mercoledì 8 febbraio 2017 - Giovanni Greto

Il Quartetto di Venezia nelle parole di Angelo Zanin

Si era concluso con scroscianti applausi e numerosi ritorni sul palco l’ultimo concerto (il sesto) del Quartetto di Venezia, il quale, per la prima stagione musicale dello Squero, il nuovo auditorium della Fondazione Cini, aveva eseguito l’integrale dei quartetti per archi (17) di Ludwig van Beethoven. Da poco iniziata la nuova rassegna, il Quartetto di Venezia è stato nuovamente invitato come “Quartetto in residenza” alla Fondazione Cini, per esibirsi in otto appuntamenti nel corso dell’anno solare. Nel primo, con la consueta classe ed eleganza, i musicisti hanno eseguito l’Adagio e Fuga in Do minore K 546 di Wolfgang Amadeus Mozart ; il Quartetto N.8 Op.110 di Dmitrij Shostakovich ; il monumentale Quartetto in Re Minore D 810 “Der Tod und das Madchen” (la morte e la fanciulla) di Franz Schubert.

Avvicino il violoncellista Angelo Zanin, che si fa portavoce del gruppo, per porgli alcune domande.

Che cosa rappresenta eseguire ed interpretare i Quartetti per archi di Beethoven?

Credo che i quartetti di Beethoven siano l'aspirazione più alta di un Quartetto. Per me, suonare i quartetti di Beethoven significa realizzare prima di tutto un sogno, il sogno di un ragazzo che studiando per tanti anni e ascoltando queste opere nei concerti aveva maturato dentro di sè la vocazione al quartetto.
Vuol dire sentirsi completamente appagato nella propria professione, dato che questi quartetti sono considerati da tutti come una delle cime più alte di tutta la storia della musica.
Vuol dire che tutti i sacrifici fatti in questi anni, sia dal punto di vista artistico che umano, sono valsi la pena.
Vuol dire che questo dono che mi è stato dato ( intendo la possibilità di studiare ed eseguire queste opere ) posso adesso restituirlo a tutte le persone che vengono a sentirci.

Se nella preparazione del repertorio insorgono delle difficoltà, come le superate?

Le difficoltà nel quartetto, come nella vita di tutti i giorni, ci sono sempre.
Credo che la cosa più importante sia sempre fare una concessione, fare un passo indietro rispetto alla propria convinzione, e, sapendo che questo comporterà da una parte ingoiare un rospo, ma dall'altra una crescita comune, la rinuncia risulta meno difficile.
Penso che sia anche bello potersi mandare a quel paese e poi riuscire a sorridersi . Il quartetto è la forma più alta di democrazia. Consiglierei a tutti i nostri politici di fare una prova di Quartetto per poter cominciare a sentire anche l'altro. Troppo spesso ormai ci si accorge che si è più abituati ad aggredire, a parlare sopra un altro o addirittura a non farlo parlare. Ecco, il Quartetto, prima di tutto, insegna proprio a non fare tutto questo.

L’esperienza allo Squero. Le vostre sensazioni. E’importante suonare in una bella sala, dotata di una buona acustica? Vi sentite più stimolati a suonare meglio, a dare di più?

L'esperienza dello Squero è stata molto bella. Appena abbiamo visto la sala, ancora durante i lavori di restauro, abbiamo capito che poteva rappresentare un’occasione straordinaria. Dopo tanti anni di concerti mi sento di dire che questa sala non ha eguali in tutto il mondo, è semplicemente unica. Avere una bella sala conta tantissimo, perchè il Quartetto vive di sfumature sottili, e tutto questo lavoro di cesello, se non fosse sorretto da una sala adeguata, si perderebbe.

Ci suono luoghi in cui non vorreste mai suonare (e qualche volta per questo motivo avete rifiutato una proposta)?

Non credo abbiamo mai rifiutato di tenere concerti a causa di una situazione acustica sfavorevole. Nel corso degli anni abbiamo suonato sia in posti meravigliosi, sia in posti tremendamente brutti, ma questo rientra nella casistica della professione, ed è molto importante anche saper sopperire ad una sala brutta modificando a volte il proprio modo di suonare.

