lunedì 29 aprile 2013 - Riccardo Noury - Amnesty International

Gambia, una testimonianza dal braccio della morte

 

Ricordate Amadou Janneh, l’attivista ed ex ministro dell’Informazione del Gambia, scarcerato nel settembre 2012 a seguito di una grande mobilitazione internazionale dopo che era stato condannato all’ergastolo per aver stampato e distribuito magliette che invocavano la libertà e chiedevano la fine della dittatura?

Amadou è in esilio negli Usa, dove sta cercando – come si dice – di rifarsi una vita. Ma non dimentica nulla del periodo trascorso in carcere e, soprattutto, non può rimuovere un’esperienza terribile. Ha voluto raccontarla ad Amnesty International. Eccola:

“Dopo la condanna all’ergastolo per il reato di tradimento, nel giugno 2011, fui trasferito nella prigione di massima sicurezza del Secondo miglio, nella periferia di Banjul, la capitale del mio paese. Inizialmente non compresi perché mi avessero messo nello stesso braccio dei condannati a morte. Poi capii: era un’intimidazione, volevano mettermi paura. Del resto, il giudice lo aveva detto: se avesse potuto, mi avrebbe condannato a morte”.

“Alla metà di agosto del 2012, il presidente annunciò l’imminente esecuzione di tutti i condannati a morte. Ci allarmammo tutti. Decisi di entrare in tutte le celle e prendere i nomi di ognuno. Erano 48 tra cui una donna, due uomini del Senegal, altri due del Mali e uno della Guinea-Bissau. Riuscii a mandare la lista alla Coalizione per il cambiamento, l’Organizzazione non governativa di cui facevo parte. Speravamo che aver reso pubblica la notizia avrebbe potuto fermare il boia”.

“Invece, alle 9 di sera del 23 agosto, la prigione venne invasa dagli uomini della sicurezza. Prelevarono otto uomini e una donna.

“Non ho idea del criterio che usarono per scegliere quelle nove persone. Non se lo aspettavano. Non erano state avvertite. Mentre li portavano via, uno di loro si voltò e gridò ‘Amadou, ora mi uccidono’. Poi ci fu silenzio”.

“Per quattro notti, gli uomini della sicurezza tornarono minacciosi. Dicevano che erano lì per prendere altri prigionieri e metterli a morte. Per quattro giorni, il governo negò che vi fossero state nove esecuzioni. Poi le ammise. Le famiglie devono ancora ricevere i nove corpi”.

Sono state le prime esecuzioni dopo quasi 30 anni.

Il 14 settembre il presidente Jammeh ha annunciato una “moratoria condizionale” sulle esecuzioni, che sarà “automaticamente abolita” se il tasso di criminalità dovesse aumentare.




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