martedì 26 marzo 2013 - UAAR - A ragion veduta

L’eccezione religiosa minaccia anche la laicità francese

Per molti laici italiani il modello francese continua a rappresentare il miglior esempio da seguire. La legge che l’ha istituito, tuttavia, ha ormai più di un secolo e qualche crepa comincia ad aprirsi. Accade, non a caso, con la minoranza islamica, che rappresenta ora il dieci per cento della popolazione. Uno scenario inimmaginabile nel 1905.

Dopo anni di tira e molla giudiziario, la Corte di Cassazione francese ha annullato il licenziamento di Fatima Afif dall’asilo Baby Loup. Una struttura considerata all’avanguardia, anche perché aperta 24 ore su 24, e diretta da Natalia Beleato. Proprio lei aveva vinto il Prix de la Laïcité nel 2011, riconoscimento con il patrocinio del sindaco di Parigi, per la sua “coraggiosa azione a favore della laicità nella vita quotidiana”.

L’asilo, nel comune di Chanteloup-les-Vignes vicino Parigi, ha infatti nel regolamento il divieto di ostentare pratiche e simboli e religiosi, per tutelare il principio di laicità e garantire un ambiente senza indebite influenze religiose per i piccoli. Aveva quindi allontanato Afif nel 2008, perché voleva continuare invece a portare il velo, nello specifico un jilbab. La donna aveva fatto ricorso all’Halde, l’autorità francese per la lotta alle discriminazioni, che le aveva dato inizialmente ragione perché si trattava di una struttura privata, sebbene convenzionata con il pubblico.

Ma il tribunale del lavoro, cui si era rivolta per chiedere un lauto risarcimento, aveva confermato il licenziamento nel dicembre del 2010. Contro di lei tanti genitori e la direzione dell’asilo, preoccupati per la deriva confessionale. Il caso aveva suscitato un dibattito sullo stato della laicità in Francia nonostante la protezione della storica legge, che ormai ha superato il secolo.

Martedì scorso però la Corte ha dichiarato nullo il licenziamento, sentenziando che si è trattato di una “discriminazione”. Secondo il tribunale, il principio di laicità non può essere invocato per i servizi privati, come quell’asilo. Ma la sentenza ha suscitato la reazione negativa del governo. Il ministro dell’Interno Manuel Valls è preoccupato perché ciò rappresenta una “messa in discussione della laicità”.

La questione è particolarmente spinosa per la sinistra francese, che teme di essere considerata islamofoba e razzista se si mostra decisa contro l’integralismo. In questi ultimi anni infatti proprio l’estrema destra di Marine Le Pen ostenta un approccio laïcard contro l’islam. D’altronde, socialisti e comunisti si impegnano per i diritti civili, come il marriage pour tous, osteggiati dalle confessioni religiose coalizzate, quindi anche dai musulmani ferventi. Nel programma di François Hollande c’è la costituzionalizzazione della legge sulla laicità e il mantenimento del divieto per il velo integrale e il burqa.

Tra le reazioni, la nota giornalista femminista Caroline Fourest sul suo blog mette in guardia sulle possibili ricadute di questa sentenza per le strutture private, anche quelle che ricevono fondi pubblici. Proprio Fourest e un’altra intellettuale laica, Elisabeth Badinter, hanno lanciato un appello per chiedere al governo di aggiornare la legge sulla laicità. Una norma che “ha bisogno di essere consolidata e riaffermata, altrimenti subirà un arretramento drammatico”, mettono in guardia. Il rischio è che faccia breccia una sorte di obiezione di coscienza religiosa, che garantisca alle comunità di fede dei privilegi negli ambienti di lavoro privati e soprattutto nelle scuole. Najat Vallaud-Belkacem, portavoce dell’esecutivo, ha ribadito che il governo non esclude di legiferare sulla questione.

Al di là della sentenza, occorre innanzitutto ribadire che, razionalmente parlando, non è comunque concepibile né un modello ideale, né un modello da eternare. La laicità è un principio da applicare su società e istituzioni in costante cambiamento. Va esso stesso messo alla prova costantemente, intervenendo quando necessario. E in presenza di cambiamenti repentini, è necessario farlo spesso. La legge sulla laicità del 1905, senza un’adeguata difesa da parte delle istituzioni e senza l’impegno della componente laica della popolazione, rischia di diventare come la linea Maginot. Una struttura apparentemente granitica e protettiva, ma obsoleta rispetto alle sfide odierne e facilmente aggirabile.

Per moltissimi francesi la laicità è un dato acquisito, scontato: non sembrano quindi molto propensi a difenderla, per esempio scendendo in piazza. Al contrario, il confessionalismo si fa sempre più aggressivo in questi ultimi anni. Le religioni non rinunciano mai a chiedere e ottenere privilegi impensabili per altre organizzazioni, figuriamoci per i singoli individui. Se l’Italia è un esempio macroscopico di benefici a favore di una sola comunità di fede, il multiculturalismo rappresenta la moltiplicazione di tale situazione in un numero potenzialmente illimitato di casi. La Francia ne era fino ad ora restata immune. Ma il futuro non è scritto.



1 réactions


  • GeriSteve (---.---.---.74) 26 marzo 2013 20:31

    capisco che possano esistere reali contradizioni fra laicità e multiculturalismo, ma qui mi sembra che ci sia semplicemente una contraddizione fra una legge giusta e una sentenza sbagliata: è giustissimo che in un asilo non si possano ostentare simboli religiosi, e siccome non si prediligono alcuni simboli, non c’è discriminazione alcuna.

    In parole poverissme: se una religione impone ai suoi fedeli di ostentare simboli religiosi, e quindi questi non possono accedere a certi luoghi o funzioni, è la religione in questione e non la norma a discriminarli.

    GeriSteve


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