lunedì 10 marzo 2014 - Orizzontenergia.it

L’evoluzione della rete elettrica a favore delle Smart Grid: focus sui sistemi di accumulo

Orizzontenergia ha intervistato l'Ing. Massimo Gallanti, Direttore Sviluppo dei Sistemi Energetici RSE.

Alla luce dei cambiamenti strutturali che il sistema elettrico sta vivendo negli ultimi anni - derivanti per lo più dalla crescente penetrazione delle rinnovabili non programmabili distribuite sul territorio - si sente sempre più spesso parlare di Smart Grid per una maggiore flessibilità, efficienza ed affidabilità delle reti.

Ing. Gallanti, sulla base di queste nuove esigenze, dove e come bisogna agire per rendere smart l’attuale rete elettrica?

La forte penetrazione delle fonti rinnovabili non programmabili sta interessando in modo rilevante la rete di distribuzione; tale fenomeno richiede che la rete si evolva rispetto al modello passato in cui doveva alimentare punti di consumo per poter gestire la nuova situazione con una presenza sempre crescente di piccoli generatori connessi insieme ai carichi.

Rendere smart una rete di distribuzione significa essenzialmente consentire al gestore di rete di poter controllare i generatori (ma in prospettiva anche dei carichi) connessi alla rete stessa, che oggi, una volta connessi alla rete, operano senza interagire con il gestore della rete. Il controllo si ottiene inviando ai generatori appositi comandi per variare il loro punto di lavoro (cioè l’energia attiva e reattiva che scambiano con la rete) al fine di consentire un funzionamento sicuro della rete anche in presenza di una rilevante quantità di generazione connessa alla rete di distribuzione.

Si tratta quindi di predisporre una rete di telecomunicazione per le comunicazioni tra la rete di distribuzione ed i generatori che sia capillare per raggiungere un alto numero di generatori diffusi sul territorio, affidabile, per garantire che i comandi giungano a destinazione entro i tempi previsti e anche poco costosa, per non penalizzare economicamente i generatori di piccola taglia, caratterizzati da costi contenuti.

La disponibilità di una rete di comunicazione sovrapposta alla rete di distribuzione consentirà anche di attuare la gestione della domanda, cioè dell’energia prelevata dai consumatori, in base a specifici segnali forniti dalla rete. Uno di questi segnali è il costo dell’energia, che, come noto, varia nelle diverse ore del giorno.

Il consumatore potrà quindi decidere quando utilizzare l’energia in base al suo prezzo, collocando i propri consumi nelle ore in cui il prezzo è più basso. Ma il consumatore avrà anche la possibilità di rispondere a segnali di sistema. Ad esempio, per far fronte ad un eccesso di domanda nella rete in un dato istante, i consumatori flessibili potrebbero, a fronte di una esplicita richiesta del gestore di rete, ridurre il loro prelievo e contribuire quindi a bilanciare il sistema. Per la disponibilità a fornire tale servizio volto a garantire la sicurezza del sistema elettrico, i consumatori flessibili riceveranno un adeguato compenso.

Si capisce quindi che, in virtù dell’interazione tra il gestore della rete e i suoi utenti, la rete di distribuzione da passiva qual è oggi diventerà attiva. In tal senso la gestione della rete di distribuzione assomiglierà sempre più a quella della rete di trasmissione, dove le grandi unità di generazione sono da sempre controllate in tempo reale dal gestore di rete. I grandi numeri che caratterizzano la rete di distribuzione, in termini soprattutto di generatori di piccola taglia da controllare, costituisco la sfida che le smart grid dovranno affrontare e vincere, per passare dalla fase di dimostrazione e quella di realizzazione su larga scala.

Un’altra sfida posta dalle fonti rinnovabili non programmabili riguarda invece lo sviluppo dei sistemi di accumulo - tecnologie in grado di giocare un ruolo fondamentale nell’operatività dei sistemi elettrici. Quali sono le differenti esigenze applicative (di sistema e di rete) che motivano i sistemi di accumulo?

Il rinnovato interesse verso i sistemi di accumulo si spiega, come già per le Smart Grid, con la forte crescita della produzione da fonti rinnovabili non programmabili (fotovoltaico ed eolico) che rende meno prevedibile e fortemente variabile nel tempo il profilo della cosiddetta domanda residua, cioè il fabbisogno elettrico che deve essere soddisfatto dagli impianti convenzionali (cioè gli impianti programmabili, quali i cicli combinati), al netto della produzione da fonti rinnovabili non programmabili.