 

Il nuovo programma per lo Squero lo avete preparato voi, in completa libertà, scegliendo anche gli ospiti (il clarinettista Alessandro Carbonare e il chitarrista Oscar Ghiglia), oppure Asolo Musica (responsabile della stagione) vi ha dato delle indicazioni di massima?

Abbiamo stilato il programma dei concerti del Quartetto in piena autonomia e libertà. Il nostro infatti è un progetto a sè stante e riguarda solo il Quartetto.

Non eravamo d'accordo neanche nell' essere inseriti in una stagione unica, assieme a tutti gli altri (il violoncellista Mario Brunello, I Sonatori de la Gioiosa Marca, I Solisti della Fenice, ndr.). Per questo abbiamo preteso e concordato che i concerti del Quartetto fossero segnalati con un manifesto a autonomo . 

Gli ospiti sono due nostri amici che ci hanno aiutato con la loro presenza ad arricchire la proposta di programma.

 

Il rapporto col pubblico. Capite se gradisce o no, se vi segue con maggiore o minore attenzione? E a proposito di pubblico, notate una differenza nei vari Paesi?

Il rapporto col pubblico c'è sempre ed è essenziale. Personalmente avverto subito se c'è un certo feeling, se c'è l'attenzione dovuta e la partecipazione emotiva. Però spesso dipende anche dalla nostra performance, dal nostro modo di stare in palcoscenico e di suonare. Credo infatti che anche il pubblico percepisca immediatamente questa sinergia con gli artisti, per cui mi sento di poter dire che per fare un buon concerto ci vogliano tutte e due le possibilità.
Sicuramente il pubblico cambia da Paese a Paese. Ci sono persone più fredde e più calorose, più preparate o completamente ignoranti, ma credo che il grande miracolo della musica sia anche quello di poter in qualche modo influire su questo aspetto.

 

Potrebbe chiarire meglio quest’ultimo concetto?

Intendo dire che a volte le persone, anche se non sono preparate culturalmente a sentire un quartetto di Beethoven, percepiscono di essere di fronte alla grande bellezza della musica.

Spesso con le nostre esecuzioni ci accorgiamo di attirare l'attenzione e di dare godibilità alla musica, anche la più difficile.

Penso che di fronte ad una grande opera d'arte si possa unire la sensibilità umana, a prescindere dalla preparazione culturale di ciascuno ( questo riguarda tutte le arti, pensa infatti ad un grande quadro o a una poesia. Spesso non hai le capacità e le conoscenze culturali per capire bene un opera d'arte, ma ne percepisci comunque subito la bellezza, la profondità e l'incanto ).

 

Come vi preparate ad un concerto? Può succedere che il concerto, per gli impegni di ognuno, diventi la prova generale?

Ciascuno di noi quattro lavora dapprima da solo, per preparare bene la propria parte, in modo da poter affrontare assieme la preparazione del brano. Senza questa preparazione non è possibile fare una buona prova di assieme. Poi, durante il lavoro comune, si cerca di sistemare immediatamente i problemi tecnici di assieme: intonazione, scelta di tempi e colori. Trovando il giusto equilibrio tra gli strumenti e lavorando duramente su ogni elemento si cerca di arrivare al cuore del compositore. Quanto si lavora, dipende un po’ dalla difficoltà del programma. Ci sono pezzi nuovi , penso al V° quartetto di Elliot Carter, che abbiamo eseguito per la prima volta lo scorso ottobre a Bologna, che richiedono uno studio smisurato. Ci abbiamo perso ore ed ore , giorni interi. Altri programmi, già molto rodati, hanno bisogno di un tempo minore, ma lo studio ci deve essere sempre! Che il concerto sia una prova generale non appartiene alla mia mentalità, il concerto è sempre la fine di un duro lavoro. Gli impegni di ognuno devono assoggettarsi alla regola del Quartetto, altrimenti nella vita è meglio fare altro.

