lunedì 5 agosto 2013 - Marinella Zetti

Identità di genere: perché fa tanta paura?

Questo è uno degli argomenti tabù o, ancora peggio, viene confuso con l'orientamento sessuale. Lo si è visto anche nel dibattito sulla legge contro l'omo e transfobia. Ne abbiamo parlato con Diana Nardacchione da anni impegnata a superare gli stereotipi.

 

L’identità di genere in Italia è un tabù o, ancora peggio, viene intenzionalmente confusa con l’orientamento sessuale. E a generare confusione non sono i soliti noti, lo fanno anche persone che dovrebbero conoscere l'argomento e impegnarsi per fare chiarezza. Eppure, che è un tema scomodo è emerso chiaramente anche in occasione del dibattito sull'ampliamento della Legge Mancino ai reati di omo e transfobia. E lo è anche per Ivan Scalfarotto, vicepresidente del Pd, omosessuale, impegnato nel movimento Lgbtqi. Per comprendere meglio, Pianeta Queer ha chiamato in causa Diana Nardacchione da anni impegnata a superare gli stereotipi legati a identità di genere, transessualismo e transgenderismo.

Identità di genere e orientamento sessuale si tende a confonderli o addirittura a considerarli sullo stesso piano, perché?
Primariamente per disinformazione, secondariamente per ottuso bisogno di razionalizzazione per cui, individuati i "normali" le persone assimilano tutti gli altri in un'unica categoria di "diversi". Obiettivamente, comunque, è una convenzione semantica stabilire che il rapporto tra due ragazze, una delle quali ha il pene e l'altra la vagina, sia omosessuale.

In particolare, perché in Italia si ha tanta paura ad affrontare il tema dell'identità di genere?

Il travestitismo è una inconfessabile fantasia dei maschi eterosessuali. Tutti gli attori italiani, nessuno escluso, lo hanno praticato sulle scene o in televisione. C'è chi lo pratica clandestinamente, tra amici complici e compiacenti (serate en travestì nei clubs privèe) e chi se ne astiene perché si riconosce grottesco nel panni femminili (a differenza delle donne che in abiti maschili non lo sono) e si limita a fantasticare (come Silvio Berlusconi: "il mio erotismo è per il 25% lesbico") di essere magicamente una donna e di intrufolarsi in un club di lesbiche. Il lesbismo è il top delle fantasie erotiche maschili. È la colonna vertebrale della pornografia. Tutto ciò è inammissibile ed inconfessabile per cui viene mimetizzato dietro il più bieco chauvinismo ("formazione reattiva”, secondo la psicanalisi).

E infine, l'essere umano ha tanti colori perché lo vogliono ingabbiare nella normalizzazione binaria maschio/femmina?
Il libero arbitrio è l'incubo del cattolico, dal quale il protestante si è liberato. Il cattolico non è abituato e non vuole scegliere, vuole essere costretto per non assumersi responsabilità, non avere rimpianti, rimorsi e recriminazioni. Ama le dittature e quando il cattolicesimo non lo soddisfa più si rivolge agli oroscopi, che gli danno parimenti l'illusione di essere il balia di altro da se.
 

 

Chi è Diana Nardacchione
Nata ad Udine il 18 gennaio 1949, è laureata in medicina e chirurgia e specialista in anestesiologia e rianimazione, specialista in psicologia - indirizzo medico ed in possesso di un diploma universitario di perfezionamento in “Tecniche sanitarie di protezione civile”.
Lasciata l’attività ospedaliera di medico anestesista per raggiunto pensionamento, insegna “Medicina delle Catastrofi” al Corso di Laurea in Scienze Infermieristiche dell’Università degli Studi di Milano. Cintura nera di judo, istruttrice di ju-jitsu ed istruttrice di soft boxe, è insegnante di “Autodifesa Femminile” presso il Centro Universitario Sportivo di Milano.

Bibliografia
- Diana Nardacchione, Adriana Perrotta: SESSO, NATURA E CULTURA in Transessualità - Identità Sessuale e Ruolo Sociale - Atti del convegno organizzato dal Centro Progetti Donna su: Transessualismo - identità sessuale e ruolo sociale.

