martedì 23 aprile 2013 - Riccardo Noury - Amnesty International

Guatemala, si ferma il processo al dittatore genocida

Tra pochi giorni la Corte costituzionale del Guatemala dovrà prendere una decisione importante: confermare o respingere l’annullamento del processo ai generali José Efrain Ríos Montt e Mauricio Rodríguez Sánchez.

Il processo contro Ríos Montt e Rodríguez Sánchez, rispettivamente capo di stato e capo dei servizi segreti del Guatemala tra il 1982 e il 1983, era iniziato il 19 marzo di quest’anno, a 30 anni di distanza dai crimini di genocidio e dai crimini contro l’umanità di cui i due imputati dovevano rispondere.

In particolare, Ríos Montt e Rodríguez Sánchez erano accusati di essere responsabili dell’uccisione di 1771 civili, per lo più nativi maya, e del trasferimento forzato di decine di migliaia di persone dal triangolo di Ixil, nel dipartimento di Quiché.

L’apertura del processo aveva dato nuova speranza ai familiari delle vittime dei massacri avvenuti nel periodo più duro del conflitto che devastò il Guatemala dal 1960 al 1996. Secondo la Commissione per il chiarimento storico, in quei 36 anni vi fu un genocidio e furono uccise o sparirono circa 200.000 persone, oltre l’80 per cento di origine maya.

Un centinaio di sopravvissuti aveva già deposto di fronte al giudice. Il 3 aprile un padre aveva raccontato come i soldati avessero ucciso le sue figlie, avessero squarciato il loro petto e avessero estratto e gettato via i loro cuori.

L’8 aprile una donna aveva testimoniato di essere stata catturata dai soldati, portata in un accampamento e stuprata decine di volte: all’epoca aveva 12 anni. Trent’anni dopo, non ha omesso alcun particolare.

Tutto ciò non è bastato perché il 18 aprile la giudice Carol Patricia Flores, precedentemente estromessa dal processo nell’ambito di un conflitto di attribuzioni, facesse sua un’eccezione procedurale della difesa di Ríos Montt e decidesse di azzerare quello che poteva essere un passo avanti nella lotta per la giustizia e contro l’impunità. Una lotta che è costata fatica, sudore e sangue, che ha significato rivivere traumi e immagini orribili.

Il giudice del processo, non sapendo come procedere, ha fermato tutto e ha chiesto l’intervento della Corte costituzionale.

La Corte costituzionale può ancora salvare l’onore della giustizia guatemalteca, evitare che l’orologio della storia del paese torni indietro a quando l’impunità era la regola e fermare quello schiaffo insultante che la giudice Flores ha deciso, contro ogni logica, di mollare in faccia alle vittime.




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