giovedì 18 maggio 2023 - Osservatorio Globalizzazione

Il ruolo centrale dello Stato e dei funzionari per il rilancio dell’Italia. Parla Conte (Inps)

4.200 nuove leve per l’Inps sono solo l’inizio di un ampio processo di rafforzamento della struttura pubblica di funzionari, apparato tecnico e personale dirigenziale che negli anni a venire dovrà gestire la ripresa del Paese, a partire dalla messa a terra dei progetti chiave del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Per capire le prospettive di tale processo l’Osservatorio ha dialogato con Giuseppe Conte, Direttore centrale delle risorse umane in Inps. Buona lettura!

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La Pubblica amministrazione si espande. E anche l’Inps vuole far fronte alle nuove sfide che lo attendono. Quanto è importante avere una PA motivata e preparata in questa fase storica?

All’inizio del XXI secolo, un libro profetizzava – sbagliando clamorosamente – la fine della storia. Invece l’inizio del secolo si sta caratterizzando per profondi cambiamenti, ulteriormente accelerati dalla Pandemia del 2020-22. I mutamenti di contesto (la sempre più diffusa globalizzazione, i nuovi equilibri internazionali, le trasformazioni socioeconomiche, l’accelerazione delle dinamiche sociali e normative, la radicale trasformazione digitale) richiedono che non si smetta mai di innovare, che non si smetta mai di cambiare per adeguarsi alle nuove sfide. I mille segnali del passaggio dalla società industriale a quella postindustriale, i bisogni nuovi e crescenti dei cittadini, il progresso tecnologico, tutto spinge in favore di cambiamenti radicali. E a questi cambiamenti non può restare estranea la Pubblica amministrazione, che nelle Nazioni moderne è chiamata ad accompagnare la crescita, a essere uno dei pilastri di uno sviluppo ordinato; non a caso, c’è chi ha sostenuto che una PA efficace sia uno dei presupporti dello sviluppo di un Paese. In particolare, la transizione digitale e quella ecologica richiedono alle pubbliche amministrazioni lo sviluppo di modelli organizzativi fondati sulla flessibilità e sull’autonomia. La digitalizzazione ha di fatto eliminato molte routine operative, mentre i cittadini chiedono servizi tempestivi e di qualità; è quindi necessario che, procedendo all’automazione delle attività vincolate, i dipendenti pubblici ricoprano nuovi profili professionali volti alla migliore programmazione e organizzazione delle attività e alla cura del cliente. Anche l’Inps, con un bilancio secondo solo a quello dello Stato, deve attrezzarsi per affrontare le sfide che lo attendono. Da sempre l’Istituto lo fa grazie alle sue Persone e ai suoi Talenti, che coltiva e motiva con iniziative molteplici di diffusione e sviluppo della conoscenza. Nel periodo pandemico, grazie a una solida rete tecnologica e culturale, l’Inps è riuscito a traghettare il Paese in un periodo di grande difficoltà, erogando milioni di singole prestazioni, ormai tutte digitali, e affrontando la pandemia con una squadra di persone motivate e coese che hanno dato il meglio di sé nella consapevolezza di essere un pilastro fondamentale per il Paese. In questo senso l’Istituto ha anche mutato il proprio approccio, puntando su servizi consulenziali e qualificati. Questo lo ha spinto verso un periodo di importanti investimenti, nuove sfide che includono la migliore digitalizzazione dei servizi, la semplificazione dei processi di accesso ed erogazione delle prestazioni, un costante coinvolgimento del personale in programmi culturali, lo sviluppo delle competenze digitali e comportamentali.

Quali sono le competenze più richieste oggi per una PA efficace?