- Diana Nardacchione: “TRANSESSUALISMO E TRANSGENDER – Superando gli stereotipi” - Collana “Duemilawatt di Controcorrente”, Casa Editrice “Il dito e la luna”, Milano, 2000

- Diana Nardacchione: MISANDROGINIA in “We Will Survive – Lesbiche, Gay e Trans in Italia” a cura di Paolo Pedote e Nicoletta Poidimani, Collana “Eterotopie”, Mimesis Edizioni, Milano, Giugno 2007 -

- Diana Nardacchione, Antonella Ratti: LE AMAZZONI – Leggende di ieri ed attuali realtà - Majs Edizioni, Torino, Giugno 2007

- Diana Nardacchione: INDENTITA’ DI GENERE TRA NECESSITA’ E SCELTA in Transessualità - Oltre lo specchio - Letture, percorsi e storie di trasformazione, a cura di Mirta Da Pra Pocchiesa e Ornella Obert, E.G.A. Editore, Torino, 2007

• Diana Nardacchione: PSICOLOGIA PER L’AUTODIFESA FEMMINILE - Collana "Le scelte delle donne" - Casa Editrice “Il dito e la luna”, Milano 2009 - ISBN 978-8886633604

• Diana Nardacchione: COMPETITIVITA’ AL FEMMINILE – Oltre l’Autodifesa - Collana "Le scelte delle donne" - Casa Editrice “Il dito e la luna”, Milano 2010

Foto: Guillaume Paumier/Flickr



11 réactions


  • Sandro kensan Sandro kensan (---.---.---.173) 5 agosto 2013 16:25

    Molto interessante, però troppo sintetico e senza spiegazioni il pensiero di quest’esperta.


    • (---.---.---.227) 6 agosto 2013 07:29

      E’ stata un’intervista. Mi riprometto di fare degli articoletti, suddividendo la problematica per argomenti omogenei.

      Diana

  • (---.---.---.113) 5 agosto 2013 16:49

    Caro Sandro,
    ti ringrazio per commento. Vedremo di far intervenire ancora Diana Nardacchione.
    Marinella


  • (---.---.---.63) 5 agosto 2013 17:27

    Due ragazze di cui una ha il pene?Ma forse una delle due non sarà mica una ragazza. Forse c’è un errore dell’ autrice.Si tratta forse di un ermafrodito, con tutto il rispetto e l’amore per la categoria?


    • (---.---.---.227) 6 agosto 2013 07:42

      No, non è un errore. L’ermafroditismo consiste nella compresenza di organi maschili ed organi femminili completi e funzionanti. Questa condizione è presente negli invertebrati (è normale, ad esempio, nelle comuni chiocciole del giardini) ma non è possibile nei vertebrati poichè gli organi dei due sessi derivano da un’evoluzione in un senso o nell’altro di organi indifferenziati embrionari. E’ possibile, nei vertebrati invece la condizione di intersessualità nella quale una parte dell’apparato genitale è di un sesso, l’altra parte è dell’altro, ma in ogni caso nessuno dei due è completo e funzionante. Questa condizione di definisce "intersessualità". Il termine di "ermafrodito" riferito agli umani è una citazione classica da Platone da Ovidio ma da parte dei giornalisti di oggi è frutto di disinformazione o di intenzionale sensazionalismo. La condizione, che io definisco di "androginia" è quella delle transessuali non, o non ancora, operate che per effetto di interventi cosmetici ed endocrinologici sono diventate indistinguibili dalle donne biologiche ma, malgrado tutto, hanno ancora pene e testicoli, funzionanti dal punto di vista sessuale ma non più da quello riproduttivo. Molte di loro, contrariamente a quanto si pensi, hanno relazioni stabili con donne. Questo fatto determina una polemica ormai decennale nel mondo delle lesbiche: ci sono locali per lesbiche che accolgono le androgine e quelli che le escludono, tramite una odiosa verifica dell’identità anagrafica tramite i documenti. Le androgine, infatti, non possono ancora in Italia avere un nome femminile. In Germania si (Kleine loesung).



