Il PD è finito: ricostruire una Sinistra unitaria
Oggi, alla luce degli esiti del congresso della CGIL, si può tornare a pensare a un grande progetto di ricostituzione della sinistra.
di Agostino Spataro
Nel 1976 il PCI da solo (contro tutti) prese il 34 e rotti % dei voti degli italiani. Nella mia provincia (Agrigento ossia nel profondo sud) prendemmo il 35,5%. Quelle furono elezioni politiche segnate da un durissimo scontro politico e da una elevata partecipazione al voto popolare.
Il 40% sbandierato da Renzi (europee 2014) fu l'esito di una specie di partita a bocce fra amici. Difatti, in meno di 4 anni il PD é precipitato al 17% e oggi é dato al 16%. Quindi, per favore... meglio evitare imbarazzanti confronti. Alla prova dei fatti (anche delle azioni dei governo) l'idea della convergenza fra comunisti e cattolici posta alla base della creazione del PD é fallita. Ognuno torni alla propria casa. Il nostro obiettivo dovrebbe essere quello di rifare una sinistra unita, autentica, democratica, moderna, e anti-liberista, schierata dalla parte dei lavoratori, dei giovani disoccupati, dei pensionati, dei ceti meno abbienti.
Chi non é di tale avviso é liberissimo di andare altrove.
Qualche idea per ricominciare… DALLA SINISTRA DISPERSA ALLA NUOVA SINISTRA GLOBALE * … In Europa la sinistra, storicamente forte soprattutto in Italia, Francia e Spagna, è crollata insieme al “muro” per implosione o perché fagocitata dal canto delle sirene del neoliberismo asociale e corruttore.
La liquidazione dei partiti di massa sia d’ispirazione marxista ma anche (demo)cristiana, il ridimensionamento del ruolo, della forza dei sindacati erano il presupposto necessario per consentire al neoliberismo di avere le mani libere nella destrutturazione, a suo favore, delle economie e delle stesse società.
Anche la sinistra “riformista”, socialdemocratica, quella – per intenderci- che si riconosce nella “internazionale socialista”, è stata ridimensionata, addomesticata e posta al servizio della finanza e del grande capitale speculativo.
A questa specie di sinistra, cui sono stati cambiati i connotati politici tradizionali, sono state affidate importanti funzioni di governo per fare il “lavoro sporco” che alla destra risulterebbe difficile fare.
Una funzione innaturale, perversa, tanto da far dire che in Europa c’è una “sinistra” che governa per conto della destra.
E’ questo il caso dei vari partiti socialisti, socialdemocratici, laburisti che hanno governato in Spagna, in Gran Bretagna, in Germania e oggi in Francia e in Italia.
Purtroppo, temiamo che a questa lista si possa aggiungere, involontariamente, anche Syriza in Grecia…
Le conseguenze di tale stravolgimento sono sotto gli occhi di tutti e si materializzano sotto forma di una precarietà diffusa e di un attacco senza precedenti ai diritti sociali e al potere contrattuale dei lavoratori, alla scuola e alla sanità pubbliche, allo stato sociale (“welfar”).
La disoccupazione, in particolare giovanile, ha raggiunto punte davvero inaudite e inaccettabili. Un attacco spietato di fronte al quale i lavoratori, i giovani sono lasciati, praticamente, soli, divisi, disorientati, impauriti.
Non ci sono partiti, sindacati, forze intellettuali disposti a difendere i loro diritti acquisiti negli anni del dopoguerra e di progettare un futuro diverso, alternativo a quello programmato dal neoliberismo…
Soprattutto, nei paesi del sud - Europa crescono disoccupazione e povertà, emigrazione legale (in uscita) e immigrazione clandestina (in entrata). Con un allarmante saldo negativo specie per l’Italia dove, nei giorni scorsi, per la prima volta, il numero dei nuovi emigrati italiani in Europa e nel mondo ha superato il numero degli immigrati (irregolari) arrivati in Italia.
Tuttavia, non tutto è perduto. Esiste una sinistra dispersa, piuttosto diffusa, potenziale direi, che cerca nuovi punti di riferimento per organizzarsi, per proiettarsi nel futuro come forza alternativa.
La nuova sinistra deve darsi un orizzonte ampio, realistico, unitario. Da soli nessuno può farcela…
Utopia? No. Solo la speranza di una grande lotta coordinata a livello mondiale e supportata da un nuovo pensiero...
… La sinistra, le forze progressiste devono proporsi, a livello mondiale, come polo alternativo al neoliberismo.
Per fare ciò è necessario tirare una netta linea divisoria fra gli interessi delle grandi corporazioni economiche e finanziarie e quelli dell’immensa platea delle vittime delle loro politiche.
Uscendo dall’equivoco, alimentato ad arte, secondo cui la lotta fra le classi è finita con il “crollo del muro di Berlino”, è stata superata dalla storia, dal mercato.
La lotta di classe non è mai cessata. Semmai, c’é da dire che si sta combattendo su un piano asimmetrico. Il realtà, si assiste alla lotta di una sola classe, quella padronale, contro la classe disarmata dei lavoratori e dei piccoli e medi produttori .
Lungo questo spartiacque ciascuno dovrebbe collocarsi, secondo l’appartenenza, secondo i propri interessi.
Obiettivo primario della nuova sinistra che verrà (siatene certi!) è quello di dare ai lavoratori una coscienza critica della realtà e un programma di riforme che punti alla salvaguardia dei diritti acquisiti, ponga sul tappeto alcune questioni di più drammatica attualità e prospettiva, quali:
1) La riduzione del ruolo del mercato e la riaffermazione del primato dello Stato democratico, laico e di diritto, unica garanzia per prevenire nuove forme di dominio assolutistico.
Insomma, più Stato e meno mercato, favorendo l’associazionismo cooperativo (specie fra i giovani), l’autogestione degli impianti in crisi o maltenuti, ecc.
2) La modifica radicale dei vigenti accordi WTO sul commercio internazionale di beni e servizi, di capitali che hanno consegnato il mondo a ciurme di strozzini e di avidi mercanti;
3) Il contrasto dei due nuovi strumenti che il neoliberismo si è dato per controllore i flussi commerciali fra Nord America e Paesi del’area del Pacifico (TTP) (già varato) e sull’altro versate con i Paesi dell’Unione europea (TTPI) (in itinere);
4) Porre la questione dell'uso sociale delle scoperte scientifiche e tecnologiche, frutto della conoscenza umana e della ricerca accademica, che dovrebbero essere considerate patrimonio comune dell'umanità e non proprietà di gruppi ristretti di speculatori.
I benefici prodotti dalle nuove tecnologie non possono essere esclusivo appannaggio di chi le acquista, ma anche delle maestranze, dei lavoratori che le usano.
Pertanto, tali benefici non vanno più distribuiti sotto forma di dividenti a pochi azionisti, ma, equamente, ai lavoratori sotto forma di aumenti salariali e di riduzione del tempo di lavoro, anche per creare nuova occupazione.
(* dalla mia relazione al convegno la “Izquierda en el mundo”, promosso dal Comitato esecutivo del PRD dello Stato del Messico.)