mercoledì 28 settembre 2022 - Osservatorio Globalizzazione

Il tramonto della Bundesrepublik è l’alba di una nuova Germania

Sostenere che la Bundesrepublik è morta, parafrasando Friedrich Nietzsche, non è affermazione esagerata. La crisi che oggi travolge in pieno Berlino rappresenta infatti un attacco alle più intime fondamenta del modello tedesco, il quale, inevitabilmente, necessita di essere ripensato e superato.

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Non solo energia: perché il modello tedesco è al capolinea

Che la Germania si trovi in balia della crisi energetica scatenata dal conflitto ucraino è cosa nota. Con prezzi alle stelle, la Repubblica Federale è posta sotto enorme pressione. Inflazione, caro-bollette, chiusura di aziende nonché probabili lockdown produttivi e razionamenti energetici erodono dall’interno la stabilità di cui per decenni Berlino ha potuto godere. Al punto di considerarla scontata. Il malessere sociale, per di più, si insinua tra le crepe di un Paese frammentato lungo faglie regionali, tra cui — la più importante — quella dell’Elba tra Ossis e Wesses. Ridurre il momento di difficoltà all’aumento dei costi energetici, tuttavia, sarebbe riduttivo. La crisi odierna infatti ha carattere più che strutturale: esistenziale. Esito dei molteplici sconvolgimenti che hanno attraversato il sistema internazionale negli ultimi mesi, le difficoltà vissute dalla Germania riguardano in primo luogo l’affanno della sua economia manifatturiera vocata all’export e la fine della rendita securitaria ereditata a seguito del secondo conflitto mondiale. Ma queste, a loro volta, aprono le porte al dissolvimento della visione del mondo della Bundesrepublik: ciò che è oggi in gioco è il modo stesso di stare al mondo del popolo tedesco, il quale è chiamato a fare i conti con la fibra più profonda del proprio essere. Di qui il carattere esistenziale della crisi.

Economia e sicurezza dunque i due vettori che convergono nel mettere in crisi la Weltanschauung della Repubblica Federale. Partendo dalla prima, la crisi del modello esportatore tedesco dipende sicuramente dall’aumento del costo degli input energetici derivante dal conflitto, il quale erode drasticamente i vantaggi comparati dell’industria nazionale, ma ha in realtà origini più profonde. Dipendente da mercati di sbocco e catene del valore verso cui non possiede forma di controllo alcuna, l’industria tedesca si scopre alla mercé del processo di de-globalizzazione oggi incombente. Emblematico è il caso dei rapporti con la Cina, dove il perdurare della politica “zero covid” e l’intensificarsi delle tensioni con Washington pongono a dura prova le relazioni commerciali con un mercato di riferimento fondamentale. In secondo luogo, il ritorno della guerra nel Vecchio Continente risveglia Berlino dal lungo torpore strategico in cui era stata confitta dagli americani a seguito della disfatta nel secondo conflitto mondiale e in cui era sprofondata al termine della guerra fredda. La Zeitenwende annunciata al Bundestag dal cancelliere Olaf Scholz sustanzia così il riarmo tedesco, nel giubilo degli stessi alleati che, in tempi non troppo lontani, sarebbero rabbrividiti di fronte a tale scenario. Inoltre, crisi dell’industria e aumento delle spese per la difesa — specialmente se congiunti agli enormi disagi economici che cittadini e imprese dovranno affrontare questo inverno — non potranno non ripercuotersi negativamente sulla qualità del welfare, autentico collante sociale che, garantendo benessere diffuso, ha tradizionalmente funto da surrogato a un senso di unità nazionale. I presupposti del terremoto che scuoterà dall’interno le fondamenta del modello tedesco infine assumono tratti ancora più cupi se a queste valutazioni si aggiungono le considerazioni sul declino demografico che la Germania sarà destinata ad affrontare nei prossimi anni. Lo squilibrio demografico del Paese, unito al pensionamento di massa dei baby boomers autori della rinascita industriale tedesca, determinerà una gravissima contrazione della forza-lavoro (nonché di consumi e contributi), difficilmente colmabile dalla manodopera di un est Europa che ha prematuramento imboccato il percorso di inversione della piramide demografica. Il mondo in cui la Repubblica Federale è sorta e ha prosperato, in definitiva, è giunto al termine.

Se la crisi del motore tedesco risveglia risentimenti e malessere sociali, mettendo alle strette Berlino e richiamandola alla necessità di porre al primo posto l’interesse nazionale, il riarmo delle Forze armate annuncia il ritorno della cultura strategica e della consapevolezza della realtà conflittuale, financo violenta delle relazioni internazionali. Il tutto in un contesto di forte instabilità che pone a repentaglio la pace sociale nel Paese. Insomma, la crisi che travolge la Repubblica Federale desta con veemenza i suoi cittadini dalla condizione postmoderna in cui hanno avuto il privilegio e il piacere di vivere, calandola nuovamente nel tumultuoso flusso della storia. Il tempo della Bundesrepublik “potenza civile”, avversa al rischio e amante della pace è ormai agli sgoccioli. Al bando minimalismo e introflessione. La nascita della nuova Germania si preannuncia evento imminente. Nella speranza — prima di tutto dei vicini europei — che le doglie del parto non risultino eccessivamente dolorose.

 




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