Il sostegno pubblico all’istruzione privata aumenta inefficienza e discriminazioni
Da tempo contestiamo il sostegno pubblico alle scuole private, mettendo in evidenza come il risparmio per le casse dello Stato sia presunto e opinabile, e come foraggiare questo tipo di istruzione abbia conseguenze negative per la qualità della formazione e per la tendenza alla ghettizzazione.
Per questo l’Uaar ha sostenuto, specie in un periodo di crisi e tagli, la necessità di una scuola pubblica davvero di tutti. Per esempio appoggiando il referendum consultivo che il Comitato Articolo 33 ha promosso a Bologna. Anche in altri paesi la questione è sentita ed emergono criticità quando gli stati finanziano o favoriscono gli istituti privati, specie quelli di schietta impronta religiosa.
In Lousiana la controriforma dell’istruzione caldeggiata da governatore Bobby Jindal, che prevede l’erogazione da parte dello Stato di buoni scuola da spendere nelle scuole private, sta purtroppo dando i suoi frutti. Il progetto permetteva alle famiglie di scegliere istituti privati se quelli pubblici non avevano standard ritenuti sufficienti, e lo scorso anno sono stati messi a disposizione 30 milioni di dollari.
La Corte suprema dello stato ha sancito però che è incostituzionale dirottare soldi dalle scuole pubbliche a quelle private: la Lousiana dovrà quindi riallocare i 30 milioni usati per i voucher e prenderli da un altro capitolo di spesa. In seguito ci si è anche accorti che gli studenti delle scuole private foraggiate, soprattutto religiose e diverse delle quali con programmi incentrati sul creazionismo, danno risultati peggiori nei test rispetto a quelli che frequentano gli istituti pubblici.
Una ricerca del professor Stephen Gorard dell’università di Durham ha invece messo in evidenza come in Gran Bretagna il sostegno del governo alle scuole private religiose acuisca la divisione tra gli studenti di famiglie ricche e quelli meno agiati. Nelle faith schools, come in quelle private riconosciute dal ministero dell’Istruzione, c’è minore presenza di alunni che hanno diritto a pasti gratuiti e molte di queste “tendono a essere associate ad alti livelli di segregazione“.
A conti fatti, le scuole private religiose funzionano bene soltanto come ghetto identitario, soddisfacendo l’esigenza dei genitori di tenere i propri figli sotto una campana di vetro, indispensabile per proteggerli da un’umanità ritenuta diversa dalla loro e da influenze esterne considerate dannose e immorali.
Non a caso, negli Usa, gli acerrimi rivali della scuola pubblica assumono posizioni ancora più nette, scegliendo l’homeschooling. Desideri legittimi, ma che non si vede proprio quale interesse generale possano soddisfare. Ed è per questo motivo che ogni sostegno pubblico all’istruzione privata di stampo ideologico deve venire meno.