giovedì 5 febbraio 2009 - Ambra Zamuner

Frost/Nixon: Il duello. La verità va affrontata.

"I let down the country. I let down our system of government, and the dreams of all those young people that ought to get into government but now think it too corrupt....I let the American people down, and I have to carry that burden with me the rest of my life."

R.N.

1976. Nixon si è dimesso da due anni dalla carica di presidente degli Stati Uniti, giusto in tempo per evitare il processo per impeachment che lo avrebbe travolto dopo il comprovato coinvolgimento nello scandalo Watergate. In tutta la storia della presidenza americana è la prima volta che un presidente si dimette prima della fine del mandato e con le pesanti accuse a suo carico il popolo votante si aspetta una spiegazione che Nixon non ha intenzione di dare. Questo fino a quando David Frost, conduttore di talk show famoso in Inghilterra e in Australia con fama da playboy e una vita tutta apparenza non si fa venire la brillante idea di intervistarlo. Il presidente accetta di buon grado, sotto lauto compenso, relegando l’argomento Watergate al solo 20% del colloquio. Fin qui è storia vera, riconoscibile e documentata dall’intervista che di fatto lanciò la carriera mediatica di Frost e smascherò quella politica di Richard Nixon. Il film che Howard dirige, si occupa anche di ripercorrere le due settimane precedenti l’intervista, mostrando i lavori di ricerca dei collaboratori di Frost, la preparazione delle domande, le prove simulate con le possibili risposte evasive, la tranquillità dell’entourage di Nixon, che sembra prendere sottogamba l’abilità del conduttore. Insuperabili le performance di Michael Sheen (Frost) e Frank Langella (Richard Nixon) che sostengono il film in modo impeccabile con la forza della loro interpretazione, supportati da due spalle d’eccezione: Sam Rockwell che interpreta James Reston, premio pulitzer e allora giornalista investigativo oppositore di Nixon, e Kevin Bacon che da vita ad un intenso Jack Brennan, capo dello staff dell’ex presidente che negoziò il cachet per l’intervista ottenendo 600,000 dollari (circa 8 milioni di dollari attuali).

Forte di una sceneggiatura rimaneggiata da Peter Morgan, già autore della piece teatrale, l’intreccio risulta incalzante e vivo, mai statico o pesante, con una suspance inattesa considerato il tema, pieno di humour bianco e nero, di quello che va a nozze con la critica. Ron Howard si affida ad una regia conturbante fatta di sfocature imponenti, indugiando sui dettagli, sui visi, sui movimenti, che parlano allo spettatore attraverso la camera, mai come in questo caso strumento di comunicazione impercettibile.
 
Quello che rende davvero avvincente la storia è la realtà della situazione critica in cui gli Stati Uniti versano dopo lo scandalo, un Paese lasciato nei guai, dopo un’amministrazione gravata dai problemi causati dalla guerra in Vietnam e dall’intervento in Cambogia. Dopo l’inchiesta del Washington Post che ha rivelato i 18 minuti di nastro mancanti dalle intercettazioni nel complesso Watergate occultati dai sette membri dello staff di Nixon, tutto è crollato sulle spalle di un presidente già provato da una situazione poco sostenibile e irrecuperabile. L’intervista divisa in tre parti tocca tutti questi punti e mira ad una spiegazione che il Paese si aspetta e richiede a gran voce, un’ammissione di colpa umana e necessaria, delle scuse pubbliche.

Come ben sappiamo l’ammissione di responsabilità da parte di un presidente lede per sempre la sua immagine cosa che Nixon non può permettersi di affrontare. La mimica facciale di un essere umano ne tradisce però i pensieri e le emozioni e il lato positivo, in questi casi, della televisione è che è capace di spogliare di ogni sicurezza e integrità in meno di due minuti netti. Questo è quello che avviene durante le registrazioni, all’incalzare delle domande di Frost documentate da dichiarazioni non ancora pubblicate, ma decisive. Il crollo di un presidente in diretta televisiva, l’espressione di sconforto e di angoscia nell’ammettere l’errore, la fine della carriera politica dell’uomo più potente al mondo.
 
Nominato a cinque Oscar, tra cui Miglior Regia, Miglior Film e Miglior attore protagonista, Frost/Nixon affronterà a testa alta la battaglia per la vittoria.



4 réactions


  • Valker (---.---.---.122) 5 febbraio 2009 18:16

    Bella recensione. Il film è attesissimo e sono sicuro non deluderà le attese: probabilmente la curiosità consisterà nel vedere come l’impianto teatrale sarà "animato" e reso cinematografico... Sperando che anche il grande pubblico ’ignorante’ si avvicini ad una storia che merita di essere raccontata.


    • cafenoir (---.---.---.13) 5 febbraio 2009 20:18

      Grazie mille :) Sono sincera, se non avessi saputo che ne era già stata tratta precedentemente una piece teatrale non me ne sarei accorta, piuttosto mi chiedo come si può raccontare una storia così nell’ambito del teatro, senz’altro curioso. La storia merita sì di essere quantomeno compresa da tutti, il Watergate sembra uno scandalo massonico da quanto è intricato.


  • Francesco Piccinini Francesco Piccinini (---.---.---.56) 5 febbraio 2009 23:44

     mi hai fatto venire voglia di andarlo a vedere... complimenti, bella recensione!


    • cafenoir (---.---.---.210) 6 febbraio 2009 10:12

      Scopo raggiunto allora :) Si, ma vaiii ecco non dirlo se poi non... vai! E poi dimmi com’è


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