  • (---.---.---.63) 5 agosto 2013 17:57

    Nell’ultima sentenza senza appello e relativa ai cattolici non in grado di scegliere che insoddisfatti lasciano il cattolicesimo e si danno all’oroscopo, è evidente che, se esistono, non si sta parlando di veri cattolici ma di una categoria di persone al pari di coloro che si ritengono autorizzati ad esternare pensieri strettamente personali e che vogliono far passare per eterne verità.Bontà loro.

    P.S. Il libero arbitrio è quella libertà di scelta che ti permette di schierarti e non può essere un incubo.E’ un non senso parlare di libero arbitrio e sentirsene oppressi, lascia il tempo che trova...

    • (---.---.---.227) 6 agosto 2013 07:47

      La mia espressione è provocatoria. Abitualmente distinguo tra cattolici e cristiani, in maniera strumentalmente manichea, lo ammetto, individuando nei cristiani coloro che praticano il messaggio evangelico. E questi, te lo posso assicurare, non sono affatto omofobi: hanno persino pubblicato un mio libro e mi invitano ai loro convegni.


  • (---.---.---.113) 5 agosto 2013 18:18

    gentile 5 agosto,
    quello che Diana Nardacchione non accetta -ed io con lei- è l’obbligo al binarismo maschio/femmina. Ogni persona è unica e insostituibile e ricca di sfumature. Insomma non esiste il bianco e il nero ma tante sfumature... impossibile inserirle tutte in due caselline.
    Per quanto riguarda i cattolici, l’autrice è molto diretta, anche in questo caso si dovrebbe affrontare l’argomento in modo molto più ampio.
    Marinella


  • (---.---.---.200) 5 agosto 2013 19:33

    Parafrasando qualcuno che non cito perché non ricordo chi fosse né la frase in modo preciso, la libertà non è poter scegliere tra bianco e nero ma potersi sottrarre a questa scelta.


  • (---.---.---.113) 5 agosto 2013 20:10

    caro 5 agosto, identità e orientamento sessuale non si scelgono! E comunque, ripeto, non esistono solo bianco e nero ...
    marinella


    • (---.---.---.130) 5 agosto 2013 20:35

      Era esattamente il senso della citazione: la libertà è avere la possibilità di non essere costretti a scegliere. Perché se l’orientamento sessuale e l’identità di genere non si scelgono, ci si può ritrovare costretti a scegliere, da vincoli sociali o mancanza di serenità introiettate, se vivere il proprio orientamento sessuale o reprimerlo (questa è una scelta) o a dover manifestare le caratteristiche di uno dei due generi, proprio il binarismo che Lei osteggia. Non essere bianco o nero, ma dover vivere, mostrarsi come bianco o nero perché gli altri attorno richiedono una posizione netta a riguardo.


      Se l’orientamento e l’identità di genere non si scelgono, la libertà vera sta nel poter scegliere cosa fare nella pratica senza subire pressioni, o addirittura rifiutarsi di dover scegliere per forza, se lo si preferisce. 

      Cito dal Suo articolo:

      "Il cattolico non è abituato e non vuole scegliere, vuole essere costretto per non assumersi responsabilità, non avere rimpianti, rimorsi e recriminazioni."

      Il cattolicesimo come scappatoia per non dover scegliere e quindi non assumersi responsabilità? Esiste una responsabilità anche più grande, commisurata alla libertà che permette: invece di delegare la propria scelta ad altri, rifiutarsi di scegliere. E’ per caso obbligatorio? Eppure è un’opzione che raramente viene indicata, perché non è proprio prevista dalle logiche binarie. In/Out, On/Off, Bianco/Nero. Tutto ciò presuppone che si debba scegliere e il cattolico, a seguire il suo articolo, si limita a delegare ad altri. 

      Ma anche decidere in proprio, senza delegare, può in alcuni casi essere una costrizione. Se si decide di uscire dalla logica binaria, ma sul serio, esiste il Bianco/Nero/Perchédevodecidere?

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