Poiché il funzionamento delle fonti rinnovabili non programmabili è legato alla disponibilità della fonte naturale (sole e vento), accade che in particolari periodi (es. le ore centrali di giornate soleggiate e ventose e con bassa domanda, come le domeniche primaverili) si verifichi un surplus di produzione che impone al gestore di rete di spegnere gli impianti convenzionali a gas; tuttavia, poche ore dopo che si è verificata la suddetta situazione (ad esempio nelle ore serali), l’effetto combinato della riduzione della produzione del fotovoltaico e l’aumento della domanda fa sì che, per soddisfare la domanda, sia necessario far ricorso gli impianti convenzionali che devono essere rapidamente riavviati.

Per far fronte a tale esigenza di flessibilità, che gli impianti convenzionali faticano a garantire, vengono in aiuto i sistemi di accumulo, che assorbono energia nelle ore di alta produzione da fonti rinnovabili e la restituiscono nelle ore in cui le fonti rinnovabili smettono di produrre. In tal modo i sistemi di accumulo aiutano a mantenere la costanza dei flussi nel sistema elettrico, rendendo meno critico il funzionamento degli impianti convenzionali.

I sistemi di accumulo contribuiscono anche alla fornitura dei servizi indispensabili alla sicurezza del sistema elettrico, quali la riserva primaria e secondaria, necessari al bilanciamento istantaneo tra generazione e domanda, servizi che fino ad oggi sono stati garantiti esclusivamente degli impianti convenzionali, ma che nel futuro richiederanno il coinvolgimento di altre risorse, quali i sistemi di accumulo.

Dobbiamo però tener presente che oggi i sistemi di accumulo elettrochimici sono ancora molto costosi e il fattore economico ne penalizza la loro immediata diffusione su larga scala. L’approccio corretto quindi è quello, da un lato di sperimentare le loro funzionalità su installazioni di piccola scala (progetti pilota) e dall’altro di sfruttare al massimo la flessibilità degli impianti convenzionali, oggi economicamente più vantaggiosi rispetto agli accumuli elettrochimici. In tal modo si darà tempo alle tecnologie dell’accumulo elettrochimiche di raggiungere una piena maturità tecnologica e una riduzione dei costi, così che la loro diffusione su scala non pesi eccessivamente sulla bolletta del consumatore.

Chi sono invece i soggetti interessati?

Potenzialmente sono molti. Sono interessati gli impianti di generazione non programmabili, che con il sistema di accumulo rendono più prevedibile il proprio comportamento, le unità di generazione convenzionali, per garantire il servizio di riserva in modo più flessibile ed efficiente, i prosumers (consumatori dotati di produzione propria) per un maggior e miglior sfruttamento della produzione, incrementando la quota di energia autoconsumata. Infine i gestori di rete, che potrebbero avvantaggiarsi di un sistema di accumulo per superare i colli di bottiglia della rete in attesa di realizzare i necessari potenziamenti infrastrutturali. O anche, il gestore della rete di trasmissione, per dotarsi di propri strumenti per la fornitura dei servizi di riserva necessari per garantire la sicurezza del sistema.

Tutte le opzioni sopra elencate sono in teoria praticabili, tuttavia, come già detto, occorre tenere ben presente gli economics dei sistemi di accumulo elettrochimici, che oggi non sono ancora favorevoli. Ad esempio, recenti valutazioni svolte in RSE hanno messo in evidenza che per l’utente domestico medio dotato di impianto fotovoltaico, i ritorni dovuti all’incremento dell’autoconsumo reso possibile dall’installazione di un sistema di accumulo ad oggi ancora non ne ripagano i costi. Non può quindi essere il vantaggio economico che spinge il consumatore a dotarsi oggi di una batteria da affiancare al proprio impianto FV, ma piuttosto il desiderio di una maggiore autonomia rispetto alla rete.

Nel caso degli impianti a fonti rinnovabili non programmabili, una spinta all’adozione di sistemi di accumulo elettrochimici verrebbe certamente dall’imposizione dell’obbligo a fornire quanto meno il servizio di riserva primaria, come già avviene per le unità di produzione convenzionali di grossa taglia. Questo obbligo potrebbe essere introdotto qualora, con l’aumento della capacità degli impianti a fonti rinnovabili non programmabili, la riserva primaria fornita dagli impianti convenzionali non fosse più sufficiente a garantire la sicurezza del sistema elettrico.

