle atrocità sottintendono una logica coerente.

Il punto è che questa logica è coerente rispetto ad un piano culturale altro. Esso ha, infatti, di caratterizzante proprio il rifiuto delle categorie mentali occidentali, delle sue ideologie, dei suoi valori. Né i terroristi sono beduini del deserto. Si tratta invece di persone, non solo dotate di ampia cultura islamica, ma che conoscono molto bene il mondo occidentale, le sue tecnologie, i suoi strumenti mediatici, i meccanismi economici e culturali che lo soprintendono, persone che sanno fare buon uso della propaganda.

Per capirlo dovremmo prendere innanzitutto atto che è falsa la pretesa illuministica di aver capito la direzione della storia. Quella concezione aveva il suo punto di forza nella secolarizzazione, nell’estromissione cioè della religione dal corso storico e nel suo relegamento intimistico alle coscienze dei singoli. E intorno alla secolarizzazione hanno ruotato come intorno al proprio asse le grandi costruzioni ideologiche (liberalismo, marxismo, fascismo etc..), che conseguentemente hanno inteso ridisegnare il mondo. E anche le nostre democrazie oltremodo tolleranti non fanno che relegare i testi sacri, compreso il Corano, nella sfera privata. 

Oggi che il fallimento della profezia della privatizzazione del religioso è sotto gli occhi di tutti, siamo semplicemente incapaci di valutare l’effettiva portata di quei fatti, nonché la genesi e le finalità. La civiltà islamica è fondata sull’obbedienza a Dio (il Dio dell’islam), quella occidentale sempre più esclusivamente sull’uomo, che si costruisce il futuro con la sua ragione, la sua libertà, i suoi diritti. Il divario è enorme!

Vittima un’intelligenza illuministica, che si origina dalla sottovalutazione di tradizioni e contesti, e, ancor più, di una sorta di indolenza spirituale, l’Occidente va in ordine sparso.

L’Europa, che “non ha la mentalità e i mezzi per correre ai ripari”, si mostra generalmente inefficiente e impotente. Non ha, infatti, una politica estera comune né tanto meno un esercito. La sua preoccupazione principale appare semmai “la stabilità finanziaria, la tutela dell'euro - giudicato stoltamente irreversibile, come la morte - e gli interessi del sistema bancario, considerato basilare” (così Vittorio Feltri, Il giornale 28 giugno).

L’America, guidata dalla pretesa di esportare la democrazia come se fosse una religione, con la sua politica maldestra e le sue diaboliche ipocrisie ha combinato in Medio Oriente solo disastri, come la guerra in Irak e in Afghanistan. E anche le cosiddette primavere arabe, che dovevano essere foriere di democrazie a venire, si sono dimostrate fucine di terroristi finendo per favorire la nascita e la diffusione del Califfato (vedi Siria e Libia).

Quanto all'Italia, essa appare intrisa da una cultura della multiculturalità e dell'accoglienza, in cui convergono indistintamente istanze cattoliche e marxiste. La rincorsa di ideali universalistici tendenzialmente astratti l’ha posta, e la pone, in una condizione pericolosamente miope sul versante dei rischi collegati alla legalità, all’ordine sociale e al terrorismo. E sono problemi da non sottovalutare, in quanto i doveri dell’accoglienza verso i migranti e i profughi non possono portare di converso al delegare alla responsabilità di preservare l’integrità fisica, culturale e morale dei propri cittadini. Infatti, “un leader politico che porge non la sua guancia ma la nostra, si rende partecipe della successiva aggressione” (Roger Scruton, L’Occidente e gli altri).




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