Il tema delle competenze percorre sempre più estesamente ogni riflessione e ogni progetto che riguarda il mondo dell’istruzione e quello del lavoro. Anche le competenze importanti per una persona che lavora nel settore pubblico spaziano e si ampliano con l’ampliarsi delle esigenze esterne. Si è sempre più orientati all’amministrazione digitale, alla cura dell’utente, alla proattività e alla predittività rispetto alle richieste e ai bisogni anche non espressi. Delegate alle “macchine” tutte le attività e le funzioni possibili, ai lavoratori, che rimangono indispensabili, saranno richieste capacità relazionali, collaborazione, pensiero critico, problem solving, etica, creatività, estetica. In questi campi squisitamente umani, accanto al cronometro di Taylor occorre la comunità della bottega rinascimentale, accanto alla catena di montaggio occorre alimentare la visione solidaristica di Olivetti, accanto all’unità di tempo della produzione occorre l’ubiquità e il tempo scelto dell’ideazione e della relazione. Purtroppo prevale spesso una visione vecchia del lavoro: mansioni fatte di compiti destinati a essere oggetto di addestramento e a essere allocati entro procedure ben definite: una visione molecolare e frantumata. Progettare le Pubbliche amministrazioni di domani, invece, vuole dire configurare, nella concretezza e nella varietà dei processi amministrativi e nella realtà della vita delle persone, nuove idee di lavoro che offrano professionalità, identità e cittadinanza. Il competency management può essere una leva strategica delle politiche di gestione e sviluppo delle risorse umane: superando la logica della mansione, va spostata l’attenzione da cosa viene fatto a come sono svolti i compiti e a quali conoscenze, capacità tecniche e comportamentali (e di quale profondità e ampiezza) siano indispensabili al loro svolgimento ottimale. Va colta l’opportunità, offerta dalle ultime leggi e direttive, nonché dagli ultimi CCNL, di disegnare profili di competenza al fine di fare crescere le persone e supportare una programmazione per competenza delle risorse umane. Si rende, dunque, necessario adottare un cambio di paradigma, con un modello volto a non concludere la descrizione del profilo del lavoratore all’assolvimento delle mansioni previste da una posizione di lavoro, bensì a riconoscerne e accompagnarne l’evoluzione verso una caratterizzazione fondata sulla specificità dei saperi, sulla qualità della prestazione e sulla motivazione al servizio, elementi centrali anche nel disegnare carriere dinamiche per i più meritevoli e accrescere l’attrattività.

Come la PA italiana sta affrontando la sfida della digitalizzazione e delle nuove tecnologie?

Il PNRR dedica grande attenzione e risorse al tema della digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni. Da sempre l’Inps è stata una pubblica amministrazione tecnologicamente all’avanguardia ed è proprio per questo che è riuscita, nel tempo, a fare fronte al sempre crescente aumento dei propri compiti e delle prestazioni erogate. Certo, il periodo più che decennale di spending review, seppur necessario, ha portato a una stagnazione che con grande impegno stiamo cercando di superare. L’Istituto sta mettendo in campo personale qualificato e progetti di miglioramento delle competenze digitali (anche finanziati dal PNRR) per affrontare la sfida della digitalizzazione. Puntiamo molto alla semplificazione dei servizi e delle procedure, cercando di orientare alla definizione delle prestazioni in modo quanto più facile e immediato, per cui è necessario puntare su nuovi servizi e su una formazione del personale verso la re-ingegnerizzazione dei processi lavoro e verso servizi consulenziali e orientati all’anticipazione del bisogno. Da qui anche l’avvio di progetti di coinvolgimento del personale nella diffusione della conoscenza delle innovazioni tecnologiche via via in fase di realizzazione.

  1. In un contesto come quello di messa a terra del Pnrr si sta prendendo contezza del problema di sottodimensionamento degli organici. Che sfide attendono il Paese su questo fronte e l’Inps in particolare?

L’Inps, grazie a sviluppi tecnologici e investimenti culturali, è sempre riuscito a soddisfare le richieste dell’utenza anche con una riduzione costante di personale. Rispetto agli oltre 34mila dipendenti del 2000, nel 2022 l’Istituto ne ha registrati poco più di 23mila, con un calo di circa un terzo, a fronte dell’assorbimento di altri enti e della crescita delle attività, anche molte attività assistenziali (come per esempio il reddito di cittadinanza e l’assegno unico). Questa situazione porta anche a fare delle riflessioni su una diversificazione dell’organizzazione del servizio. Se da un lato l’Istituto vuole continuare a essere un ente di prossimità, dall’altro non può non fare i conti con le risorse di personale necessarie. Si sta iniziando, quindi, a rielaborare le funzioni di produzione. Contemporaneamente, ci stiamo attrezzando per effettuare procedure selettive sempre più mirate e veloci: superando la logica dei “concorsoni”, vogliamo puntare a selezioni per professionalità specifiche, introducendo anche il concorso digitale, che permetterà ai candidati di non doversi recare in un luogo unico e distante per espletare le prove concorsuali, che potranno invece essere svolte da casa. D’altro canto, l’introduzione nella Pubblica amministrazione di una gestione del personale per famiglie professionali come ampi aggregati di competenze comuni, differenziate in profili di ruolo dinamici e caratterizzati, farà sì che le procedure di selezione del personale possano essere sempre più flessibili, immediate e mirate alla selezione di profili innovativi per fare fronte alle mutevoli esigenze strategiche. Tutto ciò dovrebbe anche consentire, nel contempo, di rendere più attrattiva la partecipazione alle selezioni per la PA.

L’Inps si è rivelato un ente decisivo negli ultimi anni, essendo sempre più centrale il ruolo del welfare. Quali sono le sfide del prossimo futuro?

