India contro Bharat, le marce di Rahul
Più dell’Iran, con elezioni già dimenticate. Più della Russia putiniana che festeggia lo zar eterno, più degli States incapaci di rinnovarsi e fermi a un duello vecchio di quasi un decennio, nell’anno delle urne globali è il Paese-continente ad accentrare l’attenzione maggiore per la ciclopicità d’un evento lungo due mesi.
Oltre novecento milioni di elettori che iniziano a votare il 19 aprile e a scaglioni andranno avanti fino a maggio per la divulgazione dei risultati ai primi di giugno. Uff… una maratona altamente defatigante che vuol tenere i contatti con la democrazia in una nazione infatuata dall’omologazione autoritaria. Tale appare, anno dopo anno, il clima imposto dal partito-regime del premier Modi alla ricerca d’una terza investitura. Per fermare lui e il Bhratiya Janata Party ostentatamente hindu condito del peggior fanatismo razzista, il Partito del Congresso, di tradizione riformista ma finito in un familismo clanista già ai tempi di Indira Ghandi e poi in caduta libera verso corruzione e malgoverno con Sonia e Rajiv Ghandi, tenta una rincorsa che pare impossibile. Ha formato con altri gruppi d’opposizione l’Alleanza Nazionale Indiana Inclusiva per lo Sviluppo (l’acronimo fa India). Con quest’unione spera se non di conquistare la maggioranza, per lo meno di risalire la china visto che gli ultimi anni politici l’hanno relegato in un angolo del Lok Sabha (la Camera Bassa) con 52 seggi contro i 303 del Bjp. E’ ancora una volta un Nehru-Ghandi - l’ex rampollo Rahul, oggi ultracinquantenne, il tempo passa per tutti - figlio di Sonia e nipote di Indira a metterci il faccione da contrapporre a quello enigmatico del Narendra nazionale. Nel suo mescolare la tradizione con cui ha inanellato marce ancestrali, attraversando da nord a sud il Paese, e modernismo pop: il raduno stile Bollywood organizzato domenica a Mumbai per lanciare la campagna elettorale, il mite Rahul prova a colmare un distacco tuttora abissale fra la sua India del dialogo e la Bharat della supremazia hindu.
Nel corso delle sue marce: da nord a sud, nel 2022-23, da est a ovest fino a domenica scorsa la gente osserva il sudore imperlargli la fronte, uomini e donne toccano i suoi abiti, gli parlano e ascoltano dalla sua voce gli inviti all’unità e il desiderio di libertà individuale e collettiva. L’operazione immersione nella multiforme realtà indiana sembra funzionare, eppure i numeri in un Paese a più di nove zeri sono sempre deficitari. E’ vero che alcune reti televisive hanno diffuso servizi sull’iniziativa promozionale del leader del Partito del Congresso, però i canali nazionali su cui regna il controllo governativo sorvolano o sottovalutano. "Panch nyay" i "cinque pilastri della giustizia" per donne, giovani, agricoltori, operai e giustizia in termini di equità sono stati il fulcro del verbo di Rahul. Durante il cammino ha annunciato un pagamento annuale d’una rupia lakh (1.200 dollari) per ogni donna al di sotto della soglia di povertà e una prenotazione del cinquanta per cento in tutte le nuove assunzioni di posti di lavoro del governo centrale per le famiglie povere. Una promessa in funzione elettorale. Un lancio populista per contrastare il “welfare governativo” di Modi che nel suo decennio di potere ha lanciato programmi di sviluppo per le donne e i ceti svantaggiati per calamitarne il voto, cui non sono seguite concretizzazioni di sorta. In un’intervista televisiva Aiyshwarya Mahadev, portavoce del Partito del Congresso, ha dichiarato che in ogni tappa delle marce "abbiamo interagito con parti interessate alle nostre parole d’ordine unificanti, la popolazione parlava dei suoi problemi. Questo ha contribuito a plasmare ulteriormente il nostro programma, ci ha offerto spunto per ulteriori idee. Diversi partiti regionali e i nostri alleati nel blocco India hanno proprie posizioni che saranno presentate come proposte per le elezioni". Secondo lui tutto in armonia e pluralismo. Con perfidia dal Bjp dicono che gli avversari si caratterizzano per il caos regnante nell’Alleanza. Comunque la dura valutazione nasconde quasi un compiacimento, come a dire: con un’opposizione così andremo sul velluto.
Enrico Campofreda