martedì 5 giugno 2018 - Riccardo Noury - Amnesty International

Iran: se 50 persone giurano che è colpevole, un imputato viene messo a morte

 

Taherer, i media locali ne riportano solo il nome, una donna iraniana di 34 anni, è stata arrestata il 22 marzo 2015 con l’accusa di aver ucciso il marito nel corso di una lite.

Secondo quanto riferito dall’organizzazione Iran Human Rights, la donna ha dichiarato che è stato il marito a uccidersi con una coltellata al petto, un’ipotesi che però l’autopsia ha escluso, attribuendo il colpo mortale a un’altra persona che era a stretto contatto con l’uomo.

Tahereh è stata condannata a morte su richiesta della madre della vittima, ma la Corte suprema ha respinto il verdetto.

A questo punto, il giudice ricorrerà all’istituto giuridico islamico del “qassameh”, il modo più incerto di provare un crimine: se un certo numero di persona lo giura, l’imputato è automaticamente colpevole.

Così, al parente più prossimo della vittima sarà chiesto di portare in tribunale 50 parenti maschi, nessuno dei quali ovviamente testimone del delitto, affinché giurino sulla colpevolezza di Taherer.

Nel caso in cui i 50 parenti maschi non si trovino, l’imputata potrà giurare 50 volte di seguito la sua innocenza ed essere assolta.

Il ricorso al “qassameh” è deciso dal giudice di un processo quando ritiene probabile che un imputato sia colpevole di omicidio o lesioni fisiche ma non ci sono abbastanza prove o tempo sufficiente per cercarle.

Occorrono, come nel caso di Taherer, imputata di omicidio volontario, 50 persone pronte a giurare la colpevolezza, 25 nel caso di omicidio colposo.

L’ultima esecuzione tramite ricorso al “Qassameh” ha avuto luogo il 30 ottobre 2017 nella prigione di Rajai Shahr, nei confronti di un uomo chiamato Mojtaba Ghiasvand.




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