sabato 21 gennaio 2012 - Libero Mercato

I big del rating: profitti miliardari e conflitti d’interesse

Il rating, si sa, può fare molto male a chi lo subisce e rende ricco chi lo emette. Può causare grosse difficoltà ad alcuni paesi facendo lievitare il costo del loro debito e remunera profumatamente i soloni in cattedra che bacchettano a piene mani banche, governi e imprese.

E' questo il quadro, impietoso, che domina ormai il mercato finanziario globale. Le tre più importanti agenzie di rating internazionali, Standard & Poor's, Moody's e Fitch, producono insieme utili netti per circa un miliardo di dollari, ogni anno.

Non c'è crisi che possa scalfire i lauti profitti di Moody's (508 milioni nel solo 2010) o di S&P (almeno 300 milioni). Una volta c'erano le "sette sorelle del petrolio", oggi i dominus dell'economia sono le "tre sorelle del rating", che insieme con i loro giudizi decidono le sorti dei mercati finanziari influenzando le decisioni di milioni di investitori e muovendo ingenti quantità di capitali. ll loro business, dare i voti, è una vera gallina dalle uova d'oro.
 
Nei primi nove mesi del 2011 Standard & Poor's ha realizzato 1,33 miliardi di dollari di ricavi, un buon +9% rispetto all'anno precedente, Moody's cresce ancora di più (1,71 miliardi di dollari nei primi 9 mesi del 2011, +17% rispetto al 2010). Fitch invece ha archiviato i conti 2011 con 666 milioni di dollari di profitti. Insieme i tre big del rating fatturano quasi 4,4 miliardi di dollari, guadagnandone almeno uno. 
 
Anche la performance in Borsa è più che positiva: Moody's ad esempio è salita del 52% negli ultimi 2 anni e capitalizza quasi 4 volte i suoi ricavi. Trovare nel mondo aziende così solide in piena crisi mondiale, è davvero un lusso. 
 
Coflitti d'interesse

Capitan World Investment è una delle maggiori società di gestione del risparmio americane ed è il primo azionista di Standard & Poor's (detiene il 10,26%) ed il secondo maggiore socio di Moody's (12,60%). 
 
Entrambe le agenzie di rating sono concorrenti sul mercato, ma per CWI questo non importa: ha comprato 28 milioni di azioni della prima e 30 milioni della seconda. Nel dubbio, meglio puntare su entrambi. 

La pensano allo stesso modo Vanguard Group, i fondi Blackrock (primo gestore mondiale nell'asset management), State Street e molti altri grandi investitori che figurano tra i principali azionisti di Moody's e S&P. Si dirà: questi big della finanza basano poi le loro decisioni di investimento sui giudizi di quelle stesse agenzie di rating di cui sono corposi azionisti. Il sospetto di un conflitto di interessi è più che legittimo.
 
Non a caso, il commissario agli affari economici Olli Rehn ha espresso forti critiche al sistema attuale: "Le agenzie di rating non sono arbitri oggettivi o istituti di ricerca imparziali, ma hanno i loro interessi, giocano molto secondo le regole del capitalismo finanziario americano", aggiungendo che molti investitori hanno guadagnato bene grazie alla "destabilizzazione" dell'euro. 
 
Insomma Moody's, S&P e Fitch sono pagati dalle stesse società che devono valutare (i giudizi troppo benevoli sui mutui americani cartolarizzati, allo scopo di "coltivare" nuovi clienti, è un esempio storico lampante). Questo conflitto è stato sollevato lo scorso settembre anche dalla Sec, l'Autorità di Vigilanza Usa. 
 
Quei voti che le sorelle del rating assegnano condizionano le politiche di investimento di tutti i fondi del mondo, creando una serie di effetti a catena. 
Anche perché alcuni fondi sono vincolati da un importante clausola nel mandato: possono comprare solo obbligazioni con un rating superiore alla "Tripla B". Quando un bond viene declassato e scende sotto quella soglia il gestore è costretto a venderlo.
 
La domanda cruciale è: la colpa è delle agenzie di rating, agenzie private che valutano anche i debiti sovrani degli Stati, o di tutto il mondo finanziario che usa il rating come parametro principale per decidere cosa comprare e cosa vendere? E' da quì che bisogna partire per ripensare l'intera struttura del sistema. 


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