sabato 17 febbraio 2018 - Fabiano Colombari

J’Accuse

Correva l’anno 1898 quando Émile Zola pubblicò sul quotidiano socialista L’Aurore l’editoriale ” J’Accuse…!” per denunciare le illegalità commesse nel processo nei confronti del militare francese Alfred Dreyfus 

Ebbene, dopo 120 anni, all’anniversario dei 70 anni dalla stesura della Carta Costituzionale il “J’Accuse” odierno si orienta contro le carenze di ossigeno nel sistema economico e democratico nel Paese che mettano a repentaglio valori come il diritto al lavoro, alla giustizia sociale, solidarietà e responsabilità civile.

Nel 1955 Piero Calamandrei in una scuola milanese chiedendo a cosa possa servire questo «pezzo di carta, che se lo lascio cadere, non si muove» rispose riprendendo l’Articolo 3 della Costituzione:

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Quindi dare lavoro a tutti, dare una giusta retribuzione a tutti, dare una scuola a tutti, dare a tutti gli uomini dignità di uomo. Soltanto quando questo sarà raggiunto, si potrà veramente dire che la formula contenuta nell’articolo 1 – L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro – corrisponderà alla realtà. Perché fino a che non c’è questa possibilità per ogni uomo di lavorare e di studiare e di trarre con sicurezza dal proprio lavoro i mezzi per vivere da uomo, non solo la nostra Repubblica non si potrà chiamare fondata sul lavoro, ma non si potrà chiamare neanche democratica (…). E allora voi capite da questo che la nostra Costituzione è in parte una realtà, ma soltanto in parte. In parte è ancora un programma, un ideale, una speranza, un impegno di lavoro da compiere

Poi aggiunse:

Ma c’è una parte della nostra Costituzione che è una polemica contro il presente, contro la società presente. (…) Dà un giudizio, la Costituzione, un giudizio polemico, un giudizio negativo contro l’ordinamento sociale attuale, che bisogna modificare attraverso questo strumento di legalità, di trasformazione graduale, che la Costituzione ha messo a disposizione dei cittadini italiani.

Piero Calamandrei

La Costituzione Italiana, per Calamandrei e per i padri costituenti, non presenta solamente una generica esposizione di principi, ma disegna il senso stesso della collettività indicando le politiche affinché questa possa indirizzarsi al meglio.

L’impronta grossolanamente di stampo Keynesiano pone il lavoro a fondamento, come principio di ciò che segue e ne dipende: dal lavoro, le politiche economiche; dalle politiche economiche, l’economia. Oggi, assistiamo a un mondo che, rispetto a questa sequenza, è rovesciato: dall’economia dipendono le politiche economiche; da queste i diritti e i doveri del lavoro. (Gustavo Zagrebelsky – Fondata sul lavoro (Einaudi))

L’ex Presidente del Senato Meuccio Ruini, già senatore del Regno d’Italia, durante la seduta parlamentare del 12 marzo 1947 puntualizzò che il lavoro va inteso “nel senso più ampio, cioè comprendente il lavoro intellettuale, il professionista, lo stesso imprenditore in quanto lavoratore qualificato che organizza la produzione e non vive, senza lavorare, di monopoli e privilegi” sottolineando come le teorie economiche ottocentesche non possono reggere in epoca moderna.

Nell’ottobre 1946, alla Costituente, il deputato Mario Cevolotto spiega così come dovrebbe essere il programma economico in linea ai principi costituzionali:” Allo scopo di garantire il diritto al lavoro di tutti i cittadini lo Stato interverrà per coordinare e dirigere l’attività produttiva dei singoli e di tutta la nazione secondo un piano che dia il massimo rendimento per la collettività. Quindi intervento dello Stato nella produzione, intervento cui si arriva attraverso la garanzia del diritto al lavoro … senza un ritorno al liberismo né una regolamentazione totalitaria dell’attività produttiva”.

(Il neoliberismo, l’ideologia alla radice di tutti i nostri problemi – Eunews.it)

(Le false promesse della digitalizzazione – Il Manifesto)

In prospettiva futura il deputato del PCI Renzo Laconi disse:

«Noi non siamo in grado oggi di stabilire delle garanzie e delle sanzioni per la realizzazione di questi diritti, ma qualcosa possiamo fare: noi possiamo fare i principi, possiamo stabilire le direttive entro le quali dovrà orientarsi il legislatore di domani».

