martedì 15 settembre 2015 - Agostino Spataro

Flussi migratori: nella legalità degli Stati o nell’illegalità degli schiavisti

Intervista ad Agostino Spataro a cura di Pablo Diaz de Brito, pubblicata oggi sul quotidiano “LA CAPITAL” di Rosario, Argentina.

 

Dato che lei si trova nella capitale di uno dei paesi chiave di questa crisi: come stanno le cose in Ungheria? Sembra che il governo Orban sia disposto a chiudere sul serio le frontiere, con l'esercito e la nuova legge.

Com’è noto, nei giorni scorsi, Orban ha “dimissionato” il ministro della Difesa per incapacità nel fronteggiare l’emergenza e inviato alcuni reparti dell’esercito a presidiare la frontiera con la Serbia, visto che il “muro” di filo spinato, lungo 175 km , non è servito granché. Il 15 settembre, con l’entrata in vigore della nuova legge sull’immigrazione, approvata in fretta e furia dal parlamento ungherese, sarà proclamato lo “stato di crisi” per motivi di ordine pubblico. Gli immigrati “economici” saranno respinti, mentre i profughi verranno registrati e controllati e solo se in diritto saranno ammessi al trattamento previsto dalle convenzioni internazionali. Insomma, nonostante la valvola di sfogo della Germania, in Ungheria si va verso una nuova stretta nelle politiche d’accoglienza.

In un suo recente articolo evoca una vecchia proposta di legge del PCI dei primi anni ’80: dare agli immigrati gli stessi diritti e doveri dei lavoratori italiani all'estero. Poi evoca "l'atto di richiamo" di altri tempi. Quanto di realistico c'è in questa proposta nell'Italia di oggi (Lega Nord, 5 Stelle, ecc)?

Ho richiamato quella proposta di legge, presentata in ben altro contesto politico e socio economico nazionale e internazionale, anche per sottolineare come il principale partito della sinistra fosse contrario all’immigrazione clandestina e al commercio disumano di uomini e donne.

Volevamo una legge organica, che sanando situazioni di fatto illegali, si fondasse su due principi per noi irrinunciabili: solidarietà e legalità. Chiedemmo che agli immigrati fossero attribuiti tutti i diritti (e i doveri) conquistati e/o riconosciuti agli emigrati italiani in Europa e in altre parti del mondo. Compresi i diritti salariali, previdenziali e i servizi fondamentali (casa, scuola, sanità, trasporti, ecc).

La proposta non fu approvata perché ritenuta “troppo umana” ossia poco conveniente per gli imprenditori, piccoli e grandi, italiani che, come altri loro colleghi europei e non solo, preferiscono l’immigrazione clandestina, il lavoro nero, il neo-schiavismo per abbassare i costi di produzione e così sperare di far fronte alla concorrenza proveniente dai Paesi emergenti (Cina, India, Sud-est asiatico, Brasile, ecc). Insomma, invece di aiutare il”terzo mondo” ad uscire dalla miseria, la globalizzazione neo-liberista favorisce l’importazione del “terzo mondo” nel “primo mondo”, con conseguenze sociali e politiche gravissime, per entrambi i mondi.

E l’atto di richiamo?

Nel quadro di una riforma europea delle politiche migratorie, anche “l’atto di richiamo”, configurato e aggiornato alla luce dei nuovi istituti giuridici internazionali, potrebbe costituire, fra gli altri, uno strumento utile per preservare l’ordine pubblico e alleggerire l’onere a carico dei Paesi di accoglienza e per una relativa responsabilizzazione dei migranti regolari residenti.

L'Italia sembra galleggiare nel mezzo, né Ungheria né Germania, diciamo cosí. Anche perché ormai molto provata dall'ondata che arriva dalla Libia. Quanto pericolo c'è di una deriva nazionalistica o xenofoba nel vostro Paese per causa dei rifugiati?

E’innegabile che in Italia, in Europa (soprattutto nei quartieri popolari della grandi città) esista un serio problema di convivenza con taluni gruppi d’immigrati clandestini. Meno con quelli regolari. Più che tendenze nazionalistiche, ci sono paure istintive e/o indotte da falsi predicatori, quali gli esponenti della Lega e lo stesso Grillo che strumentalizzano il disagio dei cittadini a fini elettorali. Problema da risolvere, con una certa urgenza, se non vogliamo che dilaghi la xenofobia e i razzisti vincano le elezioni.

Si percepisce una differenza nella composizione delle correnti migratorie. I siriani sembrano possedere un livello di preparazione piuttosto alto. Si sentono testimonianze di universitari, tecnici, ecc. Altra situazione presentano gli africani sub-sahariani. In entrambi i casi non si vede l'interlocutore statale. Né in Siria ne in Libia c'è oggi uno Stato vero e proprio. Che si fa?