 

Pur essendo degli ottimi professionisti, è comunque essenziale e, se sì, per quanto tempo, un esercizio quotidiano? Studiando, si usa ancora il metronomo?

Ho già risposto in parte nella domanda precedente, ma lo ribadisco qui : il lavoro strumentale personale è indispensabile e non se ne può proprio fare a meno( come farei senza il mio Bach, le Suites..., ma anche, come posso suonare i quartetti di Beethoven se non conosco le sonate per violoncello e pianoforte oppure il triplo concerto? ) Personalmente studio ogni giorno sul violoncello per prepararmi al meglio per il lavoro comune, ma anche per una mia preparazione professionale, visto che insegno violoncello al Conservatorio e soprattutto perche ho nel sangue questa passione. Insomma, come dice mia moglie, sono più assieme al violoncello che con lei. Non so fare altro e anche non mi interessa altro, vivo di musica. Quando non so che fare, prendo il violoncello e suono.

Il metronomo è uno strumento di aiuto per me, sul mio leggio lui c'è sempre. E’ una macchina, quindi ti può aiutare a capire certe tendenze che magari suonando ti sfuggono. Per esempio, in certi passaggi virtuosistici, a volte la tendenza è quella di rallentare un po’ la velocità di esecuzione. Il metronomo questo te lo indica subito e te lo fa correggere.

L'uso va fatto in maniera intelligente, certo non si può suonare la musica metronomicamente. La musica è un linguaggio, ha le stesse regole e lo stesso " parlare " di una lingua. Ci sono accentuazioni di parole come di note, c’è l'affrettando e c'è il ritardando , c'è il respiro e la cesura fra le parole come fra le note. Pertanto, l'uso del metronomo va considerato come un aiuto in certe circostanze, ma la esecuzione musicale non ha niente a che vedere col metronomo.

 Anche col Quartetto lo usiamo in maniera parsimoniosa e soprattutto quando ci sono valutazioni discordanti sulla velocità ( tu stai correndo, no sei tu che rallenti...). Non avendo un direttore d'orchestra che impone lo stesso tempo, a volte il metronomo aiuta a smussare le divergenze.

 

Si può definire, in generale, il suono di un quartetto d’archi e, in particolare, del vostro?

Questa domanda è molto, molto difficile. Il suono di un quartetto è molto personale e si delinea nel corso di anni.
Noi riusciamo a catturare immediatamente il suono di quartetti storici ( quartetto Vegh, i nostri maestri, quartetto Italiano, con il quale abbiamo anche studiato, quartetto Amadeus, quartetto di Budapest, etc.) perchè il suono di un grande Quartetto è come la voce di un grande cantante, ha un suo timbro unico. Per formarlo è necessario avere una padronanza tecnica, soprattutto dell'arco e del vibrato e questo si acquisisce nel corso di anni e anni di studio, cercando di arrivare a una tecnica comune.
Non so definire il nostro suono, spererei che ascoltandolo, magari qualcuno potesse dire “ ..sì, è il quartetto di Venezia”.

 

Come si impara ad accordare lo strumento e quanto è importante?

L'accordatura dello strumento è una delle cose più importanti e anche difficili da imparare.

Il giovane allievo non sempre ha la capacità di sentire bene l'accordatura, infatti all'inizio il maestro lo aiuta sempre, accordando lui stesso lo strumento.

Direi che l'orecchio ha sempre la parte più importante e il controllo continuo dell'accordatura aiuta molto ad abituarsi. 

Io consiglio di tenere sempre lo stesso La ( 442), in modo che l'orecchio si abitui a questa altezza del suono.

Parlando del Quartetto, la situazione è molto più complicata. Si dice infatti che il Quartetto sia un unico strumento a sedici corde, e se pensi che accordare le tue quattro è già difficile, immagina cos’è accordarne sedici.

Noi la curiamo sempre, perchè riteniamo che la buona accordatura sia sempre la base di una buona intonazione.

