sabato 15 aprile 2017 - Sammy R.

Internet e Google ci rendono stupidi?

La pubblicazione nel 2010 di The Shallows: What The Internet Is Doing To Our Brains valse a Nicholas Carr addirittura la nomination al premio Pulitzer. La sua tesi però era già in giro dal 2008, anno in cui The Atlantic pubblicò il suo articolo Is Google Making Us Stupid?. Ne scaturì un accesissimo dibattito perché la tesi di Carr è forte e chiara: internet minaccia le capacità cerebrali di noi tutti.

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involuzione

Ora che sono passati ben nove anni dalla sua pubblicazione, siamo ancor più iperconnessi. Passiamo da un contenuto all'altro di continuo, surfando il web come avessimo da sempre quella tavoletta - lo smartphone, il tablet, o il mouse del pc - attaccata alle dita. Alcuni, i c.d. nativi digitali, ci sono nati. Ma per quanto siano svelti nell'apprendere e usare nuove tecnologie, le loro menti ne stanno davvero beneficiando? Il multitasking è un vantaggio o ci rende superficiali? Forse entrambe le cose.

Tuttavia la visione di Carr non è apocalittica, ma invita a riflettere in modo critico su quanto stiamo diventando distratti e meno capaci di concentrarci, di prediligere il contatto umano a quello artificiale, sacrificando ciò che ci circonda realmente a favore di un'esperienza virtuale di cui ci resta meno di quanto pensiamo. In un'intervista all'autore di Repubblica gli viene chiesto se stiamo "delegando la nostra intelligenza". Egli risponde che un software o un algoritmo risolvono problemi al posto nostro, ma che "se deleghiamo ogni pensiero e azione a un'app, diventiamo criceti sulla ruota".

Come rimediare?

Secondo lui la migliore soluzione al problema è prendersi una pausa dalla rete e dai troppi input che ci dà e che pur volendo non riusciamo a seguire fino in fondo. Il consiglio è tornare quindi alle cose semplici, tangibili, intense e possibilmente ininterrotte. Una passeggiata, un libro, un museo, l'ascolto - senza guardare il telefono - di chi ci sta parlando. La psicologa Sherry Turkle, autrice di Connected But Alone, suggerisce in particolare di aspettarci più da noi stessi che dalla tecnologia.

Questo non deve per forza sembrare un processo ad internet, a Google, a Facebook ed a tutti gli altri colossi del caso. Ci sono molti lati positivi nel progresso tecnologico cui abbiamo assistito e cui tuttora ogni giorno assistiamo. Ma che siamo un po' più androidi, per dirla alla Philip K. Dick, è vero, e forse la colpa non è tanto di internet quanto nostra.



4 réactions


  • pv21 (---.---.---.239) 18 aprile 2017 19:07

    NEWless >

    L’USO di percentuali è un espediente mediatico più che ricorrente in quanto atto a camuffare e manipolare la reale consistenza dei fatti.


    Ne offre esempio, tra i tanti, la recente sortita dell’On. Luigi Di MAIO sul “40% dei loro criminali” che l’Italia ha importato dalla Romania.

    Asserzione condivisa con il Procuratore di Messina che, a sua volta, ha citato le parole dette nel 2009 dall’allora Ministro degli Interni Rumeno.


    Nel merito.

    NESSUNO ci ha fatto anche sapere a quanti casi (in totale) è da riferire il suddetto rapporto del 40%. Un “particolare” affatto secondario ai fini di una valutazione oggettiva di tale notizia.

    La “rilevanza” del fenomeno additato cambia infatti parecchio se il totale dei mandati di cattura in esame ammonta a 100 o a 1000, oppure a 10mila o 100mila.

    A prescindere dalla presumibile differente gravità dei reati commessi e delle condizioni scatenanti, c’è una bella differenza tra “importare” 40, 400, 4mila o 40mila “criminali”.

    Conoscere siffatta entità numerica potrebbe perfino arrivare ad azzerare l’impatto emotivo della notizia data.


    Ergo.

    Quando basata e formulata solo tramite percentuali l’informazione è di fatto una “non notizia”. In generale: focalizzare e “pesare” il contenuto può evitare di venire Travolti dalle Informazioni


    • Sammy R. Sammy R. (---.---.---.134) 18 aprile 2017 19:15

      Guardi credo abbia sbagliato articolo...


    • pv21 (---.---.---.239) 18 aprile 2017 19:47

      Non credo >

      Dire che “internet minaccia le capacità cerebrali di noi tutti” significa anche che ci induce a prendere per buono tutto quello che vi troviamo.

      Ossia non esercitare più alcuna capacità critica (dote umana) sulle “verità” che ci vengono ogni giorno propinate. (nota: quanto da me citato compare in un post di Di Maio su Facebook)

      E questo condiziona di sicuro anche la “natura” del nostro modo di vivere e la tenuta dei rapporti interpersonali. Saluti …


    • Sammy R. Sammy R. (---.---.---.134) 18 aprile 2017 23:30

      Certo, per quanto io non trovi Di Maio particolarmente illuminante, sono d’accordo con lei


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