sabato 19 aprile 2014 - ///

Gabriel García Márquez, il vento della libertà

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Se volete farvi un'idea della grandezza di Gabriel García Márquez guardate questa foto. Avrete riconosciuto l'uomo al fianco dello scrittore: Bill Clinton, ex Presidente degli Stati Uniti d'America. L'occasione era un incontro alla Casa Bianca nel 1995.

Quando muore un grande narratore, ci si sente inadeguati a ripercorrere al posto suo la sua vita e le sue opere; l'unico modo sarebbe avventurarsi tra le pagine che sono uscite dalla sua penna. Questa è cultura. Peccato che la stragrande maggioranza degli utenti web che in queste ore sta inondando Facebook con i suoi aforismi, ci scommetto, non abbia letto neppure uno dei suoi capolavori. E questa è moda.

Affiderò il mio ricordo a questa foto, a suo modo storica.

La vocazione di Márquez era raccontare storie, ed è stato in quelle storie che un intero continente ha imparato a trovare la reale coscienza della propria identità. Perché lui non è stato solo un grande scrittore: è stato prima di tutto un osservatore della realtà, uno che la sua notorietà la ha sempre usata anche quale megafono per un un impegno in nome della libertà e giustizia, valori spesso dimenticati dalle dittature sudamericane, in un'epoca come gli anni Sessanta e Settanta, nella quale era impossibile essere scrittori in America Latina senza impregnarsi di politica e ideologia.

"Sono fondamentalmente uno scrittore, un giornalista, non un politico", rispondeva a chi gli chiedeva ragione del suo impegno politico. Ma tanto bastò per renderlo inviso a chi – gli Stati Uniti - sul fuoco del caos politico latino americano soffiava costantemente. Per vent'anni fu nel mirino della Cia, censurato dalle librerie americane, bandito dagli USA in quanto persona non gradita.

Poi, un giorno, Bill Clinton lo invitò alla Casa Bianca. “Da quando lessi ‘Cent’anni di solitudine’ più di 40 anni fa,”, ha ricordato l'ex Presidente nelle prime ore della scomparsa di Márquez, “sono sempre rimasto stupito dalle sue doti uniche di immaginazione, chiarezza del pensiero e onestà emozionale. Ero onorato di essere suo amico e di conoscere il suo grande cuore e mente brillante da più di vent’anni”.

In un mondo dove si erigevano muri che confinavano interi popoli al di qua o al di là di un confine, Márquez ha usato la letteratura quale mezzo per rompere la solitudine della sua gente, per infrangere la barriera tra la realtà e la fantasia. Ha messo a disposizione il proprio sapere per insegnare ai giovani a scrivere, a immaginare, a fare inchieste. Ha dato voce ad un continente troppo a lungo soffocato da oscure trame decise altrove. Ha immortalato il dolore e la gioia di tutti gli uomini in ambienti sia reali che magici. Ha aperto la strada alla speranza di un futuro fatto di libertà e giustizia. Così ha conquistato il cuore dei suoi avversari, dimostrando che per quanti recinti, barriere, confini reali o immaginari la politica potrà innalzare, la cultura sarà sempre in grado di superarli per unire l'umanità intorno ad un comune sentire, come un vento che porta con sé il profumo della libertà. Un messaggio racchiuso nelle parole con cui accettò il Nobel nel 1982:

Non è ancora troppo tardi per intraprendere la creazione di una nuova e devastante utopia della vita, dove nessuno possa decidere per gli altri”.

Grazie di tutto, Gabo.

 

* Scritto per Val Vibrata Deal



1 réactions


  • (---.---.---.169) 20 aprile 2014 10:26

    E’ vero, quando chi ha il "potere" nega ogni diritto al riscatto, alla dignità, alla giustizia solo la scrittura ti permette di avere voce.


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