lunedì 11 ottobre 2010 - IlCapoluogo.it

L’Aquila - San Giuliano: la “voragine” della memoria ed il rischio idrogeologico

Una voragine enorme, almeno 30 o 40 metri cubi, aperta nel terreno subito fuori il muro superiore di cinta del Convento. Aperta dal terremoto da un anno e mezzo.

Una voragine enorme, almeno 30 o 40 metri cubi, aperta nel terreno subito fuori il muro superiore di cinta del Convento. Aperta dal terremoto da un anno e mezzo.

Arrivo a San Giuliano in un’uggiosa mattina di inizio autunno. Trovo Padre Giovanni che cura la pulizia del piazzale antistante il Convento, in prossimità del Crocifisso. Vado a trovarlo per capire di più su quello che sta succedendo (e soprattutto può succedere) ad uno dei luoghi più amati dagli aquilani: San Giuliano, con la sua pineta, il suo convento, i suoi percorsi naturalistici, anche verso la meta della Madonna Fore.

Padre Giovanni Mastroddi è il Padre Superiore del convento di San Giuliano, oltre che, oggi, suo unico e stoico abitante, visto che “le stanze non ci sono”, dice. Ne fa anche da vigile e custode, della sua storia, della sua biblioteca e del suo museo “fortunatamente rimasti senza danni, dopo il terremoto”, oltre che operaio tuttofare (“ogni giorno me ne invento una”, dirà).

Decide gentilmente di accompagnarmi a vedere questa voragine, questa ferita a cielo aperto nel cuore del terreno, che da un anno e mezzo lo preoccupa, per le sorti del Convento più che per sé stesso. Lento pede ci avviamo nei vialetti superiori. Camminando, si vedono chiarissimi i segni del movimento idrogeologico del terreno, tipici di un terreno che sta smottando lentamente.

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Sono ancora visibili, qua e là, anche le ferite malamente cicatrizzate dell’incendio del 2007.

Arriviamo infine alla zona interessata e delimitata da reti rosse di plastica, l’unico intervento di messa in sicurezza (?) operato su quest’area: una enorme voragine nel terreno, si presenta sempre più grande, via via che ci si avvicina. La cosa, francamente, stupisce, e non poco, in considerazione dell’elevato valore affettivo per la cittadinanza e di patrimonio artistico, storico e culturale dell’immobile e dell’intera area. E’ impressionante quanto grande sia, la voragine; pensare che anche sotto di noi c’era, non si sa con quanto (poco) spessore di terra sotto i piedi: il tempo di realizzare questo pensiero, fare una foto quanto più possibile “esterna” e ci allontaniamo, per non abusare ancora della pazienza di quel fragile suolo.

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Padre Giovanni già diversi mesi fa interessò l’ex prefetto Gabrielli, il quale gli assicurò “che avrebbe interessato il comandante dei Vigili del Fuoco Abruzzo e Molise”. Non successe alcunché. Un paio di mesi fa, ha contattato nuovamente la Prefettura, ricevendo come risposta “che avrebbe interessato il Comune. Anche 4,5 giorni fa ho risentito la Prefettura, ma non c’era l’addetto che scrive le lettere al Comune”.

Sta di fatto che, di chiunque siano attualmente le competenze, tutto è come diciotto mesi fa, in quest’area (come tante in città), anzi peggiora di settimana in settimana. La responsabilità è senza dubbio di chi, (da subito e comunque appena possibile dopo la fase della cosiddetta prima emergenza), non lo ha fatto. Ed il pensiero di come tutto il suolo possa muoversi in tutta l’area, ora che è arrivata un’altra lunga stagione autunno-invernale aquilana fa rabbrividire.

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“Qualche parrocchiano si era anche offerto di riempirla questa buca. Pur dicendogli che non era mia competenza, certo sarebbe stato gradito un intervento di questo tipo” si confida sorridente Padre Giovanni. E aggiunge che sotto il suolo si sono create varie “sacche” principalmente in seguito alle forti e copiose piogge degli scorsi anni. D’altra parte, è ancora nitido il ricordo di come parte di questo terreno arrivasse giù a valle, insieme a pietre e fanghiglia, scendendo dritto fino a Via del Beato Cesidio, ed oltre verso “la rotonda”, con l’incrocio con Viale della Croce Rossa e Viale Corrado IV (spesso allagandone ampi tratti) con fortissime piogge, già prima del terremoto. Figuriamoci oggi che cosa potrebbe accadere in caso di fortissimi temporali e rovesci.

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Mentre scrivo è in corso un temporale fortissimo, ed inevitabilmente penso all’acqua pluviale che sta cadendo dentro quella voragine, a quale percorso più o meno sotterraneo compirà e come e quanto eroderà ancora il terreno.

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Dall’altro versante del Convento, quello che porta alla Madonna fore, (contrariamente a quanto si può vedere sopra al Convento), sono ancora oggi ben visibili i segni dell’incendio. Salendo si notano diverse cave, che fanno riflettere su quello che ha detto Padre Giovanni a proposito delle “sacche” nel sottosuolo, e di cui la voragine è ampiamente testimone.

 

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L’elemento antropico più rilevante in questo versante (a parte le ferite nero grigiastre dell’incendio), è costituito dai tanti interventi di ingegneria ambientale, con la quale sono state realizzati terrapieni e terrazzamenti con tronchi, pietra e terra, che, da una parte, incidono poco o niente a livello di impatto ambientale; dall’altra, assicurano in modo efficace la sicurezza dell’area. Tra l’altro, specialmente verso la parte superiore del percorso, sono stati intelligentemente riutilizzati tantissimi tronchi degli alberi bruciati, per realizzare terrazzamenti nelle collinette, ad impedirne lo smottamento e lo scivolamento.

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Tornando invece all’area del Convento, non si riesce a capire perché non siano stati realizzati analoghi interventi: al di là del tipo di ingegneria da utilizzare e delle relative tecnologie, sarebbe bastata sicuramente quella del buon senso.

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Ridiscendendo verso il piazzale, Padre Giovanni racconta di come i frati abbiano realizzato anticamente un acquedotto, dalle sorgenti che si trovano sull’altro versante, di quale sia la tecnologia utilizzata, della scritta mutata negli anni sul simbolo della città, dell’amore –evidente- per il “suo” Convento, dei gioielli di conoscenza racchiusi nella biblioteca e nel museo. La voragine, se è ben chiara nel terreno, certo non esiste nella memoria storica di questa persona, che “resiste” al suo posto.

Ci salutiamo, augurandoci che l’articolo “possa smuovere qualcosa”. Lieto e rasserenato da questo incontro, vado via. Per strada rifletto sul rischio idrogeologico dell’area e della città, specialmente da un anno e mezzo in poi.

Intanto inizia a piovere, e l’autunno ricorda che è arrivato un’altra volta…

di Paolo Della Ventura



1 réactions


  • (---.---.---.186) 11 ottobre 2010 13:05

    carissimi Padre Giovanni e Paolo Della Ventura, sono Berardino Bocchino, speleologo e mi occupo a livello professionale proprio delle problematiche come quella che a voi preoccupa. Se lo ritenete opportuno sono a vostra disposizione per effettuare gratuitamene un sopralluogo. Comunque, visto che le istituzioni non vi danno ascolto, potreste rivolgervi a qualche gruppo speleologico presente nella vostra zona e sicuramene possono fare al caso vostro.

    Berardino Bocchino [email protected]


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