L’Istituto, nel solco delle indicazioni impartite dal Legislatore, intende consolidare il proprio ruolo di garanzia dei diritti, di copertura dei rischi di vecchiaia, invalidità e morte, di contrasto alla povertà. Questo ruolo sarà “interpretato” attraverso l’attenzione, l’ascolto, la considerazione dei bisogni e la proattività dei servizi. In questo senso, l’Inps propone di essere volano di competitività e facilitatore di benessere diffuso. Per realizzare il suo compito, Inps intende proporsi come un’amministrazione aperta, accessibile, trasparente, semplificata, che opera in modalità prevalentemente digitale, interconnessa in rete con altri sistemi amministrativi pubblici. Tutto ciò richiede un insieme di progettualità integrate che interessino le persone, i processi, gli assetti organizzativi e gli strumenti, per renderli adeguati alle trasformazioni in atto. Al personale, che costituisce il vero motore del cambiamento, devono essere indirizzate politiche in grado di assicurarne lo sviluppo professionale, la motivazione, l’autonomia, la flessibilità. In una logica didiversity management, occorre assicurare le condizioni affinché tutti possano esprimere appieno le proprie conoscenze, abilità, creatività, capacità di analisi e soluzione dei problemi, in un quadro di sane relazioni con colleghi, superiori e utenti. Nella veste di responsabile del Personale, lavoro per i seguenti obiettivi: una diversa gestione delle risorse umane competence based, con selezioni mirate e percorsi di crescita orientati al profilo professionale; una riorganizzazione dei servizi del personale in una logica di soddisfazione dei bisogni in tutto il ciclo di vita del dipendente, nelle fasi di selezione, di accoglienza ed orientamento, di motivazione e sviluppo dei talenti; la digitalizzazione della gestione dell’utente interno e dei servizi a vantaggio del personale.

Come coniugare la necessità di una PA forte nel Paese con quella di presentare come virtuosi i percorsi di carriera al suo interno?

Il compito di chi si occuperà di personale sarà sempre più quello di fare crescere le persone. Se la professionalità è un valore per il sistema di erogazione dei servizi nella PA, allora è necessario definire le forme del suo sviluppo, la misurabilità del suo valore, la sua certificazione. Questo è un periodo di grandi cambiamenti anche in termini di percorsi di carriera nelle Pubbliche amministrazioni, come evidenziato dagli ultimi CCNL. Con l’introduzione della gestione del personale per competenze non potranno non cambiare anche i percorsi di carriera, che dovranno essere articolati all’interno delle famiglie professionali e dei profili di ruolo. L’accrescimento e l’aggiornamento delle competenze professionali saranno assunti come metodo permanente per favorire il consolidarsi di una nuova cultura gestionale improntata al risultato, per sviluppare l’autonomia e la capacità innovativa delle posizioni di più elevata responsabilità, ma anche per orientare i percorsi di carriera di tutto il personale. Il sistema degli sviluppi di carriera e della mobilità interna deve essere guidato da tre principi, opportunità, merito, trasparenza, al fine di fare incontrare le caratteristiche e preferenze personali con le esigenze aziendali. Il sistema delle carriere e della mobilità interna deve offrire un progetto alle persone, non una strenua competizione. Il nuovo CCNL delle funzioni centrali della PA affronta in questa prospettiva (capitale umano, organizzazione e formazione) il sistema di classificazione del personale e le progressioni economiche orizzontali, che spesso sono stati fattori di irrigidimento.

Quali sono i modelli di sistema che in Europa fanno scuola e come l’Italia può dare l’esempio?

Nei sistemi occidentali prevalgono tre grandi modelli di cambiamento della Pubblica Amministrazione (citando Butera): il “modello ordinamentale” di cambiamento, il modello del “cambiamento osmotico” e il “modello processuale (governed process of change)”:

• il modello ordinamentale di cambiamento (il più antico e diffuso nei Paesi occidentali di cultura tedesca, francese e italiana) parte dall’assunto che il sistema cambia quando è varata una legge che ne modifichi l’assetto; il modello “ordinamentale” si basa sull’idea di riforma: leggi, decreti, ordinamenti, regole;

• il modello di cambiamento osmotico consiste nell’adattare continuamente al mutamento del contesto le modalità e i contenuti concreti di attività, sistemi di cooperazione, conoscenze, flussi di comunicazione interni ed esterni;

• il modello di gestione del cambiamento strutturale (governed process of change), di tradizione anglosassone, consiste in programmi volti attivare processi di innovazione e cambiamento; questo modello prevede piani di medio periodo che fissino valori ed obiettivi di miglioramento del servizio, che accompagnino il cambiamento già in atto e quello che seguirà, che animino, valorizzino e canalizzino le energie disponibili, che assicurino la partecipazione del personale. Il cambiamento della Pubblica Amministrazione italiana deve utilizzare tutti e tre questi modelli, ma purtroppo raramente ha adottato il terzo, tranne che in alcuni casi. In Inps vorremmo realizzarlo e per questo abbiamo varato un organico piano di change management.

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