I trattati di emigrazione si potevano fare da tempo, da quando è iniziato il fenomeno. Allora gli Stati c’erano (la gran parte ci sono ancora) e si poteva trattare e accordarsi. Come ci si accordava, con successo, per vendere armi e prodotti di lusso in cambio di petrolio e di gas.

Per qual che conosco, la Siria è un paese un po’ a sé stante, dignitoso e fiero della sua storia, della sua cultura, del suo stile di vita. In questi giorni drammatici a Budapest, ho osservato la massa dei siriani, ho parlato con alcuni di loro. Effettivamente, prevalgono i diplomati, i laureati. Aggiungo che hanno dato l’impressione di gruppi ben orientati sulla meta e ben organizzati nel perseguirla. Mi sono commosso nel vedere le donne dibattersi fra mille disagi per accudire i loro bambini e la compostezza della gran massa dei giovani sopra i vent’anni che hanno affrontato il drammatico viaggio portando appena una piccola borsa a tracolla. Come se fosse un normale week-end.

Molti hanno detto di scappare dalla guerra, dalle crudeltà dell’Isis; alcuni dal regime dittatoriale di Assad. Che fare? Nessuno ha la ricetta pronta. Tuttavia, se il problema prioritario è l’Isis potrebbe essere risolto in un paio di settimane, massimo un mese, da chi lo ha creato, armato e finanziato.

Intanto,in Europa a causa degli immigrati, dei rifugiati si stanno rafforzando i partiti dell’ultradestra e i movimenti xenofobi...

Per quanto riguarda i profughi bisogna notare che nell’ultima decade il loro numero nel mondo è cresciuto a dismisura. Secondo The International Institute Strategic Studies - IISS (1), nel 2014 i quarantadue conflitti in corso hanno provocato 180 mila vittime (in gran parte civili) e 12. 181.000 rifugiati. Quasi un terzo circa della popolazione argentina. Grandi cifre che hanno un impatto molto più grave che nel passato. Il problema non è dunque di ospitarne mille di più o di meno, ma di prevenire il fenomeno chiudendo i conflitti e di non provocarne di nuovi.

Le migrazioni, invece, ci sono sempre state e ci saranno e, a parte alcuni odiosi eccidi e/o genocidi, si sono rivelate benefiche, perfino rigenerative. Oggi, la ricca società europea, che invece di figli si diletta ad allevare cani e gatti, necessità di una salutare (programmata) immissione di forze esterne per compensare la tendenza all’invecchiamento e ridare slancio al suo ruolo economico e politico nel mondo.

Negli ambienti più riservati si sussurra una cifra che farebbe impazzire Salvini e tutti i razzisti nostrani: 30 milioni! <span "="">Una cifra enorme, strabiliante che, indirettamente, prefigurammo nel 1993 con Bichara Khader nel nostro libro “Il Mediterraneo”. (2) Un’ immissione necessaria che può avvenire in due modi: illegalmente per il tramite di mafie e di trafficanti schiavisti, nel disordine sociale e civile; o nella legalità (come noi preferiamo) in base ad accordi di emigrazione, multilaterali e bilaterali, che l’U.E., i singoli Stati dovrebbero promuovere.

La Germania "cattiva" di Angela Merkel si sta comportando in maniera esemplare, accogliendo un numero di gente molto superiore a quello ammesso dagli altri soci UE.

Faccio notare che una cosa è l’emigrazione verso paesi in crescita economica, come continua a essere la Germania, ben altra cosa è quando si orienta verso paesi in crisi o addirittura in recessione (quali Grecia, Spagna, Italia, Portogallo, ecc). La Germania non è “cattiva”, ma previdente. La “magnanima” signora Merkel, da buon cancelliere, cerca di risolvere un problema del suo paese che necessita di altra forza lavoro anche qualificata come appunto sono i profughi siriani. D’altra parte, storicamente, fra Germania e Siria c’è stata una sorta di affinità elettiva. I siriano sono anche chiamati “i tedeschi del Medio Oriente”. Non a caso la generosa opzione è rivolta ai siriani, mentre alcun interesse è stato manifestato per i profughi di altra nazionalità. I veri profughi sono uomini e donne disperati e sono tutti uguali. Non si può scegliere fra loro come se si fa con le pesche al mercato dell’ortofrutta.

 

 

(1) IISS- The International Institute for Strategic Studies (2015)

 

(2) www.lafeltrinelli.it/libri/khader-bichara/mediterraneo-popoli-e-risorse-verso/9788826701790

 




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