giovedì 19 dicembre 2019 - Riccardo Noury - Amnesty International

Iraq, la campagna di terrore contro i manifestanti

“Prima ci sparavano addosso durante le manifestazioni, ora ci aspettano sotto casa. Inutile fuggire, tanto sanno dove abitiamo”.

Nelle ultime due settimane in Iraq numerosi manifestanti sono stati uccisi, rapiti e fatti sparire, nella maggior parte dei casi mentre rientravano nelle loro abitazioni dopo aver preso parte alle proteste. Altri sono scampati a tentati omicidi.

Dopo 450 morti e più di 20.000 feriti dal 1° ottobre, nel paese è in corso una vera e propria campagna di terrore contro chi scende in piazza o promuove e sostiene le proteste.

L’obiettivo delle autorità irachene, lungi dal porre freno alle forze di sicurezza e indagare sull’ondata di uccisioni e rapimenti, è di spargere paura per impedire ulteriori manifestazioni.

Dopo la denuncia dei giorni scorsi di Human Rights Watch, arriva ora quella di Amnesty International, che ha raccolto e diffuso le testimonianze di nove attivisti, manifestanti e parenti di attivisti scomparsi a Baghdad, Karbala e Diwaniya.

Ecco due di queste storie.

L’ 8 dicembre un noto attivista di Kerbala, Fahem al-Tai, è stato assassinato da sconosciuti. L’11 dicembre a Baghdad è stato ritrovato il corpo di un altro attivista, Ali Najm al-Lami, membro dell’Unione degli scrittori iracheni e del Partito comunista.

Sempre l’11 dicembre l’attivista per l’ambiente Salman Khairallah Salman è scomparso nel quartiere al-Kadhmiyah di Baghdad, dove si era recato per acquistare tende per i manifestanti di piazza Tahrir. Dopo due giorni i suoi parenti hanno appreso che potrebbe essere trattenuto in un centro di detenzione all’interno dell’aeroporto al-Muthana.

Una buona notizia è arrivata per fortuna nella mattinata di ieri: il fotografo 24enne Zaid al-Khajafi, tra i più attivi nel pubblicare sui social media le immagini delle manifestazioni, è ricomparso a casa, da dove era stato rapito il 6 dicembre.




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