Controlliamo non solo le quattro corde di ciascun strumento, ma le incrociamo fra di loro per avvicinare l'intonazione. Per esempio le basse del violoncello con quelle della viola, il Sol del violino e del violoncello, etc. Ma la buona intonazione dipende prima di tutto da una impostazione corretta della mano sinistra e da moltissimi accorgimenti che bisogna usare suonando. Senza voler annoiare, per esempio, se uno strumento sta suonando una corda vuota, gli altri si devono adeguare all'intonazione di quella corda vuota e anche se la nota che stanno facendo con le dita fosse giusta di per sé, deve essere modificata a seconda dell'intonazione di quella nota che sta suonando la corda vuota.

 

Progetti incompiuti e da realizzare. Desideri, sogni.

Progetti e sogni ce ne saranno sempre nel cassetto, comunque riuscire a realizzare un nostro progetto di Quartetto con la Fondazione Cini è stato un traguardo molto, molto importante. Suonare i Quartetti di Beethoven, che a Venezia mancavano nell'esecuzione integrale da 40 anni, credo sia un sogno realizzato.
Spero che il nostro rapporto con la Cini possa svilupparsi nel corso del tempo, cercando di dare a Venezia un polo quartettistico a livello mondiale, forse è questa la cosa alla quale personalmente tengo di più. Quanto ad un sogno, spero di poter suonare magari in sale importanti dove non abbiamo ancora potuto esibirci, questo potrebbe essere un desiderio di noi tutti.

 

La situazione musicale a Venezia, in Italia, in Europa. Dove si impara meglio? Dove, se uno è bravo, può trovare un aiuto o una maggiore considerazione che gli consenta di fare carriera?

Per questa domanda bisognerebbe aprire un dibattito lungo. Ecco in breve la mia opinione. La situazione di Venezia e dell'Italia in generale è molto brutta e peggiora di giorno in giorno. Lo studio della musica così come noi lo abbiamo fatto, non esiste più.
La scuola si è evoluta in maniera diversa e i Conservatori non sono più le scuole di musica che erano ai nostri tempi.
E stata fatta una riforma che ha spazzato via il Conservatorio, non tenendo in nessuna considerazione l’unicità di quella scuola. I nostri legislatori non capiscono proprio un accidente di musica e sono arrivato anche all'idea che non interessi loro un granchè.
Per questo motivo, ci troviamo in una situazione disastrosa. La scuola non funziona più, ed è portata avanti esclusivamente dalla bravura e dalla disponibilità degli insegnanti. Intendo dire che in certi casi un ragazzo può capitare con un cattivo insegnante e quindi togliersi già in partenza ogni possibilità di crescita (purtroppo manca anche un controllo sulla qualità sull'insegnante..).
La situazione musicale, in generale, è grave. I teatri e le orchestre sono in grandissima difficoltà e non riescono ad avere buoni bilanci, e questo è dovuto principalmente a sprechi enormi e a gestioni fallimentari allucinanti. Lo Stato si tira sempre più indietro, quindi adesso cominciano ad esserci problemi notevoli. Credo che all'estero ci sia una maggior considerazione della musica e del musicista.
Paesi come l'Austria, la Germania, la Danimarca, l'Olanda, la Francia e l'America, come ho potuto constatare personalmente, danno alla musica e all'insegnamento della musica una grande importanza, di conseguenza tutta la situazione musicale va nettamente meglio.

 Il prossimo concerto allo Squero del Quartetto di Venezia, sabato 25 febbraio alle 17, vedrà la presenza di Alessandro Carbonare al clarinetto con il seguente programma: Wolfgang Amadeus Mozart, “La caccia”; Jorg Widmann, “Fantaisie”, per clarinetto solo; Johannes Brahms, “Quintetto per Clarinetto e Archi”.

 



1 réactions


  • mascherpa (---.---.---.6) 15 febbraio 2017 13:39

    Una gran bella intervista, con risposte precise, specifiche, di grande equilibrio! Ho seguito l’anno scorso i concerti dell’integrale beetnoveniana dal secondo in poi e quest’anno cercherò d’essere presente a tutti gli appuntamenti allo Squero con i maestri Vio, Battistoni, Di Vacri e Zanin.

    Vittorio Mascherpa


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