Khashoggi e Regeni: trova le differenze
Queste ammissioni, queste verità di mezzo, sono arrivate neanche 20 giorni dopol’ingresso (senza più uscirne vivo) di Khashoggi nel consolato saudita di Istanbul.
Dal Cairo, a 33 mesi esatti dal rapimento di Giulio Regeni, seguito dalla sua sparizione forzata, da efferate torture e dal suo assassinio, la verità non l’abbiamo ancora. Né una intera, né una di mezzo, che ovviamente non basterebbe.
Cos’ha fatto la differenza tra le due vicende, le cui due vittime – è opportuno sottolinearlo – non avevano peraltro nulla in comune, non essendo Giulio né un giornalista né un dissidente?
Quando le voci sull’assassinio di Jamal Khashoggi all’interno del consolato saudita si sono fatte insistenti, molti governi e anche varie aziende hanno preso posizione e minacciato ripercussioni sul piano politico e commerciale. Da ultimo, non poco titubante, si è mosso anche il numero Uno tra gli amici dell’Arabia Saudita, il presidente statunitense Donald Trump. L’Arabia Saudita è stata forzata ad ammettere che pezzi rilevanti dello stato avevano preso parte a quell’omicidio.
Tutto questo non è avvenuto per Giulio Regeni: tre successivi governi timidi nel chiedere la verità, nessuna pressione concertata a livello internazionale sul presidente al-Sisi, nessuna minaccia di ripercussioni sul piano commerciale.
Il risultato è che due anni e nove mesi dopo quel maledetto 25 gennaio 2016, nonostante l’impegno della procura di Roma, gli sforzi dei legali italiani e dei colleghi egiziani e la mobilitazione dell’opinione pubblica, la verità non è ancora arrivata.