lunedì 18 novembre 2024 - Phastidio

Il pollo di Trilussa nel menù dell’asilo nido

Il governo modifica il piano asili nido del PNRR introducendo un obiettivo medio nazionale e uno minimo regionale. In tal modo si cristallizzano le disparità. Come non costruire i Lep dell'autonomia differenziata

Questo post è stato pubblicato in originale su Phastidio.net

di Luigi Oliveri

Egregio Titolare,

l’idea dei livelli essenziali delle prestazioni come strumento per garantire, sia pure in un’organizzazione dello Stato ove si dia spazio gestionale ed organizzativo alle regioni, a tutti i cittadini adeguati servizi e funzioni pubbliche non è di per sé male.

I cosiddetti Lep sono previsti dall’articolo 117, comma 2, lettera m), della Costituzione e sono il punto focale, capace di far funzionare o fallire il progetto di autonomia differenziata.

È, dunque, molto delicato toccare i tasti giusti, per evitare di cascare nell’effetto Trilussa, cioè trattare gli indicatori dei Lep come medie generali, tali per cui i polli spettino a pochi, ma statisticamente appaiono distribuiti equamente tra tutti (questi pixel avrebbero potuto anche citare il celeberrimo “uno per tutti e tutto per uno” del Numero Uno di Alan Ford).

 

Effetto Trilussa nel PNRR

Sebbene non si tratti dei Lep connessi direttamente al progetto di autonomia differenziata, tuttavia l’effetto Trilussa è ben visibile in tema di asili nido nel Piano Strutturale di Bilancio di Medio Termine.

La seguente figura riportata nel documento avrebbe dovuto già suscitare qualche interrogativo:

Se tutto andasse come programmato, aggiunge il documento,

Il Governo ha già disposto nuove risorse, per un ammontare complessivo di circa 735 milioni, al fine di superare i divari territoriali e infrastrutturali nei servizi per l’infanzia. Le risorse sono destinate in via prioritaria a quei Comuni che non garantirebbero il raggiungimento dell’obiettivo del 33 per cento di copertura del servizio per asili nido, andando, dunque, a finanziare l’attivazione di oltre 31.600 nuovi posti negli asili nido per la fascia 0-2 anni, in 845 Comuni. Ciò consentirà all’Italia di raggiungere l’obiettivo del 33 per cento di copertura del servizio su tutto il territorio nazionale, ma anche di contribuire al conseguimento dell’obiettivo europeo del 45 per cento al 2030, per quanto permangano criticità in alcuni territori specifici.

La legge di Trilussa sta nel 33 per cento. Si sarebbe dovuto notare che, a condizione di rispettare alla lettera le previsioni, il rispetto della media nazionale del 33 per cento è un po’ zoppicante: infatti, a riforme attuate, mentre gran parte delle regioni italiane si troverebbe con una percentuale uguale o superiore al 33 per cento, alcune altre, specie al sud, sarebbero ben al di sotto dell’obiettivo.

 

Quindi, a fronte di una media “nazionale” in linea con le indicazioni Ue, alcuni territori della Nazione risulterebbero in ritardo.

La sensazione è confermata dall’Appendice VI al Piano, che il Mef ha fatto avere al Parlamento alcuni giorni dopo.

In particolare, lo si rileva dalla TAVOLA A.VI.4:

Screenshot

Come gestire le disparità regionali

 

Si rivela l’arcano. Va garantita “un’adeguata fornitura di servizi di assistenza all’infanzia in linea con l’obiettivo di Barcellona e l’obiettivo nazionale per il 2027”; ma, siccome siamo in tempi di autonomia differenziata, “tenendo conto delle disparità regionali”.

Giusto: le disparità possono essere anche una ricchezza, se utili ad innescare una corsa al rialzo dei livelli “essenziali”.

Il fatto è, Titolare, che i Lep, se non pensati come impulso alla crescita comune, possono essere uno strumento capace di portare ad incrementare ulteriormente le disparità regionali, lasciando ai margini quelle regioni con minori servizi.

Occorre capire, in effetti, cosa si voglia dai Lep: appunto una sana competizione a migliorare le funzioni, o la presa d’atto che i “rami secchi” siano da tagliare?