Infine, grazie ai recenti interventi del CEI e dell’Autorità, stiamo assistendo ad un abbattimento della barriera costituita da una normativa non chiara circa le regole di connessione alla rete: entro il primo semestre del 2014 saranno disponibili le regole che consentono ad un utente consumatore di installare un sistema di accumulo presso il proprio sito (es. la propria abitazione) senza perdere gli incentivi previsti per la produzione da fonti rinnovabili (es. FV).

Qual è il grado di diffusione dei sistemi di accumulo nel nostro Paese? Siamo in linea con quanto accade nel resto del mondo?

L’Italia sta facendo uno sforzo importante sulla sperimentazione dei sistemi di accumulo elettrochimici (batterie), con priorità nella risoluzione delle congestioni sulla rete di trasmissione e nella sicurezza del sistema su reti caratterizzate da una forte penetrazione di fonti rinnovabili. In virtù di tale priorità le sperimentazioni sono condotte da Terna, che sta operando lungo due direzioni: i sistemi di accumulo energy intensive e i sistemi power intensive. Le sperimentazioni sono state approvate dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas, che ha previsto una sovra remunerazione del capitale investito per i sistemi di accumulo oggetto della sperimentazione.

I sistemi energy intensive oggetto della sperimentazione sono finalizzati ad alleviare le congestioni di rete causate da un’eccessiva produzione da fonte eolica in un’area in cui la rete, nelle ore di massima disponibilità di vento, non è strutturata per smaltire tutta la produzione degli impianti eolici di quell’area. L’accumulo consente di evitare il taglio della produzione eolica (che oggi viene comunque pagata) nei momenti di surplus, assorbendo l’energia in eccesso per poi rimetterla in rete in momenti successivi. Esso consente quindi di far fronte alle criticità di rete, in attesa di risolvere alla radice il problema con un intervento di potenziamento di rete, che però richiede tempo per essere effettuato.

La sperimentazione prevede che Terna installi sistemi di accumulo (batterie realizzate con tecnologia sodio zolfo) per un totale di 35 MW su alcune delle direttrici più congestionate della rete 150 kV nel centro-sud d’Italia. Trattandosi di sistemi energy intensive, la capacità di accumulo delle batterie installate è pari a 7 ore a potenza massima.

I sistemi di accumulo power intensive sono invece chiamati ad assorbire/erogare in tempi rapidissimi una grande quantità di potenza per periodi relativamente brevi (es., decine di minuti a potenza nominale). Trovano applicazione per la fornitura di servizi di riserva primaria, secondaria e terziaria in sistemi elettrici con carenza di impianti convenzionali, ad esempio nei sistemi elettrici delle isole, con connessione alla rete principale limitata o assente.

Terna ha avviato due sperimentazione di sistemi di accumulo power intensive, una in Sicilia e l’altra in Sardegna, le cui reti presentano le criticità dovute ad una forte penetrazione di rinnovabili non programmabili e ad una limitata connessione con la rete della Penisola. Si consideri che la Sicilia è oggi connessa elettricamente con il resto della rete italiana con una sola linea. Quando, ad esempio per ragioni di manutenzione, la connessione non è disponibile, la Sicilia si trova ad operare in isola elettrica e deve quindi provvedere con risorse proprie a tutti i servizi di rete.

Dato che già oggi in Sicilia la penetrazione di fonti rinnovabili non programmabili è molto alta, può succedere che, in particolari situazioni, i pochi impianti convenzionali che rimangono in esercizio non riescano a fornire tutti i servizi di cui il sistema elettrico siciliano ha bisogno. Ecco quindi che i sistemi di accumulo power intensive consentono di garantire la sicurezza della fornitura elettrica nell’isola anche in caso di disservizi che si presentano nelle suddette condizioni di criticità, senza dover tagliare la produzione di una parte degli impianti a fonti rinnovabili per far mettere in servizio più gruppi convenzionali.

Oltre alle sperimentazioni di Terna appena descritte occorre menzionare le sperimentazioni in corso o programmate da parte di Enel Distribuzione sulla rete di distribuzione. Si tratta di 7 installazioni di sistemi di accumulo di taglia intorno a 1 MW e con capacità di carica di circa un’ora, realizzati nell’ambito di programmi pubblici - nazionali o europei - che hanno l’obiettivo di valutare i servizi che gli accumuli elettrochimici sono in grado di offrire alla rete di distribuzione.

