mercoledì 4 aprile 2018 - Aldo Giannuli

Governo | La strategia di Renzi

La linea scelta dal Pd di dichiararsi all’Opposizione quando ancora non ci sia nessun governo (come dire “Ci opponiamo a prescindere”) può sembrare priva di senso, ma un senso lo ha, magari molto rischioso ma non per questo irrazionale. Ovviamente il regista è l’intramontabile segretario che ha fatto finta di dimettersi, Matteo Renzi.

 

Il calcolo è questo: questa mano tocca a loro e M5s e Lega devono allearsi, beninteso, non per un governo di transizione di 4 mesi per poi andare al voto, ma per un governo di lunga durata, magari non per tutta la legislatura, ma almeno sino alle europee. I due contraenti sarebbero condannati a contrastarsi ogni giorno, anche per rispondere alle richieste delle rispettive basi elettorali, in più si bloccherebbero a vicenda: dove trovare i soldi per la flat tax, per il reddito di cittadinanza, per l’abolizione della Fornero? E con l’Europa che preme alle spalle? Massimo Giannini di Repubblica dice che si potrebbero servire “assaggini” dell’una cosa e dell’altra, tanto per dare la sensazione che si stia procedendo su quella strada, ma con la situazione dei conti pubblici e con la pressione europea alle spalle, altro che assaggini! Non ci sono le risorse neppure per un aperitivo.

Nel frattempo, il Pd monopolizzerebbe l’opposizione (Forza Italia è in liquidazione, FdI e Leu contano quanto il due di coppe quando la briscola è spade, dunque sarebbe il Pd (o quel che ne deriverà dopo una qualche operazione di maquillage) a riscuotere il malcontento, iniziando la risalita.

Piano che ha una sua logica, non c’è che dire. Ma che non fa i conti con alcuni ostacoli. In primo luogo, non è detto che il partito resti unito su questa linea e una rottura potrebbe ridurre quel che resta ad un partito ad una cifra. Poi, se il governo Lega-5s dovesse farsi solo per fare una nuova legge elettorale e poi andare al voto, per il Pd il rischio sarebbe quello di restare “asfaltato” ne plebiscito fra Salvini e Di Maio e proprio questo rischio potrebbe spingere ad una scissione. Poi c’è la questione dei tempi: un anno potrebbe essere troppo poco per una solida inversione di tendenza, ma due o tre anni potrebbero essere sufficienti alla nascita di altri partiti che taglierebbero la strada al disegno renziano. Vero è che Renzi potrebbe puntare proprio su questo per infilarsi e rimescolare tutto, ma Renzi è una prima donna che non si adatta ruoli da comprimario o da boce di fila, ma non è detto che altri siano disposti a subirlo. D’altra parte, può accadere che Lega e 5 stelle deludano i rispettivi elettorati, ma non è molto probabile che i delusi tornino a votare per il Pd: quei voti sono persi per sempre.

Poi c’è sempre il rischio che possa partire un “rompete le righe” fra quanti non credono più in un Pd competitivo per vincere.

Insomma: un disegno politico che ha una sua logica ma poche possibilità di riuscita. Questo, però, non vuol dire che la scelta di una inedita Grande Coalizione fra Lega e 5s sia conveniente per i due: alleare i due competitori principali è spesso ragione di logoramento per entrambi, soprattutto quando si tratti di partiti che si propongono come alternativa al sistema.



1 réactions


  • pv21 (---.---.---.50) 5 aprile 2018 13:00


    Quale fosse il piano B era chiaro fin dalla "defenestrazione" di Enrico Letta.

    V. post “Posdomani” del 29/3 da: Il PD nel deserto dell’irrilevanza.

    Saluti


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