 

Una visione delle funzioni e dei servizi pubblici da decenni distorta dalla volontà di sovrapporre quasi senza mediazione logiche di mercato e concorrenza potrebbe condurre a considerare normale il taglio dei rami secchi, una “riduzione del perimetro” dell’intervento pubblico, lasciando fare alla mano invisibile del mercato.

Ma, proprio nelle zone in cui i servizi dell’infanzia sono depressi e tali resterebbero anche a seguito dell’attuazione della programmazione, per esempio il mercato del lavoro è sommerso da enormi problemi proprio perché la disoccupazione è molto alta e le attività produttive asfittiche (oltre al problema della presenza della criminalità organizzata). Prevedere Lep nell’ambito delle politiche del lavoro è molto complicato, perché mentre al nord sono possibili sinergie efficaci tra intervento pubblico e privato (il “mercato” o, meglio il “quasi mercato” visto che l’intervento degli enti accreditati risulta ampiamente finanziato da risorse pubbliche), al sud questo è impossibile, in quanto gli enti, in particolare le agenzie per il lavoro, hanno quasi abbandonato il terreno.

 

La perdita dei rami secchi, o dei capelli, o delle unghie, come Ella sa, Titolare, è il rimedio di un corpo malato, che rinuncia a nutrire e mantenere efficienti parti di se stesso.

Sembra proprio questa la scelta evidenziata dall’Appendice VI al Piano, che evidenzia una scelta di disciplinare decisamente al ribasso il Lep dei servizi all’infanzia. Infatti, se da un lato i finanziamenti disponibili debbono “Garantire che le strutture pubbliche e private per l’infanzia abbiano una disponibilità di posti pari ad almeno il 33 per cento del numero dei bambini sotto i 3 anni, a livello nazionale”, tuttavia si deve contestualmente “Garantire che le strutture per l’infanzia abbiano una disponibilità di posti, pari ad almeno il 15 per cento del numero dei bambini sotto i 3 anni, a livello regionale”.

Il rischio per i Lep dell’autonomia differenziata

In pieno rispetto della legge di Trilussa, insomma se un pacchetto di regioni garantisce una disponibilità ben sopra il 33 per cento, la media nazionale è rispettata. Ma, ponendo il Lep dei posti degli asili nido nelle singole regioni al 15 per cento, vi sarà un altro pacchetto lontanissimo dalla media nazionale.

 

Tuttavia, se si dimezza quasi, a livello regionale, il livello “essenziale” delle prestazioni richiesto dalla normativa europea, tutto va bene lo stesso. Formalmente, anche le regioni con pochi, pochissimi servizi per l’infanzia risulteranno “in linea” con i Lep.

Come si nota, basta definire i Lep su parametri molto, molto bassi, per fare dell’autonomia differenziata esattamente l’opposto del volano di crescita e rendere concreto il rischio di trasformarla in fattore ulteriormente centrifugo e divisivo.

D’altra parte, Titolare, se anche i Lep al ribasso, ribassissimo, non venissero rispettati, per i cittadini vi sarebbero pochi rimedi, quasi nessuno, se non il tentativo di attivare, con difficoltà quasi insuperabili, la class action o qualche similare strumento possibilmente in futuro introdotto dalle regole di dettaglio dei Lep, che, se va bene, porta, nel caso della class action contro la PA, ad un provvedimento col quale il giudice ordina alla PA inadempiente di svolgere finalmente con efficienza il servizio denegato (come se un simile atto potesse bastare a modificare, per esempio, il disastroso attuale assetto degli asili nido). Magari, un domani si potrebbe giungere ad un risarcimento dei danni; ma, nel frattempo, i genitori ed i loro figli resterebbero comunque privi di servizi fondamentali per l’istruzione, la crescita sociale, le opportunità di lavoro.

 

I Lep possono rivelarsi seri solo a patto di puntare in alto ed introdurre misure che obblighino i territori meno attrezzati ad investire sui servizi non in linea, anche con commissariamenti immediati e norme di finanza pubblica speciali.

Altrimenti, si riveleranno un boomerang, una semplice constatazione di fatto dell’incancrenimento di inefficienze irrisolvibili, fatte passare per livelli “essenziali”.



1 réactions


  • Paride parmondombe (---.---.---.73) 19 novembre 2024 12:40

    Non vogliamo i Bitcoin dateci gli uswuc (united states of the world unit of currency)


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