“Non si può negare in modo assoluto che un giorno le forze regressive possano avere la prevalenza. Noi abbiamo il dovere di immaginare anche il peggio .

Ora fate l’ipotesi che la nostra rappresentanza fosse completamente eliminata e sedessero in questa Camera solo rappresentanti della Nazione aventi un orientamento regressivo e volessero formare una legge che contrastasse questi diritti al lavoro, li limitasse, li annullasse. La Corte costituzionale dovrebbe dichiararne l’incostituzionalità.

Gustavo Ghidini, avvocato e membro della I legislatura della Repubblica.

Intervento Parlamentare.

Un nuovo concetto di lavoro per superare il capitalismo

Abbattere la competizione sul lavoro per superare il neoliberismo – Tribuno del Popolo)

(Islanda: parità salario tra uomo e donna – Agenzia Ansa)

(Il reddito di base è il welfare del nuovo secolo – Il Manifesto)

(Lavoro, le 28 ore in Germania? Nel resto d’Europa se ne fanno meno che in Italia. Olanda, settimana lavorativa da 4 giorni – Il Fatto Quotidiano)

E’ necessario ed occorre quindi dar prospettiva andando oltre all’ideale moderno verista dell’ostrica. Nei principi fondamentali della Carta Costituzionale è viva ed è tuttora presenta un’idea di paese e di società per la quale bisognerebbe impegnarsi; “è compito della Repubblica rimuovere…” gli ostacoli che limitano la libertà e l’eguaglianza, “è compito della Repubblica promuovere…” le autonomie locali, ovvietà non scontata dopo il ventennio centralista e totalitarista fascista,il diritto al lavoro, “la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica”; e infine promuove le organizzazioni impegnate nella pace e la giustizia internazionale.

Il lavoro, dunque, la cultura e la pace: questi sono i pilastri che la Costituzione ci suggerisce di perseguire. Una repubblica deve perseguire sempre i propri valori culturali, le proprie idee del mondo, concetti che tengono unita una comunità anche nelle situazioni di crisi economica-sociale.

La Carta Costituzionale ci suggerisce quindi la strada e l’agenda politica da perseguire, non solo durante il tempo delle elezioni.

La Costituzione, figlia di una scrittura collettiva, ci mostra, quindi, un’eredità e una sfida impegnativa e mai pienamente raggiungibile.

 

J’Accuse.



1 réactions


  • pv21 (---.---.---.107) 17 febbraio 2018 20:11

    TRESCONE >

    La decantata democrazia “diretta” (digitale, fluida, ..) evidenzia carenze e limiti comparabili a quelli imputati agli altri sistemi di gestione dei processi politici.


    Primo. In nome delle professate “onestà e trasparenza” ai soggetti scoperti (da fonte esterna) inadempienti viene chiesto di andare, sua sponte, a sottoscrivere subito la rinuncia alla candidatura ottenuta; così da non “menomare” consistenza ed attendibilità della futura rappresentanza parlamentare. Questo in deroga al dettato della Costituzione (art. 66).

    Mentre per i candidati “papabili” resta da verificare a posteriori il possesso di capacità adeguate al ruolo demandato di ‘normare’ la cosa pubblica.


    Secondo. Una ipotetica “convergenza” sull’azione del governo da parte di altre forze politiche viene subordinata all’odierno impegno formale di votare per il dimezzamento dei compensi parlamentari e la rendicontazione puntuale dei rimborsi spese.

    Per contro, stando ai contenuti, logica e struttura del progetto di governo sbandierato appaiono assimilabili ad una sorta di corposa lista della spesa redatta in assonanza con i “desiderata” qua e là raccolti.

    SE DECINE sono i miliardi calcolati (aliquote, pensioni, posti lavoro, sanità, ..) da erogare ogni anno a favore di varie categorie, una riduzione dell’abnorme montagna di Debito pubblico viene programmata, guarda caso, in 1 decennio (ossia 2 legislature). Quando si sa bene che nostro primo tornaconto è inibire quanto prima le possibili “vampate” della finanza speculativa.


    Non si qualifica per democrazia “novatrice” il lancio di balli di gruppo, rumorosi e coinvolgenti.

    Mettere mano a patrimoni, norme e valori giova se è preludio di un Ritorno alla Meta


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