Ing. Gallanti, a suo parere le tecnologie di accumulo contribuiranno a rendere competitive le fonti rinnovabili anche senza sussidi?

Grazie all’importante spinta data dagli obiettivi europei sulla decarbonizzazione del sistema energetico, la produzione elettrica da fonti rinnovabili è destinata ad incrementare ulteriormente nei prossimi anni. Gli accumuli sono quindi una tecnologia necessaria a sostenere una maggior penetrazione della produzione da fonti rinnovabili senza pregiudicare la sicurezza del sistema.

Piuttosto che prevedere sussidi per i sistemi di accumulo è opportuno che vengano riconosciuti i servizi che essi forniscono al sistema elettrico. Se un accumulo domestico può essere funzionale anche alla rete, ad esempio per il servizio di riserva primaria che esso può fornire, è doveroso che il servizio reso venga riconosciuto e remunerato. Prospetticamente quindi gli operatori potranno fornire, mediante i sistemi di accumulo, i servizi necessari alla sicurezza del sistema, servizi che dovranno essere remunerati al giusto prezzo, definito in regime di mercato. Ecco quindi che si parlerà di remunerazione dei servizi resi dai sistemi di accumulo e non di sussidi.

Ugualmente, l’attuale regime di incentivazione all’autoconsumo per gli impianti FV e di cogenerazione ad alto rendimento promuove l’adozione degli accumuli per incrementare la quota di energia autoconsumata. Grazie ad un sistema di accumulo integrato con un efficace sistema di gestione della domanda è anche possibile ridurre il valore di potenza installata presso un prosumer, con conseguente riduzione dei costi di fornitura.

Infine i sistemi di accumulo potranno trovare diffusione qualora anche agli impianti a fonti rinnovabili non programmabili venga posto l’obbligo di fornire servizi alla rete (ad esempio la regolazione primaria) come già avviene per gli impianti convenzionali di grossa taglia.

Tra le diverse tecnologie di accumulo ad oggi in fase di sviluppo, quali in futuro potranno trovare applicazione su larga scala?

Fermo restando il ruolo centrale che continueranno a svolgere nel sistema elettrico i sistemi di accumulo convenzionali - ovvero gli impianti di pompaggio idraulico - che offrono un importante servizio alla rete sia in termini di time shift di energia che di potenza erogabile istantaneamente, le aspettative per i prossimi anni sono per le tecnologie di accumulo elettrochimico, per le quali ci si attende una riduzione dei costi e un incremento delle prestazioni, anche in termini di estensione della vita tecnica.

Allo stato attuale, sono presenti sul mercato numerose tecnologie di accumulo elettrichimico (es. vari tipi di delle batterie al litio, le batterie sodio-zolfo, sodio-cloruro di nickel, batterie a flusso) che, nate e sviluppatesi per l’impiego in altri settori applicativi (es. alimentazione di sistemi elettronici, veicoli elettrici) oggi si propongono anche per un uso stazionario, a supporto della rete elettrica e dei suoi utilizzatori.

Per le loro caratteristiche tecniche e il loro costo, alcune di queste tecnologie si prestano meglio per applicazioni energy-intensive (es. le batterie sodio-zolfo e le batterie a flusso), mentre altre per applicazioni power-intensive (es. supercondensatori, batterie al litio). Alcune sono più adatte per installazioni di dimensione medio-grande direttamente connesse alla rete, mentre altre tecnologie sono più indicate per la realizzazione di sistemi più piccoli e scalabili, come ad esempio sistemi domestici di qualche kilowattora adatti ad essere integrati alla produzione fotovoltaica.

A fronte di questo quadro piuttosto variegato, non è detto che sarà una sola tecnologia di accumulo ad affermarsi sul mercato. Molto dipenderà dai servizi maggiormente richiesti dal mercato, dalla capacità della batteria a fornire più servizi contemporaneamente, dal valore che essa sarà in grado di fornire al suo utilizzatore e, non ultimo, dal livello del costo di investimento e di esercizio che la tecnologia raggiungerà una volta raggiunta la piena maturazione.



1 réactions


  • (---.---.---.82) 10 marzo 2014 23:40

    A me sono sempre piaciute quelle a flusso.


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