martedì 17 aprile 2018 - Aldo Giannuli

Governo: cosa farà Mattarella?

Un paio di settimane fa mi capitò di osservare, nel corso di un paio di occasioni Tv, che l’ipotesi di un governo del Presidente (o simili) non aveva probabilità alcuna di successo, a meno che non si producesse un evento imprevedibile e drammatico che rendesse impraticabili elezioni anticipare a breve termine. E feci l’esempio dell’esplodere di una grave crisi bancaria, di un attentato jhiadista in Italia o di un terremoto, eventi per i quali sarebbe apparso folle andare a votare e tenere il paese senza governo ancora per molti mesi durante una simile emergenza. Ora l’evento imprevedibile e drammatico si è verificato: la crisi siriana con il brusco peggioramento della situazione internazionale. I missili volano e noi non abbiamo un governo nella pienezza dei suoi poteri.

 

L’azione degli occidentali è stata circoscritta e molto calibrata, la reazione della Russia è misurata e, almeno per ora, tutta sul piano diplomatico, senza reazioni militari, per cui è possibile che la crisi, pur se gradualmente, stia già rientrando, ma, ai nostri fini questo non ha particolare importanza, perché si è spezzato un incanto, rotto un clima.

In primo luogo nessuno può dire veramente se la crisi stia rientrando o possa esserci a breve una nuova fiammata, e in mesi di tempo la situazione può precipitare di nuovo. E poi, c’è la crisi dei dazi, la situazione bancaria è tutt’altro che tranquilla e sta per scadere il quantitative easing, altre preoccupazioni possono venire dall’Ucraina, poi con l’estate potrebbero riproporsi gli sbarchi di immigrati sulle nostre coste.
Insomma, lo shock siriano ha cambiato lo scenario, il 4 marzo è improvvisamente diventato lontano ed il teatrino delle consultazioni infinite irrita tutti. In questo quadro, non è pensabile che la liturgia delle consultazioni possa andare avanti a lungo e la scelta secca diventa fare comunque un governo o andare subito ad elezioni. Ma, a questo punto, o Lega e M5s trovano una quadra nel giro di due giorni o il governo del Presidente diventa un’ipotesi tutt’altro che improbabile.

Sciogliere il Parlamento, anche a fare prestissimo, significherebbe votare nei primi di giugno, quindi rifare la solita trafila per l’insediamento delle Camere e l’elezione dei presidenti ed, anche nel caso uno dei raggruppamenti abbia ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi in entrambe le Camere (quel che non è affatto sicuro), di avere un governo prima di fine agosto non se ne parla. Al tradizionale riflesso negativo verso le elezioni anticipare, si aggiungerebbe lo stato d’ansia che la crisi siriana ha prodotto: “E se in altri quattro mesi dovesse arrivare un’altra crisi?”.

Certo, si tratta di uno stato d’animo indotto e forse eccessivo, ma questo conta poco: chi si esponesse come quello che ha determinato le elezioni anticipate –magari nella speranza di migliorare la propria posizione- in questa situazione rischierebbe di vedersi presentare un conto piuttosto salato. Al Psi successe due volte (nel 1972 e 1976) e non solo non ebbe le avanzate che si riprometteva, ma andò indietro.

Sulla base di queste considerazioni è ragionevole pensare che Mattarella possa decidere di tagliare corto: niente terzo giro di consultazioni, niente pre incarichi o mandati esplorativi, ma direttamente incarico ad una personalità istituzionale (presidente del Senato o della Camera, ex Presidente della Corte Costituzionale o governatore della Banca d’Italia) per comporre un governo “neutro” (nel senso non di partito) da presentare subito alle Camere. A quel punto il cerino è nelle mani dei partiti: chi non vota la fiducia al governo si espone al rischio di essere individuato come quello che ha voluto le elezioni anticipate. Brutto affare.

E c’è di più: se l’Uomo del Colle dà l’incarico al Presidente del Senato mette nei guai la Lega: la Casellati è una berlusconiana di amianto, per cui è scontato il voto favorevole di Forza Italia, molto probabilmente quello del Pd che così torna in gioco, ed, a quel punto, il cerino è nelle dita di Salvini. Se dovesse votare no, significherebbe andare alle elezioni senza la coalizione con Forza Italia e, quindi, avere pochissime probabilità di vittoria, se non nessuna. Se dovesse votare si, sarebbe intrappolato in una maggioranza Lega-Fi, Pd che è esattamente quello che voleva evitare e, per di più senza neppure avere il governo.

Anche più perfida sarebbe la designazione del Presidente della Camera: Fico potrebbe non accettare, ma sarebbe ben magra figura. Poi dovrebbe comporre un governo non 5stelle, quindi andare a cercare i ministri fuori e, possibilmente, con ministri di gradimento Pd se non anche di Centro destra. Il M5s sarebbe costretto a votare la fiducia al suo esponente il cui successo sarebbe, a quel punto, nelle mani del Pd. Se Fico avesse la fiducia, Di Maio potrebbe scordarsi Palazzo Chigi per i prossimi lustri, inoltre, anche se il governo non fosse un governo 5stelle, l’elettorato metterebbe lo stesso sul conto del Movimento eventuali insuccessi e delusioni ed i conti si farebbero a maggio del prossimo anno, alle Europee.

Se, invece, non dovesse avere la fiducia, questo indicherebbe gli altri partiti come responsabili delle nuove elezioni, ma certificherebbe anche l’isolamento del M5s rispetto alle altre forze politiche e la difficoltà che possa giungere una volta al governo. Ed anche questo non è un buon viatico per le elezioni.

In caso di personalità “terza” (ad es un ex Presidenza della Corte Costituzionale) ci sarebbe il gioco del cerino fra i partiti per stabilire chi potrebbe essere più colpevole di altri delle nuove elezioni. Ed, in ogni caso, Di Maio e Salvini passerebbero alla storia come i condottieri dell’ “inutile vittoria”: quelli che hanno vinto ma non hanno saputo gestire la propria vittoria. Magari, a quel punto, smetteranno di dire “Abbiamo vinto noi” e passeranno al “Non abbiamo vinto noi”… Cose che capitano.



1 réactions


  • pv21 (---.---.---.89) 17 aprile 2018 20:03

    Detto fatto >

    Nel merito dei missili piovuti in Siria il dimissionario GENTILONI oggi ha parlato alle due Camere.

    Di rimando la Capogruppo di M5S ha esordito puntualizzando che tale vicenda dimostra che “il Paese ha urgente bisogno di un nuovo governo”.

    Che sia solo pura coincidenza ? …


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